26 febbraio 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 26 feb 2019


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
Bashar al-Assad in Iran
 

 
Per il Tribunale interno dell'ONU Londra e Washington occupano illegalmente la base di Diego Garcia
 

 
Il Regno Unito avrebbe trasportato soldi falsi in Venezuela
 

 
L'Arabia Saudita sostiene la Cina contro gli jihadisti
 

 
L'influenza nei media a favore della globalizzazione di Pierre Omidyar
 

 
Una clausola segreta al Trattato di Aquisgrana
 

 
Verso la Grande Albania
 

 
Washington desidera che i suoi alleati rimangano in Siria
 

 
La Cina risponde seccamente alle minacce britanniche
 
Controversie

 
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PROCESSO PER IL SANGUE INFETTO / TRAGICA SCENEGGIATA A NAPOLI


La tragedia che si trasforma in sceneggiata. Succede alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli durante una delle ultime udienze del processo per il sangue infetto.
Dopo la richiesta di assoluzione con formula piena degli imputati avanzata il 21 gennaio dal pm Lucio Giugliano, secondo cui “il fatto non sussiste”, all’udienza dell’11 febbraio parlano le parti civili di alcune associazioni e di alcuni pazienti deceduti (su un totale di otto rappresentate nel processo, anche se – come è noto – la strage per il sangue infetto ha ammazzato almeno 5 mila persone).

Prende la parola uno dei legali di parte civile, Emanuele Tomassi, che ha preso parte solo alle prime udienze, poi è sparito nel nulla e mai ricomparso in aula: fino all’udienza dell’11, quando fa una sbrigativa ricostruzione dei fatti e sottolinea il nesso causale tra la patologia del suo assistito (Cialone) e degli altri.
A questo punto il botto: perchè l’avvocato difensore, incredibilmente, chiede l’assoluzione di tutti gli imputati, ossia l’ex re mida della sanità Duilio Poggiolini e una decina di ex dipendenti del gruppo Marcucci, all’epoca dei fatti oligopolista nella lavorazione e distribuzione di emoderivati.
Il motivo? La prescrizione che, a suo parere, sarebbe intervenuta.

Trasecola il giudice monocratico della sesta sezione penale, Antonio Palumbo, il quale fa in tempo per sussurrare, “caso mai solo per alcune parti offese”, visto che i tempi della eventaule prescrizione variano da vittima a vittima.

Il legale del gruppo Marcucci, Alfonso Maria Stile, non crede ai suoi occhi e subito incalza: “La prescrizione non ci basta certo, noi vogliamo l’assoluzione piena nel merito”. Come del resto aveva chiesto il pm Giugliano.

Palumbo si ritira per decidere e al termine fa sapere: “non entro nel merito della prescrizione che verrà comunque tenuta presente al termine, ma intendo andare avanti nelle udienze previste”.
Alle prossime udienze fissate per il 18 e 19 febbraio parleranno i due legali-base delle altre parti civili, Stefano Bertone ed Ermanno Zancla. Che sono chiamati a suffragare quel nesso di causalità fondamentale per dimostrare la connessione tra la prima (o le prime) infusioni killer e l’insorgenza della patologia che ha portato ai decessi. Nonchè, di tutta evidenza, a smontate la balla della prescrizione.
Seguiranno poi i legali della difesa (Alfonso Stile, Carla Manduchi e Massimo Di Noia) che si troveranno la strada spianata e il lavoro già praticamente fatto dal pm Giugliano.
Per il 25 marzo è prevista la sentenza.


25 febbraio 2019

Newsletter Thomas Torelli: Siamo la foresta che cresce 🌳

Lao Tzu diceva che "fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce".
Questa foresta di consapevolezza ed amore sta diventando sempre più densa. Così fitta che inevitabilmente, arriverà a toccare anche chi sceglie il destino di molti.

Grazie a tutti i sostenitori per aver creduto in noi ed in Choose Love. Grazie per averci permesso di portare il film ed un punto di vista di cambiamento al parlamento europeo a Bruxelles
10 MARZO A VERONA
Il film Choose Love diventa un potente strumento di trasformazione e di consapevolezza attraverso il seminario esperienziale di una giornata con Thomas Torelli Daniel Lumera
L'esperienza del seminario poi continua con un percorso on-line, gratuito per i partecipanti al seminario, dove poter continuare ed approfondire i temi del perdono e della consapevolezza.
Insieme a Daniel Lumera, partiremo da quelli che sono i condizionamenti consapevoli e inconsapevoli che influenzano le nostre decisioni e che costituiscono le lenti attraverso cui "osserviamo il mondo", per arrivare al processo della "scelta" ed alla strategia del perdono.
SCOPRI DI PIU
Scelta, Perdono, Amore, Consapevolezza.
Una giornata esperienziale dove si andranno ad apprendere, per poi applicare, gli strumenti più potenti e rivoluzionari con i quali ogni persona può disegnare consapevolmente la propria vita.

Ultimi posti disponibili / fino al 01.03 una speciale riduzione
31 MARZO A MILANO
Per la prima volta in Italia il Dr. Joe Vitale!

Il 31 marzo 2019 alle ore 15.00 a Milano un evento unico ed irripetibile con l'autore di fama mondiale Joe Vitale e il regista e autore Thomas Torelli.
Uno straordinario evento, moderato dall'autore Ivan Nossa, che dialogherà con Thomas Torelli e Joe Vitale.

Si parlerà di successo, amore, gratitudine, perdono, denaro, cambiamento e legge di attrazione.
SCOPRI DI PIU'
Dopo aver conquistato milioni di persone grazie al libro e film The Secret e ai suoi numerosi libri bestseller che sono ormai dei classici con milioni di copie vendute, arriva in Italia per la prima volta Joe Vitale, autore e imprenditore di successo. Joe Vitale ha recentemente pubblicato in Italia per la Unoeditori il libro "10 grammi di felicità" , scritto a 4 mani con Ivan Nossa, dove svela i segreti della sua carriera e dei suoi studi.

Lasciati ispirare il 31 marzo 2019 a Milano all'evento con Joe Vitale, Thomas Torelli e Ivan Nossa.
GLI ALTRI EVENTI DI MARZO
  • 1 marzo proiezione Food ReLOVution a Milano. Dettagli qui
  • 4 marzo proiezione Choose Love a Castelfranco Veneto. Dettagli qui
  • 6 marzo proiezione Food ReLOVution a Padova. Dettagli qui
  • 7 marzo proiezione Choose Love ad Ancona. Dettagli qui
  • 9 marzo (pomeriggio) Choose Love a Padova con Thomas Torelli. Dettagli qui
  • 9 marzo (sera) Choose Love a Vicenza con Thomas Torelli. Dettagli qui 
  • 10 marzo seminario con Thomas Torelli e Daniel Lumera a Verona. Dettagli qui
  • 11 marzo Choose Love a Sacile con Thomas Torelli. Dettagli qui
  • 15 marzo Choose Love a Desenzano con Thomas Torelli. Dettagli qui
  • 15 marzo Food ReLOVution a Cesate. Dettagli qui
  • 16 marzo Choose Love con Thomas Torelli ad Arco. Dettagli qui
  • 18 marzo Choose Love ad Ancona. Dettagli qui 
  • 19 marzo Choose Love ad Aosta. Dettagli qui
  • 20 marzo Choose Love ad Ivrea con Thomas Torelli. Dettagli qui
  • 29 marzo Food ReLOVution a Sondrio. Dettagli qui
  • 31 marzo conferenza a Milano con Joe Vitale, Thomas Torelli ed Ivan Nossa. Dettagli qui
... e molte altre date in definizione. Scoprile tutte cliccando qui
I DVD DELLA RELOVUTION

Un Altro Mondo | Pachamama | Food ReLOVution | Choose Love

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Il Venezuela e i suoi vicini possono sopravvivere alla guerra che si preannuncia? di Thierry Meyssan


Per poter fronteggiare la crisi che sta destabilizzando il Venezuela, nonché quelle che stanno delineandosi in Nicaragua e Haiti, è necessario analizzarla. Thierry Meyssan ritorna sulle tre ipotesi interpretative e argomenta a favore di una. Richiama quindi la strategia degli Stati Uniti e il modo in cui va affrontata.

Oggi il Venezuela è diviso tra due poteri legittimi, quello del presidente costituzionale, Nicolas Maduro, e quello del presidente dell’Assemblea Nazionale, Juan Guaidó.
Invocando gli articoli 223 e 233 della Costituzione, Guaidó si è autoproclamato presidente ad interim. Basta leggere queste norme per capire che in questo caso non sono applicabili e che da esse non può scaturire la legittimità della funzione cui Guaidó aspira. Ciononostante, Stati Uniti, Gruppo di Lima e parte dell’Unione Europea riconoscono la legittimità di una funzione in realtà usurpata.
Alcuni sostenitori di Maduro ritengono che Washington voglia rovesciare un governo di sinistra, come fece con Salvador Allende nel 1973, all’epoca del presidente Richard Nixon.
Alcuni, reagendo alle rivelazioni di Max Blumenthal e di Dan Cohen sul percorso di Guaidó [1], sostengono che si tratti di una rivoluzione colorata, come quelle che si sono viste durante la presidenza di George W. Bush.
Ebbene, di fronte all’aggressione da parte di un nemico molto più forte di noi è di cruciale importanza individuarne gli obiettivi e comprenderne i metodi. Soltanto coloro che sono in grado di prevedere i colpi che stanno per arrivare hanno possibilità di sopravvivere.

Tre ipotesi prevalenti

È del tutto logico che i latino-americani paragonino quel che vivono oggi con quanto già accaduto, per esempio con il colpo di Stato in Cile del 1973. Per Washington sarebbe però rischioso mettere in atto un piano vecchio di 46 anni; sarebbe un errore, dato che ormai tutti conoscono i retroscena di quell’imbroglio.
Le rivelazioni dei legami di Guaidó con la National Endowment for Democracy e l’équipe di Gene Sharp suggeriscono invece l’ipotesi di una rivoluzione colorata, tanto più che nel 2007 il Venezuela ne conobbe una, che peraltro fallì. Proprio per questo sarebbe rischioso per Washington tentare di attuare lo stesso piano naufragato 12 anni addietro.
Per capire il disegno di Washington dobbiamo innanzi tutto conoscere il suo piano di battaglia.
Il 29 ottobre 2001, ossia un mese e mezzo dopo gli attentati di New York e del Pentagono, il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, creò l’Ufficio per la Trasformazione della Forza (Office of Force Transformation), la cui missione era rivoluzionare le forze armate USA, cambiarne la mentalità, in modo da renderle adeguate a un obiettivo radicalmente nuovo: assicurare la supremazia degli Stati Uniti sul resto del mondo. Rumsfeld assegnò l’incarico all’ammiraglio Arthur Cebrowski, che aveva già sovrinteso alla messa in rete digitale delle unità militari e, negli anni Novanta, aveva contribuito all’elaborazione di una dottrina della guerra in rete (Network-centric warfare) [2].
Cebrowski arrivò con una strategia già pronta, che presentò non solo al Pentagono ma un po’ ovunque nelle accademie militari. Benché molto importante, il lavoro svolto da Cebrowski all’interno delle forze armate non fu mediatizzato fino all’articolo di Vanity Fair. Successivamente, l’assistente di Cebrowski, Thomas Barnett, pubblicò l’insieme delle sue argomentazioni [3]. Va da sé che questi documenti non sono necessariamente una riproduzione fedele del pensiero del Pentagono; che non cercano di spiegarlo, bensì di giustificarlo. Comunque sia, l’idea principale è che gli Stati Uniti prendano il controllo delle risorse naturali della metà del mondo, non per farne un utilizzo diretto, ma per decidere chi potrà accedervi. Per ottenere questo risultato, gli Stati Uniti dovranno eliminare da queste regioni qualunque potere non sia il loro, ossia distruggervi ogni struttura statale.
Questa strategia non è mai stata messa in atto ufficialmente. Tuttavia, ciò a cui assistiamo da vent’anni corrisponde esattamente al libro di Barnett. Dapprima, negli anni Ottanta e Novanta, c’è stata la distruzione della regione africana dei Grandi Laghi. Tutti si ricordano del genocidio ruandese e dei suoi 900 mila morti, ma molti hanno dimenticato che a essere devastata da una lunga serie di guerre, che causarono in totale sei milioni di morti, fu l’intera regione. Quel che è molto sorprendente è che, a distanza di 20 anni, molti Stati non hanno ancora riconquistato la sovranità sull’insieme del proprio territorio. Questi fatti sono anteriori alla dottrina Rumsfeld-Cebrowski. Non sappiamo quindi se il Pentagono avesse previsto quanto è accaduto o se il piano sia stato concepito distruggendo questi Stati.
Negli anni 2000-2010, quindi dopo la dottrina Rumsfeld-Cebrowski, fu la volta della distruzione del Medio Oriente Allargato. Naturalmente si è liberi di credere che si sia trattato di una successione di interventi “democratici”, di guerre civili e di rivoluzioni. Ma, oltre al fatto che le popolazioni interessate contestano la narrazione egemonica degli avvenimenti, constatiamo anche in questo caso che le strutture statali sono distrutte e che con la fine delle operazioni militari non si ristabilisce la pace.
Ora il Pentagono lascia il Medio Oriente Allargato e si appresta a dispiegarsi nel Bacino dei Caraibi.
Un buon numero di elementi smentisce la nostra precedente interpretazione delle guerre di George W. Bush e di Barack Obama: queste guerre collimano perfettamente con la dottrina Rumsfeld-Cebrowski. Questa lettura degli avvenimenti non è dunque frutto di una coincidenza con la tesi di Barnett e ci obbliga a riconsiderare ciò a cui abbiamo assistito.
Se adottiamo questo modo di ragionare, dobbiamo ritenere che il processo di distruzione del Bacino dei Caraibi sia iniziato con il decreto del presidente Obama del 9 marzo 2015, che sancisce che il Venezuela rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America [4]. Sembrerebbe un episodio lontano, ma in realtà non lo è.
Anche per quanto riguarda la Siria, il presidente George W. Bush ha firmato il Syrian Accountability Act nel 2003 e le operazioni militari sono iniziate otto anni dopo, nel 2011. Questo lasso di tempo è servito a Washington per creare i presupposti dei tumulti.

Gli attacchi alla sinistra antecedenti al 2015

Se questa analisi è giusta, dobbiamo ritenere che i fatti antecedenti al 2015 (il colpo di Stato contro il presidente Hugo Chávez nel 2002, il tentativo di rivoluzione colorata nel 2007, l’operazione Gerico a febbraio 2015 e le prime manifestazioni dei guarimbas) rispondevano a una logica diversa, mentre i fatti successivi (il terrorismo dei guarimbas nel 2017) si collocano su questo piano.
La mia riflessione si fonda anche sulla conoscenza di questi elementi.
Nel 2002 pubblicai un’analisi del colpo di Stato che riferiva del ruolo degli Stati Uniti dietro Fedecamaras (l’associazione imprenditoriale venezuelana) [5]. Il presidente Chávez volle verificare le mie informazioni e mandò a Parigi due emissari per incontrarmi. Uno è poi diventato generale, l’altro è oggi una delle più alte personalità del Paese. Il mio lavoro fu utilizzato dal procuratore Sanilo Anderson per la sua inchiesta. Anderson fu assassinato dalla CIA nel 2004.
Allo stesso modo, nel 2007 studenti trotskisti diedero vita a un movimento contro il mancato rinnovo della licenza alla radio-televisione di Caracas (RCTV). Oggi, grazie a Blumenthal e a Cohen, sappiamo che Guaidó vi era implicato e che fu addestrato dai discepoli del teorico della non-violenza Gene Sharp. Invece che reprimere gli eccessi del movimento, il presidente Chávez, in occasione della cerimonia della firma dell’ALBA [Alleanza Bolivariana per le Americhe, ndt], il 3 giugno 2007 lesse per 20 minuti un mio vecchio articolo su Gene Sharp e sul suo concetto di non-violenza messo al servizio di NATO e CIA [6]. Rendendosi conto della manipolazione di cui erano vittima, un gran numero di manifestanti si ritirarono dalla lotta. Negando goffamente i fatti, Sharp scrisse prima al presidente, poi a me. L’iniziativa creò confusione nella sinistra statunitense, che riteneva Sharp una personalità rispettabile e senza compromissioni con il governo degli Stati Uniti. Il professore Stephen Zunes prese le sue difese, ma, di fronte alle prove, Sharp chiuse il suo istituto lasciando posto a Otpor e a Canvas [7].
Ritorniamo a oggi. Il recente tentativo di uccidere il presidente Maduro fa sicuramente pensare al modo in cui il presidente Salvador Allende fu indotto al suicidio. Le manifestazioni volute dal presidente dell’Assemblea Nazionale, Guaidó, fanno sicuramente pensare a una rivoluzione colorata. Questi fatti non sono però in contraddizione con la mia analisi. In effetti c’è stato un tentativo di assassinare Muammar Gheddafi poco prima dell’inizio delle operazioni militari contro la Libia. Mentre i discepoli di Gene Sharp hanno inquadrato le prime manifestazioni contro il presidente Hosni Mubarak in Egitto. Hanno persino distribuito una versione araba di un libretto già utilizzato in altri Paesi [8]. Ma, come il seguito degli avvenimenti ha dimostrato, non si trattava né di un colpo di Stato né di una rivoluzione colorata.

Prepararsi alla guerra

Se la mia analisi è giusta – e per il momento tutto sembra confermarla – occorre che si preparino alla guerra non soltanto in Venezuela, ma in tutto il Bacino dei Caraibi. Già Nicaragua e Haiti sono destabilizzati.
Sarà una guerra imposta dall’esterno. Non mirerà a rovesciare governi di sinistra a vantaggio dei partiti di destra, benché le apparenze possano di primo acchito ingannare. La logica degli avvenimenti non farà distinzioni tra governi di sinistra e governi di destra. Poco alla volta sarà l’intera società a essere minacciata, senza distinzioni d’ideologia o di classe sociale. Per gli altri Stati della regione sarà impossibile tenersi al riparo dalla tempesta. Anche quelli che penseranno di proteggersi servendo da base arretrata alle operazioni militari saranno parzialmente distrutti. Infatti, benché la stampa ne parli raramente, città intere sono state rase al suolo nella regione di Qatif, in Arabia Saudita, il principale alleato di Washington nel Medio Oriente Allargato.
Sulla base di quanto accaduto nei conflitti dei Grandi Laghi africani e del Medio Oriente Allargato, possiamo prevedere che questa guerra si svolgerà per tappe.
- Dapprima la distruzione dei simboli dello Stato moderno che colpirà le statue e i musei dedicati a Hugo Chávez. In questa fase non ci saranno vittime, ma uno sconvolgimento delle rappresentazioni mentali della popolazione.
- In seguito, bisognerà fornire armi e pagare combattenti per organizzare manifestazioni che degenerino. A cose fatte, la stampa costruirà spiegazioni, non verificabili, dei crimini del governo contro i quali i pacifici manifestanti si sono scagliati. In questa fase è importante che i poliziotti credano di essere stati presi di mira dalla folla, nonché che la folla creda di essere stata bersaglio della polizia: lo scopo è seminare divisione.
- La terza tappa sarà organizzare un po’ ovunque attentati sanguinosi. Per far questo occorrono pochissimi uomini, bastano due o tre squadre che circolino nel Paese.
- A questo punto è maturo il momento di mandare sul posto mercenari stranieri. Durante l’ultima guerra, gli Stati Uniti hanno inviato in Iraq e in Siria almeno 130 mila stranieri, cui si sono aggiunti 120 mila combattenti locali. Si tratta di eserciti molto numerosi, benché mal formati e poco addestrati.
È possibile difendersi, lo dimostra l’esempio della Siria. Ma devono essere prese con urgenza diverse iniziative:
- Fin da ora, per iniziativa del generale Jacinto Pérez Arcay e del presidente dell’Assemblea Costituente, Diosdado Cabello, ufficiali superiori delle forze armate venezuelane studiano le nuove forme di combattimento (guerra di 4^ generazione). Delegazioni militari devono però recarsi in Siria per vedere con i propri occhi come sono andate le cose. È molto importante, perché queste guerre non somigliano alle precedenti. Per esempio, nella stessa Damasco la maggior parte della città è intatta, come nulla fosse accaduto, ma numerosi quartieri sono completamente devastati, come Stalingrado dopo l’invasione nazista. Questo perché sono state usate tecniche di combattimento particolari.
- È essenziale costruire l’unione nazionale di tutti i patrioti. Il presidente deve allearsi all’opposizione nazionale e fare entrare alcuni dei suoi leader nel governo. Il problema non è sapere se si apprezza il presidente Maduro o no: si tratta di battersi sotto la sua guida per salvare il Paese.
- L’esercito deve formare una milizia popolare. In Venezuela ne esiste già una di quasi due milioni di uomini, ma non è addestrata. Per principio, i militari non armano volentieri i civili, ma in questo tipo di guerra solo i civili possono difendere i propri quartieri, di cui conoscono tutti gli abitanti.
- Si devono intraprendere grandi lavori per mettere in sicurezza gli edifici dello Stato e delle forze armate, nonché gli ospedali.
Tutto questo deve essere fatto con urgenza. Sono misure che richiedono molto tempo e il nemico è pressoché già pronto.

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