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30 settembre 2018

Magaldi: Tria si dimetta, se “serve” massoni ostili all’Italia

E' assolutamente ridicolo e inaccettabile che il "fratello" Giovanni Tria affermi di «aver fatto il proprio giuramento da ministro nell'interesse della nazione», collegando questo giuramento alla sua ostinata pervicacia nel voler difendere un paradigma economico ispirato alla più occhiuta e malnata austerità e nel considerare i privati diktat dei mercati come coincidenti con il bene collettivo dei cittadini. Ostinarsi a voler difendere nel rapporto deficit-Pil il limite dell'1,6% o qualunque altra asticella astratta e priva di fondamento scientifico (meno del 2%, o anche il 3% previsto dai Trattati di Maastricht e cosi via) significa fare gli interessi di gruppi massonici neoaristocratici già ben rappresentati, nella loro distruzione dell'economia italiana, da personaggi come Mario Draghi, Ignazio Visco, Sergio Mattarella, Carlo Cottarelli, eccetera. Al contrario, il massone Giovanni Tria era stato designato alla guida del Mef in qualità di libero muratore sedicente progressista, che avrebbe dovuto contribuire ad inaugurare un "new deal" nella governance economica del Bel Paese.

Un nuovo corso significativamente postkeynesiano, e in grado di puntare più sulla crescita del Pil (e di altri fattori non meno rilevanti, per valutare lo stato di salute di un sistema economico complesso) che non sull'ottuso rigore dei conti pubblici: Gioele Magaldipolitica, quest'ultima, che negli ultimi anni si è dimostrata chiaramente fallimentare, peggiorando i rapporti relativi tra deficit, debito e Pil. Del resto, quale soluzione di continuità vi sarebbe tra l'azione di Tria e quella dei suoi predecessori (i massoni neoaristocratici Pier Carlo Padoan, Fabrizio Saccomanni, Vittorio Grilli e Mario Monti, che ebbe l'interim al Mef come presidente del Consiglio dal 16 novembre 2011 all'11 luglio 2012) alla guida del ministero economia e finanze, se tutta la gestione dei problemi economici italiani attuali fosse ridotta al problema di avvicinarsi il più possibile al principio neoliberista, dogmatico e funesto del pareggio di bilancio?

Insomma, il "fratello" Tria si decida: o sta dalla parte del popolo sovrano italiano oppure, infrangendo il suo giuramento "nell'interesse della nazione", sta facendo gli interessi di gruppi apolidi sovranazionali e privati di caratura contro-iniziatica. Ma se Tria sta dalla parte di Mario Draghi (presidente Bce), Ignazio Visco (governatore di Bankitalia), Sergio Mattarella e Carlo Cottarelli (su questi ultimi due si veda l'artico pubblicato da 'Affari Italiani' "Governo, Magaldi: e il paramassone Mattarella incaricò il massone Cottarelli") e in perfetta continuità e accordo con il paradigma dell'austerity imposto in modo feroce sin dal governo del controiniziato Mario Monti, allora si dimetta. E una volta che Tria si sia dimesso, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e gli altri legittimi azionisti politici del governo Conte chiamino a dirigere il Mef Paolo Savona (come originariamente proposto), supportato da un gabinetto economico speciale che includa Nino Galloni, Antonio Maria Rinaldi, Alberto Bagnai, Claudio Borghi e altri economisti di chiara ispirazione postkeynesiana.

(Gioele Magaldi, "Attenzione alle trame dei massoni neoaristocratici Draghi, Visco e Cottarelli e secondo avvertimento al fratello Tria", dal blog del Movimento Roosevelt del 28 settembre 2018. Magaldi è presidente del Movimento Roosevelt e gran maestro del Grande Oriente Democratico, movimento massonico progressista).

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29 settembre 2018

Gli Stati Uniti sono un morto che cammina


C’è un feroce attacco alla verità. Se non usiamo bene il nostro sito web, ci troveremo nel buio più totale.
Ieri mentre guidavo, ho acceso la radio in macchina per sentire se  i russo/siriani avessero cominciato la liberazione di Idlib, in Siria dai terroristi appoggiati da Washington. Tutto quello che ho sentito invece, su radio NPR, erano  due donne bianche che deploravano il razzismo bianco. Si sentivano tanto colpevoli per aver indirettamente beneficiato del razzismo bianco che, anche a me, è sembrato di affogare  nel senso di colpa di una di quelle femmine,  prima ancora che avesse finito di parlare.
Non riuscirete a credere quale sia stato il “beneficio indiretto” che aveva prodotto una forma tanto grave di senso di colpa nella femmina bianca, ma forse è bene provarci. Lei aveva comprato un bungalow di mattoni identico a quello accanto, dove viveva un americano nero, con la differenza che l’attico di casa sua era stato completamente ristrutturato, mentre l’attico del suo vicino nero non era stato ristrutturato. Il suo senso di colpa razziale derivava dal fatto che la persona bianca da cui aveva acquistato la casa aveva potuto rendere più bello il suo attico, mentre il suo vicino di colore non aveva potuto farlo, sembra per via del razzismo.
Vi sembra questa una spiegazione ragionevole per mettersi a sguazzare in un senso di colpa razziale? Posso pensare a tanti altri motivi migliori di cui, però, non si parla mai sui media di stampa. Per esempio, come riporta Eric Zuesse, che l’Arabia Saudita, lo stato fantoccio che Washington ha aizzato contro lo Yemen, stia “bloccando sistematicamente i rifornimenti di cibo che dovrebbero raggiungere decine di milioni di uomini, gli Houthis, che vivono nello Yemen circondati dal rombo di un motore di morte tenuto continuamente acceso dagli alleati USA ” Gli Houthi stanno morendo di fame perché volevano scegliersi un loro governo, non quello imposto da Washington.
Ci viene da chiederci quanto possa essere basso il senso di colpevolezza razziale che esprimeva una delle due donne bianche su NPR, quella colpa che trovava tanto difficile da sopportare: un vicino nero con una casa come la sua, però senza un attico ristrutturato, un chiaro segno di razzismo di cui sentirsi colpevole.
In che modo potrebbero reagire, con una pochezza emotiva ed intellettuale, come quella dimostrata da queste donne su NPR,  se fossero a conoscenza che gli USA non si stanno opponendo al fatto che dieci milioni di persone stanno morendo di fame in Yemen, come avrebbero reagito se avessero saputo della distruzione, completa o parziale di  8 paesi sotto il regime criminale di Clinton, George W. Bush e Obama e ora continua anche sotto il regime di Trump? Come sopporterebbero il loro senso di colpa, queste donne, se sapessero del sistematico genocidio di palestinesi messo in atto dallo Stato di Israele?
Naturalmente, non devono reagire, perché la NPR non ne parla mai. La NPR è sempre presente sul posto in cui qualche bianco va a fare un atto-di-auto-denuncia, perché si sente indegno e questo loro modo di fare non potrà mai essere interrotto se non si andrà a far vedere alla gente dove si deve sentire – veramente – il senso di colpa. Se non facciamo comprendere ai bianchi per che cosa devono sentirsi veramente in colpa, come potranno sentirsi al sicuro i neri e gli ebrei ?
Tutti i media di stampa e della TV USA sono in linea con  NPR : sono missing in action da molto tempo. Il Russiagate è un’orchestrazione del complesso militare-security USA che serve per impedire al Presidente Trump di smussare le pericolose tensioni che esistono tra le due principali potenze nucleari e di normalizzare le relazioni con la Russia. La normalizzazione delle relazioni potrebbe avere un impatto negativo sull’enorme budget e sul potere del complesso militare-security. Pertanto, l’umanità deve continuare a vivere con il rischio di  un Armageddon nucleare, per garantire il budget del complesso militare-security, in particolare per garantire gli interessi di Dick Cheney nella Halliburton.
Il governo russo ha presentato alle Nazioni Unite una denuncia documentata e comprovata che i terroristi, che godono dell’appoggio di Washington nella provincia di Idlib, hanno preparato un attacco chimico false flag  per incolpare la Siria e implicitamente la Russia. I filmati sono disponibili online, dove si vedono le prove, prima dell’annuncio dell’attacco, poi delle esercitazioni preparatorie, con i bambini delle scuole di Idlib che curiosano tra le telecamere. Washington ha un tale controllo su quello che racconteranno i media che questo “attacco chimico false-flag fatto dalla Siria” può andare avanti, anche se è certificato dalle Organizzazioni Internazionali sul controllo delle armi chimiche che il governo siriano ha zero armi chimiche. Vedi su YouTube, per esempio: https://www.youtube.com/watch?v=MYBJH2IaLF8&feature=youtu.be
Spero che i lettori non siano stati ancora sottoposti a un completo lavaggio del cervello e che riescano a vedere che questo è un film preparato in anticipo, in attesa di evento-false- flag che verrà proposto ai media di stampa come un fatto vero.
La stampa americana non ha mai rispettato il mandato lasciato dai Padri fondatori che avevano consegnato e protetto con il Primo Emendamento. Ma fino a quando il regime criminale di Clinton, non permise che solo SEI/6 monopoli potessero concentrare nelle loro mani ben il 90% dei media statunitensi, qualche volta la verità veniva ancora a galla. Ma ora non più. I media USA non sono in grado di raccontare nemmeno i fatti più avvincenti del nostro tempo, quelli che potrebbero portare alla distruzione della vita sulla terra. Invece, i giornalisti si preoccupano di difendere il loro posto di lavoro e di raccontare notizie false, nell’ interesse delle élite al potere.
Attualmente, Russia, Siria e Iran si stanno preparando a liberare l’ultima provincia siriana che è ancora nelle mani dell’esercito fantoccio di Washington: Al Qaeda, Al Nusra e ISIS.Washington ha inviato truppe Usa che si sono nascoste tra i terroristi che Washington aveva inviato per rovesciare la Siria, pensando che la presenza americana avrebbe dissuaso i russo-siriani dall’attacco contro i terroristi. Ancora una volta, Washington ha approfittato di una esitazione di Putin per complicargli la vita.
Sembra che  Washington sia riuscita a ritardare la liberazione finale della Siria dai terroristi appoggiati dagli USA, comunque l’esercito russo, se non il governo russo, comprendono che in questa fase avanzata del gioco, la Russia non può tirarsi più indietro senza rischiare di essere inondata da altre provocazioni, come prezzo della sua correttezza. Questo è il motivo per cui una armata della marina russa staziona al largo della Siria, equipaggiata di nuovi missili ipersonici russi contro i quali gli Stati Uniti non hanno nessuna difesa. Se si arriverà ad un conflitto, sarà solo il governo russo che potrà decidere se qualche nave USA dovrà restare ancora a galla.
Anche l’esercito russo ha nuovi aerei – di gran lunga superiori alla mondezza degli americani – armati con missili ipersonici, così una resa dei conti tra Russia e Washington in Siria significherebbe una umiliante sconfitta militare per Washington.
Questa consapevolezza rende il governo russo esitante nell’esercitare la propria forza militare in Siria. Il governo russo sa che a Washington ci sono dei pazzi e che, pochi insani neo-cons credono nell’eccezionalismo e nell’indispensabilità degli USA , convinti dell’unilateralismo americano. I russi sono consapevoli del fatto che Trump, sebbene avesse voluto ridurre le tensioni, non ha retto all’attacco del complesso security-militare e che forse per  “salvare l’onore dell’America” potrebbe premere il pulsante.
Questa, penso, potrebbe essere la ragione per cui la liberazione della provincia di Idlib non è iniziata. Questa parte della Siria potrebbe essere lasciata nelle mani di Washington per evitare la fine del mondo.
D’altra parte, i militari e i nazionalisti russi sono stanchi degli insulti e delle sterili provocazioni militari di Washington e del Regno Unito. Stanno perdendo la pazienza aspettando di difendere l’onore della Russia. Capiscono bene che accettare una provocazione, porta a doverne accettare un’altra subito dopo e che alla fine la Russia sarà costretta a rispondere. Putin è stato indebolito dall’aver perso tempo, concedendo un vantaggio alla quinta colonna di Washington che lavora all’interno della Russia — composta da economisti neoliberisti addestrati a Washington. È un mistero per tutti il motivo per cui Putin si fidi  ancora di questi agenti americani de facto che intendono portare alla rovina sia lui che la Russia.
In altre parole, la situazione in Siria è pericolosa, e i media USA non se ne preoccupano se non per usarla come opportunità di propaganda per incolpare la Russia di attacchi chimici e di morti tra i civili. In effetti, l’unico interesse dei media statunitensi è di arrivare per primi nel raccontare dell’uso di armi chimiche da parte della Siria per la liberazione della provincia di Idlib. In altre parole, i media USA non vedono l’ora di spingere il mondo verso una Terza Guerra Mondiale.
Altra straordinaria carenza dei media americani è parlare di Israele. I sionisti israeliani hanno commesso un genocidio contro i palestinesi, ai quali hanno rubato un paese alla luce del giorno, senza che ci sia stata nessuna protesta concreta da parte del Grande Mondo-Morale-dell’Occidentale o di nessun altra parte per tanti decenni. Oggi i resti della Palestina stanno quasi tutti nei campi profughi, fuori dal paese, in quel campo di concentramento che è il Ghetto di Gaza.
Per quanto riguarda la NPR, la CNN, il NY Times, o il Washington Post della CIA, non esiste nessun crimine di Israele contro l’umanità, tanto che il Consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Trump, un neoconservatore, ha recentemente dichiarato che il governo degli Stati Uniti userà tutte le sue forze per proteggere ogni americano e ogni israeliano incolpato di criminali di guerra davanti al Tribunale penale internazionale.
In altre parole, il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump ha dichiarato che gli americani e gli israeliani sono al di sopra della legge che Washington applica a tutti gli altri. Vedi ad esempio: https://truthout.org/articles/john-bolton-escalates-blackmail-to-shield-us-war-criminals/
Allora, che cosa abbiamo? Abbiamo i media USA che si trovano a loro agio dato che nessuno denuncia i crimini  contro l’umanità compiuti da Israele, perché denunciarli sarebbe antisemitismo e negazione e dell’olocausto.
I media USA non si preoccupano per l’interesse ad uso personale che il complesso security/militare sta perseguendo con il Russiagate, perché indagare su questo affare potrebbe distrarli dal loro impegno per incriminare Trump di essere un agente russo.
A dirla tutta anzi, sono tutti i media occidentali che non hanno nessun interesse per il pericoloso conflitto che l’Occidente ha orchestrato gratuitamente contro la Russia, perché qualsiasi articolo che ne parlasse potrebbe spaventare a morte la gente e farebbe comprendere che la strada lungo la quale ci stanno portando i media è quella che minaccia la vita del pianeta.
Paul Craig Roberts 
Fonte: comedonchisciotte.org autore della traduzione Bosque Primario

24 settembre 2018

Gli eurocrati sono Ancien Régime. Ecco perché sono scemi.

Un breve recupero dei fatti della settimana per rilevare fino a che punto l’euro-oligarchia ha assunto i modi, costumi, le arroganze e soprattutto la stolidità dell’antica nobiltà di sangue – quella che per lo più sotto la ghigliottina perse la testa: testa della quale non aveva mai fatto uso, per secoli non avendone avuto bisogno per comandare.
Il primo caso plateale è ovviamente quello del ministro lussemburghese Asselborn a Vienna. Siccome lui ha detto che l’Europa ha bisogno di immigrati perché invecchia, per lui questa è le verità definitiva. Non si aspettava nessuna contraddizione. Sicchè la pacata osservazione di Salvini – “Ho una prospettiva completamente diversa. Io penso di essere al governo per aiutare i nostri giovani a tornare a fare quei figli che facevano qualche anno fa e non per espiantare il meglio dei giovani africani per rimpiazzare i giovani europei che per motivi economici oggi non fanno più figli” – lo ha fatto soffocare di rabbia. L’ha sentita come un insulto personalmente a lui, il barone Asselborn da Steinfort: dove andiamo a finire, se i subalterni cominciano a risponderti? Se un discendente di un servo italiano si permette di contraddirti? Soprattutto mostrandosi più ragionevole di te? E’ un affronto scandaloso.
Infatti l’antica aristocrazia reazionaria, i Polignac, i Courvoisier magistralmente descritti da Proust, hanno sempre ritenuto qualunque manifestazione, anche minima, di intelligenza, qualcosa di sconveniente; una cosa da contabili o da scrittori, da sensali o da scienziati – insomma da borghesi da non invitare nei salotti. Come disse la duchessa Madame de Guermantes del conte Breuté-Consalvi detto Babal: “Babal uno snob? Ma è tutto il contrario, caro amico! Detesta le persone brillanti!”
Infatti quando la duchessa Oriane (progresista) invitava musicisti, pittori, grandi medici, “Babal” si rifiutava di andare al ricevimento: questi borghesucci, con le loro chiacchiere e nozioni, disturbavano la conversazione fra i nobili, che verte incessantemente su un unico argomento: chi di noi è parente di chi. Una continua, estasiata rivisitazione degli alberi genealogici reciproci, e il loro intrecciarsi.
L’osservazione di Salvini non è che fosse brillante. Semplice buonsenso. Ma il ministro del Lussemburgo ha sentito l’urgenza di lavare l’offesa fatta al suo rango, in un modo rivelatore: “Io sono il ministro del Lussemburgo e controllo le mie finanze e voi in Italia dovete occuparvi dei vostri soldi per aiutare a dare da mangiare ai vostri figli” – frase sconnessa e idiota, che sottintende l’altra: non osate ribattere, voi straccioni pieni di debiti, a me che sono ricco di famiglia mentre voi siete poveri, “merde alors”. Si è intuito che è stato sul punto di chiamare i suoi servi in polpe e livrea per far buttare giù dalla scalea questo discendente di immigrati italiani che osava mancargli di rispetto, esibendo quella facoltà indecorosa che è il pensiero.
Prudono le mani a lorsignori, per la comparsa di questi bassi sediziosi nella scena elettorale. Guy Verhofstadt, a proposito di Orban, che “ha deviato troppo dai valori europei”, ha promesso: “faremo abbassare la testa a chiunque mira a distruggere il progetto europeo”.
L’espressione che usa, “face down”, è quella che adottano i poliziotti verso il delinquente: “Faccia a terra!”, “Non osare alzare gli occhi verso di noi, inferiore!”. Gli eurocrati vogliono fare “abbassare la cresta” a tutti i capi plebei che danno segni di non voler obbedire al loro ordine.
Pierre Moscovici: “L’Italia è un problema nella zona euro”, ci stanno nascendo dei piccoli Mussolini (cui faremo abbassare la cresta). La saggista francese Coralie Delaume gli ha twittato: “L’Italia è un problema per la zona euro. La Grecia è un problema per la zona euro, l’Ungheria è un problema per l’Unione Europea, la Polonia è un problema per l’Unione Europea… Guardi in faccia la realtà: gli europei sono un problema per l’Europa”.
Visto su: luogocomune.net

23 settembre 2018

Magaldi: i gialloverdi scelgano, Tria (e Draghi) o gli italiani

«Il massone Giovanni Tria scelga chi servire: il popolo italiano o l'élite neoliberista incarnata dal pessimo Mario Draghi, il demolitore dell'Italia, che ora si complimenta con lui». Non usa mezzi termini, Gioele Magaldi, nel sollecitare il governo gialloverde a diffidare dall'atteggiamento "frenante" del ministro dell'economia: «I gialloverdi avevano promesso agli elettori reddito di cittadinanza, meno tasse e pensioni dignitose. Se non manterranno la parola data saranno loro a pagare, non certo Tria e le altre figure tecniche dell'esecutivo». Dove trovare le coperture? Semplice: occorre sfondare il famoso tetto di spesa del 3%, stabilito da Maastricht in modo ideologico, senza alcun fondamento economico-scientifico: più deficit significa far volare il Pil e creare lavoro. «Si tratta di smascherare Bruxelles e ingaggiare una dura battaglia, in Europa: solo l'Italia può farlo. E se Tria "frena", preferendo ascoltare Draghi, Visco e Mattarella, allora è meglio che Salvini e Di Maio lo licenzino, perché a pagare il conto alla fine saranno loro, per la gioia del redivivo Renzi, che infatti già accusa il governo gialloverde di parlare molto e combinare poco». La ricetta di Magaldi? «Non temere il ricatto dello spread e sfoderare con l'Unione Europea, per il bilancio 2019, la stessa fierezza mostrata da Salvini nel denunciare l'ipocrisia dell'Ue che lascia ricadere solo sull'Italia il problema degli sbarchi di migranti».
Durerà 5 anni anni, l'esecutivo gialloverde? Gli italiani innanzitutto si augurano che faccia le cose che ha promesso, in nome delle quali è stato legittimato, e che abbia anche una coerenza tra teoria e pratica, tra ragionamento e immaginazione, con Gioele Magaldicapacità di concretizzare gli obiettivi. In tanti ricorderanno il recente exploit di Matteo Renzi, che fino a qualche anno fa sembrava l'enfant prodige della politica italiana, fino a ottenere un grande risultato alle europee portando il Pd al 40%. Io credo di esser stato tra i pochissimi, allora, a indicare la fumosità e il carattere del tutto aleatorio e inconsistente della traiettoria renziana. Molti, poi, a partire dal referendum del 2016 sono diventati antirenziani, quasi con la bava alla bocca: persone che avevano creduto in quella grande stagione annunciata da Renzi. Oggi quel consenso si è dissolto, e il Pd è ridotto al lumicino. Resto un sostenitore del governo gialloverde, perché ritengo che abbia iniziato un percorso di transizione verso la Terza Repubblica e perché credo che il centrodestra e il centrosinistra, così come li abbiamo conosciuti, sono definitivamente tramontati – ed è bene che siano tramontati, perché sono i responsabili di questi ultimi 25 anni di decadenza italiana. Ma, anziché porsi il problema della durata del governo Conte, sarebbe ora di chiedersi cosa farà davvero, perché finora si è limitato quasi solo alle chiacchiere.
Uno potrebbe dire: diamogli tempo, c'è una tempistica anche tecnica. Ma il problema è che da quello che viene configurato dal dicastero più importante (quello dell'economia) queste novità per le quali il popolo aveva premiato Lega e 5 Stelle ancora non si vedono, all'orizzonte. Si vede invece un traccheggiare, un tirare al ribasso. E si vede purtroppo una subalternità ai soliti diktat di Bruxelles, anziché la giusta fierezza che c'è stata nell'affrontare un aspetto del tema immigrazione (un aspetto, perché – a parte lo stop agli sbarchi indiscriminati – ancora il governo non ha spiegato che piano ha per il Mediterraneo e per il Medio Oriente). Al di là della fierezza con la quale Salvini ha comunque posto il problema all'Europa – gestire collegialmente il tema migranti: una questione tuttora aperta e controversa – sul versante economico ci sono solo timidi balbettii. E sembra che alla fine ci si inchini ai paradigmi imperanti a Bruxelles e a Francoforte. E lo spauracchio dello spread non viene affrontato e smascherato per quello che è: cioè un vile ricatto, una sorta di vessazione sovranazionale organizzata. Perché allo spread si può mettere fine semplicemente, puntando politicamente sulla confezione di Eurobond o con altre modalità. Insomma, rispetto a Draghi e Triaquesto, il governo mi sembra deficitario e balbettante, balbuziente. Di questo dovremo tenere conto, perché 5 anni di balbuzie non risolveranno i problemi italiani.
Giovanni Tria? E' un massone, certo: uno dei tanti massoni presenti nella compagine di governo. Questa è una maggioranza "strana": da un lato, nel..

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13 settembre 2018

Bavaglio al web in Europa: ce l’hanno fatta, ora sarà legge

Bavaglio al web: alla fine ce l'hanno fatta. Il Parlamento Europeo ha dato il via libera alla proposta di direttiva sui diritti d'autore nel mercato unico digitale. La proposta sul copyright avanzata da Axel Voss è stata adottata con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astensioni, modificando leggermente i contestatissimi articoli 11 e 13, che furono bersaglio – a luglio – di una rumorosa campagna a favore della libertà di Internet. L'articolo 11, ricorda il "Corriere della Sera", è quello che coinvolge anche la stampa e introduce l'obbligo del pagamento, da parte delle piattaforme come Google e Facebook, per l'utilizzo delle notizie, anche sotto forma di "snippet", l'anteprima formata da titolo, sommario e immagini che i motori di ricerca catturano automaticamente. «Quindi: non si tratta più di riconoscere solo i diritti dell'intero testo, ma anche della sua presentazione online, che spesso è l'unica a essere consultata dai lettori». L'articolo 13 introduce invece l'obbligo per le piattaforme di mettere dei filtri per bloccare il caricamento dei contenuti protetti. YouTube, ad esempio, sarà direttamente responsabile delle copie e degli spezzoni pirata che vengono caricati dagli utenti. Il via libera della plenaria (arrivato il 12 settembre) apre ora la strada ai negoziati con il Consiglio.
«Con la scusa della riforma del copyright, il Parlamento Europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva. Una pagina nera per la democrazia e la libertà dei cittadini», protesta Isabella Adinolfi, europarlamentare 5 Stelle. «Il testo approvato oggi Antonio Tajanidall'aula di Strasburgo contiene l'odiosa "link tax" e filtri ai contenuti pubblicati dagli utenti. È vergognoso, ha vinto il partito del bavaglio». Purtroppo, aggiunge la Adinolfi, sono stati respinti tutti gli emendamenti che il Movimento 5 Stelle aveva presentato, «in particolare l'articolo 11, che prevede l'introduzione della cosiddetta "link tax", e il 13, che mira a introdurre una responsabilità assoluta per le piattaforme, nonché un meccanismo di filtraggio dei contenuti caricati dagli utenti», conclude. Che tirasse brutta aria, a Strasburgo, lo si capiva dalle premesse, anticipate di prima mattina dal "Blog delle Stelle": «L'Europa dei banchieri e dei lobbisti ha scelto la sua preda: il web libero. Anziché scardinare i paradisi fiscali e salvare in modo serio il diritto d'autore, il Parlamento Europeo rischia di usare il copyright come una mannaia dei diritti dei cittadini».
Non sono in pochi a ritenere che la riforma – avanzata nel 2016 dall'allora commissario Ue alla Digital Economy Günther Oettinger – potrebbe «distruggere Internet per come lo conosciamo». Per gli europarlamentari rappresentati da Julia Reda, relatrice per il Parlamento Europeo del dossier sulla riforma del copyright e membro del Partito Pirata tedesco, «il progetto limita la libertà di espressione online e mette in difficoltà i piccoli editori e le startup innovative». Di fatto, il divieto di citare liberamente le fonti (con l'introduzione della "link tax") equivale alla censura preventiva sul web: fine della libera circolazione di contenuti, come finora è stato nella Rete. Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, punta il dito contro lo stesso Oettinger, il tedesco secondo cui sarebbero stati "i mercati" a "insegnare agli italiani come Günther Oettingervotare". Proprio quell'Oettinger, dice Magaldi, milita nei circuiti supermassonici reazionari che hanno trasformato l'Ue in un mostro giuridico, gestito da tecnocrati al soldo di interessi privatistici che mirano a svuotare le democrazie e privatizzare Stati non più sovrani, a cui viene impedito di investire (sotto forma di deficit) per creare occupazione.
Comunque lo si legga, l'attacco al web finisce per colpire uno strumento di comunicazione potentissimo, cercando di riportarlo sotto il completo controllo dei media mainstream, spesso protagonisti di un uso pressoché criminale di autentiche "fake news". Il voto del Parlamento Europeo è stato salutato con soddisfazione da Antonio Tajani, coinvolto – secondo il saggista Gianfranco Carpeoro – nell'operazione che ha portato (premendo su Berlusconi) a bloccare la nomina, alla presidenza della Rai, di Marcello Foa, autorevole giornalista, autore del volume "Gli stregoni della notizia", che smaschera le tante imposture del mainstream. Secondo Carpeoro, la manovra anti-Foa è nata dalle parti dell'Eliseo: Jacques Attali (mentore di Macron ed esponente della superloggia reazionaria "Three Eyes") si sarebbe rivolto al massone Tajani e poi allo stesso Berlusconi, dopo essersi consultato con Giorgio Napolitano, che nel libro "Massoni" lo stesso Magaldi presenta come esponente della "Three Eyes", la medesima Marcello Foasuperloggia nella quale milita Attali, contigua al mondo supermassonico di cui fa fa parte, da molti anni, il tedesco Oettinger, vero e proprio "architetto" del bavaglio europeo imposto al web.
E' noto a tutti che le oligarchie al potere, in Europa e non solo, hanno sviluppato un'enorme diffidenza nei confronti della Rete: un network che si ritiene abbia avuto un ruolo assai rilevante in tutti i "dispiaceri" che gli elettori hanno rifilato, negli ultimi anni, all'establishment – la Brexit e il referendum di Renzi, quindi l'elezione di Trump e infine il boom dei "gialloverdi" in Italia. «Se Grillo vuole fare politica fondi un partito, se ne è capace», disse Piero Fassino, non immaginando che l'ex comico non solo ce l'avrebbe fatta, ma sarebbe finito praticamente al governo, scalzando il Pd. Il Movimento 5 Stelle è stato creato proprio via web, a partire dalle candidature. Colpire il web in Europa, proprio oggi, significa predisporre contromisure in vista delle elezioni europee 2019, in cui i grandi poteri economici e oligarchici che si nascondono dietro la tecnocrazia Ue temono l'exploit dei partiti "sovranisti" e "populisti", o meglio democratici. Mentre le televisioni sono letteralmente "militarizzate" dall'establishment, le vendite dei giornali sono in caduta libera. Ecco dunque la necessità, per gli oligarchi, di silenziare in ogni modo il web.

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11 settembre 2018

TORRI GEMELLE / BIN LADEN E MOHAMED ATTA UNITI NELLA LOTTA PER LA CIA


Arieccolo. Era scomparso da un bel po' di tempo il volto del capo commando per l'assalto alle Twin Towers che ha cambiato i destini del mondo e provocato l'assalto degli Usa all'Iraq, la preda da sbranare per interessi petroliferi, di potere e logistici: il volto di Mohamed Atta.
Il Corriere della Sera pubblica un ampio reportage sul "Matrimonio tra gli eredi del terrore", ossia le nozze tra Bin Laden junior (il rampollo di Osama) e la figlia di Mohamed Atta, la figura strategica in tutta la vicenda dell'11 settembre.
La notizia, a sua volta, arriva fresca fresca dall'autorevole Guardian, che fornisce alcuni dettagli da non poco. Nel resoconto del quotidiano londinese, ad esempio, viene  sfornata un'altra new, sempre in tema nuziale: "un altro figlio di Osama bin Laden, Mohamed, ha avuto in sposa la figlia di Afef al Marsi, a lungo uno dei principali esponenti militari della fazione e poi ucciso da un drone statunitense nel 2001. Cerimonia tramandata da un celebre video".

IL TIMIDO MOHAMED TUTTO CASA & CIA
Così scrive l'inviato del Corsera Guido Olimpio: "Sulla vita privata di Mohamed Atta, figura introversa e timida, però capace di guidare i suoi uomini nella fase finale del grande attentato, non sono mancate le supposizioni, le speculazioni, i racconti a metà. Si era ipotizzato di una sua possibile relazione con un cittadino mediorentale detenuto in Spagna mentre alcuni anni fa una donna, spuntata in Florida, aveva sostenuto di essere stata la sua compagna. Voci perse nel tempo".
Contina Olimpio: "Nel 2010 la madre, Boziana, aveva dichiarato al quotidiano spagnolo El Mundo che il figlio in realtà non era morto nella strage del 2001: gli americani lo hanno catturato e portato a Guantanamo. A suo dire l'intelligence avrebbe organizzato una manovra per accusare i musulmani di 'terrrorismo'. Teorie cospirative condivise a lungo anche dal padre, convinto che Mohamed fosse rimasto vittima di una manipolazione, salvo poi cambiare idea".


Ferdinando Imposimato. In apertura Mohammed Atta e, sullo sfondo, Osama bin Laden

Molto più chiara ci pare la ricostruzione fornita sei anni fa, nel 2012, da Ferdinando Imposimato, che venne ufficialmente incaricato dal Tribunale dell'Aja per i crimini di guerra di redigere un dossier proprio su tutti i lati oscuri & le connection della tragedia delle Torri Gemelle. E, guarda caso, Mohamed Atta era il protagonista di quel lungo e minuzioso documento che il giudice antimafia e antiterrorismo preparò (e poi consegnò) alle autorità dell'Aja. In basso riproduciamo per intero l'articolo che Imposimato firmò proprio per la Voce a marzo 2012 (emblematico il titolo: "Atta secondo") su quella tragica vicenda.
La realtà è più semplice di quanto possa sembrare. Atta era un uomo al servizio dei servizi americani. Forse a loro insaputa? Macchè, era un infiltrato di lusso, di superlusso. Si era addestrato per volare negli Usa in tutta tranquillità, aveva conseguito i relativi brevetti, aveva ogni tipo di documento in regola, e l'ultimo anno prima della strage, ossia tra la fine del 2000 a tutto agosto del 2001, aveva viaggiato in lungo e in largo per gli Usa, e tra gli Usa e l'Europa.
Possibile mai che un "sospetto" di quel calibro (il suo nome era infatti nella black list di Cia ed Fbi) fosse libero come un normale commesso viaggiatore di saltare da una costa all'alta, dall'Atlantico al Pacifico? Libero come un fringuello e senza lo straccio di un controllo?

LA GRANDE AMICIZIA TRA LE FAMIGLIE BUSH E BIN LADEN
Atto secondo, è il caso di dirlo. Ossia la storia dei legami d'affari tra la famiglia Bush (senior e junior) e Osama bin Laden. La Voce una decina d'anni fa ha pubblicato un'intervista all'avvocato Carlo Taormina, all'epoca legale di Loredana Bertè, in cui raccontava di un pranzo a casa Bush in compagnia dell'allora marito, il campione di tennis Bjorn Borg. Tra aragoste & racchette spunta un vip. Ebbene, sapete chi era l'altro invitato eccellente alla tavola di casa Bush? Osama bin Laden. Voleva anche lui lezioni di tennis o qualcos'altro?


Loredana Bertè con Bjorn Borg

Sta di fatto che gli affari tra le due famiglie sono volati sempre a gonfie vele, sigillati da un'altra amicizia da novanta: quella di Bush senior con il fratellastro di Osama bin Laden, perchè entrambi soci del potentissimo gruppo finanziario a stelle e strisce Carlyle.
E circola una "leggenda metropolitana" (ma non troppo): che i due amiconi abbiamo assistito all'esplosione delle Twin Towers in diretta, proprio dalle ampie terrazze griffate Carlyle, superpanoramiche e soprattutto con vista diretta sulle Torri Gemelle. 
Sorgono a questo punto spontanee alcune domande. Ma cosa ha poi fatto il tribunale dell'Aja del dossier Imposimato? Di tutti gli esplosivi elementi che conteneva? Di tutta quella minuziosa ricostruzione che aveva effettuato?
E cosa ha fatto la Casa Bianca del lavoro investigativo iniziato ovviamente subito dopo la tragedia, per svelare gli scenari che c'erano dietro la tragedia delle Torri Gemelle? Già nell'autunno 2001, infatti, venne ordinata un'inchiesta top secret. Solo pochi mesi prima della scadenza del suo secondo mandato presidenziale Barack Obama l'ha desecretata.
Come mai non se ne è più saputo niente? Come mai non s'è mossa una sola foglia? Perchè s'è alzata la solita cortina fumogena? Perchè s'è invece alzato, alto come le Torri Gemelle, un muro di gomma, anche disinformativo?
Sono ancora in troppi a temere che quelle tragiche verità prima o poi possano venire a galla.
Vergogna per la 'democratica' (sic) America.

L'ARTICOLO DI FERDINANDO IMPOSIMATO DI MARZO 2012
http://www.lavocedellevoci.it/wp-content/uploads/2016/05/articolo-Voce-Imposimato-marzo-2012.pdf

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25 agosto 2018

Il capitalismo ci sta uccidendo?


Alcuni economisti ad indirizzo ecologista, come Herman E. Daly, sostengono che i costi esterni correlati all’inquinamento e al depauperamento delle risorse mondiali non vengono presi in considerazione dal prodotto interno lordo, per cui  non possiamo sapere se un aumento del PIL è, in realtà, un guadagno o una perdita.
I costi esterni sono enormi ed in crescita costante. Da che mondo è mondo, le multinazionali manifatturiere e industriali, quelle del comparto agroalimentare, i sistemi fognari cittadini, ed altri colpevoli hanno fatto pagare ai terzi i costi delle loro attività nocive per l’ambiente. Recentemente ci sono state numerossime segnalazioni, molte delle quali centrate sul Roundup della Monsanto, il cui principale componente, il glifosato, è ritenuto cancerogeno.
Un’organizzazione volta alla salvaguardia della salute pubblica, l’Environmental Working Group, ha riferito di recente che i suoi test hanno evidenziato la presenza di glifosato in 43 su 45 tipi di alimenti per la prima colazione dei bambini, comprendenti muesli, fiocchi d’avena e merendine prodotte da Quake, Kellog e General Mills. LINK.
In Brasile si è scoperto che l’83% del latte materno contiene glifosato. LINK.
L’Istituto per l’Ambiente di Monaco ((Umweltinstitut München) ha riferito che 14 delle marche di birra tedesche più vendute contengono glifosato. LINK.
Il glifosato è stato trovato nelle urine dei contadini messicani e nelle falde acquifere messicane. LINK.
Secondo Scientific American, “anche i composti inerti del Roundup sono in grado di uccidere le cellule umane, in modo particolare quelle embrionali, placentari e del cordone ombelicale.” LINK.
Un tossicologo tedesco ha accusato di frode scientifica l’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione del Rischio (Bundesinstitut für Risikobewertung) e l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authority – EFSA) per aver accettato la tesi di un gruppo di lavoro gestito dalla Monsanto sulla non-cancerogenicità del glifosato. LINK.
La controversia su queste scoperte deriva dal fatto che i ricercatori finanziati dalle aziende non trovano nessuna correlazione fra glifosato e cancro, mentre quelli indipendenti le scoprono. Questo non è affatto sorprendente, visto che uno scienziato a libro paga delle aziende non ha indipendenza ed è improbabile che possa arrivare a conclusioni che contrastano con quelle a cui è pagato per arrivare.
C’è poi la controversia su quali siano i livelli di contaminazione necessari per considerare pericolosi i prodotti contenenti tracce di glifosato. Sembra però che queste concentrazioni aumentino con l’uso e con il tempo. Prima o poi saranno sufficienti a produrre danni.
La tesi di questo articolo è che, se il glifofato è cancerogeno, i costi correlati alle vite perse e alle spese sanitarie non vengono pagati dalla Monsanto/Bayer. Se questi costi non fossero esterni alla Monsanto, se cioè la multinazionale dovesse rifondere queste spese, il prezzo del prodotto non sarebbe abbastanza remunerativo da permetterne la produzione. I costi supererebbero di gran lunga i guadagni.
E’ molto difficile arrivare alla verità, perché i politici e le autorità preposte ai controlli sono corruttibili e tendono a favorire i loro sodali in affari. In Brasile, in questo momento, i legislatori stanno tentando di liberalizzare l’uso dei pesticidi e di vietare la vendita dei prodotti biologici nei supermercati. LINK.
Nel caso del glifosato, il vento potrebbe cambiare e mettersi a spirare contro Monsanto/Bayer. La Corte Suprema della California ha accolto la richiesta dell’autorità nazionale di includere l’erbicida glifosato nell’elenco delle sostanze cancerogene riportate dalla Proposition 65LINK.
La settimana scorsa, a San Francisco, una giuria ha riconosciuto ad un ex-giardiniere scolastico un indennizzo di 289 milioni di dollari per i danni di un tumore causato dal Roundup. Non ci sono dubbi che la Monsanto si appellerà alla sentenza e che il caso verrà dibattuto nei tribunali fino alla morte del giardiniere. Ma questo costituisce un precedente, e fa capire che i giurati stanno iniziando a diffidare della scienza su ordinazione. Ci sono all’incirca altre 1000 cause pendenti simili a questa. LINK.
Quello che è importante tenere a mente è che, se il Roundup è cancerogeno, è però un solo prodotto di una sola azienda. Questo ci dà un’idea di quanto grandi possano essere i costi esterni. Di certo, i deleteri effetti del glifosato vanno ben oltre quelli descritti da questo articolo. LINK.
Anche i cibi OGM stanno avendo ripercussioni sul patrimonio zootecnico. LINK
Considerate ora l’impatto negativo sull’aria, sull’acqua e sui terreni dove si pratica l’agricoltura chimica. La Florida sta subendo un’invasione di alghe a causa dei fertilizzanti chimici drenati dai terreni coltivati e l’industria saccarifera è riuscita a distruggere il Lago Okeechobee. LINK.
Il dilavamento dei fertilizzanti causa la proliferazione dei cianobatteri, che uccidono la fauna marina e sono pericolosi per gli esseri umani. Attualmente, la acque del fiume Santa Lucia, in Florida, raggiungono un livello di tossicità 10 volte il normale e non si possono neanche toccare. LINK.
Le maree rosse (la caratteristica colorazione assunta dalle acque marino-costiere in seguito alla rapida crescita di dinoflagellati o diatomee NdT) può avere origini naturali, ma il dilavamento dei fertilizzanti contribuisce alla loro crescita e alla loro persistenza. Inoltre, anche l’aumento delle temperature dovuto all’inquinamento favorisce le maree rosse, così come il drenaggio delle zone umide per gli insedimenti abitativi, che causa un più rapido movimento delle masse idriche, non più sottoposte a filtraggio naturale.  LINKLINK.
Di fronte al peggioramento delle sue risorse idriche e alla proliferazione delle alghe, la risposta della Florida è stata quella di tagliare il suo programma di monitoraggio delle acque. LINK.
Se prendiamo in considerazione gli enormi costi esterni dell’agricoltura industriale, è evidente che le cifre che nel calcolo del PIL vengono attribuite allo zucchero e agli altri prodotti agricoli sono esagerate. I prezzi pagati dai consumatori sono troppo bassi e i profitti garantiti all’agricoltura industriale sono troppo alti, perché non comprendono i costi della scomparsa della fauna marina, della perdita degli introiti del turismo e i danni alla salute umana dovuti alla proliferazione delle alghe, causata a sua volta dal dilavamento dei fertilizzanti.
In questo articolo ho appena grattato la superficie del problema dei costi esterni. Il Michigan ha scoperto che la sua acqua potabile non è sicura. I prodotti chimici usati da decenni nelle basi militari [presenti sul territorio] e nella produzione di migliaia di beni di consumo si trovano ormai nelle falde idriche. LINK.
Come esercizio, scegliete una qualsiasi attività e pensate ai suoi costi esterni. Prendete, per esempio, le multinazionali statunitensi che hanno esternalizzato in Asia i posti di lavoro americani. I loro profitti sono aumentati, ma la base imponibile, a livello federale, statale e locale, è diminuita. Le imposte sui salari destinate alla previdenza sociale (Social Security) e al sistema sanitario (Medicaid) sono calate, mettendo in pericolo questi importanti pilastri della stabilità politica e sociale degli Stati Uniti. Si è abbassata anche la base imponibile dei fondi pensione degli insegnanti e degli altri impiegati statali. Se le multinazionali che hanno delocalizzato i posti di lavoro all’estero dovessero farsi carico di questi costi non avrebbero più profitti. In altre parole, poche persone ne hanno tratto un vantaggio, scaricandone gli enormi costi sulla collettività
O prendete in considerazione qualcosa di semplice come un negozio di animali. I proprietari che vendono e i clienti che acquistano coloratissimi pitoni da 30/40 cm., boa constrictor e anaconda non pensano affatto alle considerevoli dimensioni che raggiungeranno questi rettili e neanche lo fanno gli organi di controllo che ne permettono l’importazione. Queste creature, in grado di divorare gli animali domestici, i bambini e capaci di soffocare degli adulti grandi e grossi, vengono alla fine scaricate nelle Everglades, dove hanno devastato la fauna naturale e sono diventate troppo numerose per essere tenute sotto controllo. I costi esterni hanno ormai superato di molti ordini di grandezza il prezzo totale di tutti i serpenti venduti nei negozi di animali.
Gli economisti ad indirizzo ecologista sottolineano come il capitalismo possa funzionare in una “economia vuota”, dove la pressione umana sulle risorse naturali è blanda. Ma il capitalismo non può funzionare in una “economia totale,” dove le risorse naturali sono al punto di esaurimento. I costi esterni correlati alla crescita economica, così come viene calcolata dal PIL, possono superare il valore del prodotto stesso.
Possiamo essere praticamente certi che questa è la situazione che ci troviamo attualmente a dover affrontare. La scomparsa di intere specie, la scoperta di tossine nel cibo, nelle bevande, nell’acqua, nel latte materno, nell’aria, nella terra, il tentativo disperato di ottenere energia con il fracking (che distrugge le falde freatiche e causa  terremoti) sono tutti segnali di un pianeta ormai in difficoltà. Quando si arriva al dunque, si vede come tutti i profitti che il capitalismo ha generato nel corso dei secoli sono probabilmente dovuti al fatto che i capitalisti non hanno mai coperto i costi totali dei loro prodotti. Li hanno trasferiti all’ambiente e alle terze parti e si sono intascati i risparmi, come se fossero guadagni.
Aggiornamento: Herman Daly nota che, secondo un articolo apparso l’anno scorso sulla rivista medica inglese The Lancet, il costo stimato annuale dell’inquinamento è valutabile al 6% del PIL mondiale, mentre il tasso di crescita annuale [del PIL mondiale] è solo del 2%, con una diminuzione effettiva del 4% del benessere globale, non un aumento del 2% [come sembrerebbe]. In altre parole, potremmo già trovarci nella situazione in cui la crescita economica è antieconomica. LINK.
Paul Craig Roberts
Tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

08 agosto 2018

Anche i Caschi Bianchi sono stati evacuati dalla Siria. Stiamo per assistere alla battaglia finale?


Sarà l’ultima battaglia? Per tre anni, Idlib è stata la discarica di tutte le milizie islamiche in ritirata dalla Siria, l’ultima ridotta di tutti quei combattenti che avevano preferito continuare a combattere piuttosto che arrendersi all’esercito siriano, alle forze aerospaziali russe, agli Hezbollah e , in misura minore, agli Iraniani.
Il Brigadiere Generale Suheil al-Hassan, la “Tigre” dei miti e delle leggende militari siriane, che sa recitare memoria i versi del poeta Mutanabi, ma che preferisce essere paragonato a Erwin Rommel piuttosto che a Bernard Montgomery, porterà sicuramente con sé la “Forza Tigre” per la resa dei conti finale fra il regime di Damasco e gli Islamisti di ispirazione salafita, armati dall’Occidente, che avevano tentato, per poi miseramente fallire, di abbattere il governo di Bashar al-Assad.
Grazie a Donald Trump, ora per i “ribelli” siriani è tutto finito, dal momento che sono stati traditi dagli Americani, sicuramente e definitivamente dallo stesso Trump nei famosicolloqui segreti con Vladimir Putin di Helsinki, forse le più importanti delle discussioni “in incognito,” quelle che si svolgono alla presenza dei soli interpreti.
Tre settimane prima, gli Americani avevano comunicato ai ribelli della Siria sud-occidentale, ai piedi delle Alture del Golan occupate da Israele, che avrebbero dovuto cavarsela da soli e di non aspettarsi più assistenza militare. Anche i Caschi Bianchi, eroici soccorritori o propagandisti di guerra dei ribelli (scegliete voi, ma sicuramente verranno presto presentati come “controversi”), sono stati esfiltrati dalle aree occupate dai ribelli, insieme alle loro famiglie, con l’aiuto degli Israeliani e portati in salvo in Giordania.
Gli Israeliani sono un po’ seccati per non essere stati ringraziati dalle unità di difesa civile dei Caschi Bianchi per la loro assistenza umanitaria, ma che cosa si aspettavano, dopo aver passato tutto il tempo ad attaccare durante la guerra gli Iraniani, gli Hezbollah e i Siriani, dopo aver fornito assistenza medica ai combattenti islamici di al-Nusra che erano passati dietro le loro linee, senza mai, ma proprio mai, bombardare l’ISIS? Credono forse che i Caschi Bianchi vogliano essere associati ad Israele proprio adesso?
Ma gli Israeliani hanno ottenuto quello che veramente volevano: la promessa russa che gli Iraniani si terranno lontani dalle Alture del Golan siriane occupate da Israele. La cosa è assai strana, perché in Siria le truppe iraniane sono poche e preziose (dimenticatevi le frottole che raccontano gli “esperti” di Washington), ma combacia alla perfezione con la convinzione macabra e teatrale di Benjamin Netanyahu che l’Iran è un “cappio di terrore” attorno al collo di Israele. In ogni caso, qualcosa sulla guerra in Siria la conosce anche Putin: le bombe sono importanti, ma anche i soldi.
Per quale altro motivo allora Putin avrebbe annunciato investimenti per 50 miliardi di dollari nel settore energetico iraniano? E’ semplicemente un anticipo per gli investimenti fatti dall’Iran nella guerra siriana? Un regalo del genere “grazie, ma ora potete andare” di Mosca per poter avere in cambio una parata a Teheran, senza dubbio trionfale, delle forze iraniane che ritornano “vincitrici” dai loro doveri islamico-rivoluzionari in Siria?
Dopo aver incontrato Putin al Kremlino meno di due settimane fa, Ali Akbar Velayati, consigliere anziano per gli affari esteri del “Leader Supremo” Khamenei, ha ammesso che i loro colloqui “si erano concentrati sulla cooperazione russo-iraniana… ma anche sulla situazione nella regione, compresi gli ultimi sviluppi in Siria.” E questo è quanto. L’economia iraniana è sistemata, ma gli ordini di marcia per la Siria li prende da Putin.
Mai troppo presto per gli Iraniani, senza dubbio. E’ stato abbastanza scioccante per me vedere, il mese scorso, i più ricchi e benestanti iraniani del ceto medio arrivare in massa a Belgrado, portando contanti e gioielli in Occidente tramite una delle poche nazioni occidentali che ancora consentono l’ingresso senza visto agli Iraniani colpiti dalle sanzioni. Voli low-cost da Teheran e da altre città iraniane atterrano tutti i giorni in Serbia e gli hotel di Belgrado sono stipati di clienti che parlano Farsi, pronti, presumibilmente, ad iniziare una nuova vita in Occidente. L’Unione Europea, non c’è bisogno di ribadirlo, sta minacciando Belgrado di abolire il regime visa-free di cui godono i cittadini serbi nel resto d’Europa, se non bloccherà l’afflusso dei remunerativi “turisti” iraniani.
Nel frattempo, l’esercito siriano, che sta combattendo contro gli ultimi, irriducibili, gruppuscoli di Islamisti vicino a Daraa, si riporterà ai bordi della zona smilitarizzata controllata dalle Nazioni Unite, dove si trovava già prima dello scoppio della guerra civile nel 2011. In altre parole, il problema del “Fronte Sud” sarà risolto e rimarrà solo la ridotta di Idlib, insieme  alla città di Raqqa, nelle mani delle milizie ancora fedeli (non certo ancora per molto, dato che Trump li sta tradendo) agli Stati Uniti. Putin, probabilmente, è in grado di risolvere questo problema, se non lo ha già fatto durante il suo incontro con Trump.
Ma Idlib è più importante. Senza dubbio, assisteremo ad ulteriori colloqui di “riconciliazione” fra le autorità siriane e le formazioni ribelli all’interno della provincia. Ci saranno accordi, pubblici e privati, in base ai quali tutti quelli che vorranno ritornare nel territorio controllato dalle forze governative potranno farlo. Ma, dal momento che a Idlib ci sono quegli Islamisti, con le loro famiglie, che avevano già rifiutato simili offerte in altre città (molti di loro erano arrivati con gli autobus dalla zona di Ghouta e Yarmouk, presso Damasco, da Homs e dalle altre città dove si erano arresi, direttamente nella provincia di Idlib), il loro futuro sembra abbastanza fosco.
Naturalmente a tutti piacciono le guerre con una “battaglia finale”. Strano a dirsi, Gerusalemme e Baghdad erano state le uniche capitali nemiche ad essere invase dagli Alleati durante la Prima Guerra Mondiale. E sappiamo che la presa di Berlino da parte dei Russi aveva posto termine alla parte europea della Seconda Guerra Mondiale. Lasciamo perdere, per ovvie ragioni, la caduta di Saigon (aveva vinto la parte sbagliata) e le varie “capitali” conquistate in Medio Oriente (Gerusalemme nel 1967, Beirut nel 1982, Kuwait City nel 1990 e Bagdad nel 2003), perché hanno lasciato retaggi di sangue che si trascinano fino al giorno d’oggi.
Ma dobbiamo ricordare una cosa. L’esercito siriano è abituato a combattere. La stessa cosa vale per l’aviazione russa. E’ sicuro che, quando comincerà l’ultima battaglia, difficilmente verrà dimenticato l’assedio di al-Nusra all’ospedale militare governativo Jisr al-Shugour di Idlib e il massacro di molti dei suoi difensori e delle loro famiglie, tre anni or sono. Mosca non darà il benvenuto a casa, in Cecenia, agli Islamisti. E Ankara non vuole sparpagliare i veterani di Idlib nelle pianure dell’Anatolia, visto che Erdogan è ancora ossessionato dal tentato colpo di stato “islamico” di due anni fa, con decine di migliaia di presunti fiancheggiatori che ancora marciscono nelle sontuose galere turche.
L’Occidente non darà certamente una mano. C’è il vecchio mulo dell’ONU che, credo, potrebbe farsi coinvolgere in una “temporanea” missione di pace a Idlib, ma non avrà certo il sostegno di un presidente siriano che intende riportare ogni chilometro quadrato della nazione sotto il controllo esclusivo del governo. Potrebbe rendersi disponibile una discarica ancora più piccola, se i ribelli di Idlib venissero trasferiti più a nord, nell’enclave di Afrin, già ampiamente popolata e controllata dai vecchi amici della Turchia, provenienti dalle file dell’ISIS. E’ certo che l’Occidente non vorrà i rimasugli di quella armata islamica che aveva contribuito ad armare.
Presumibilmente, l’asilo politico concesso ai Caschi Bianchi sarà il massimo della sua generosità, insieme al normale aiuto ai rifugiati.
Ma dobbiamo anche ricordare che quelle nazioni che per così tanto tempo avevano cercato di rovesciare Assad, ora cercheranno, anche se lentamente, di ristabilire relazioni di qualche genere con il governo di Damasco. Diplomatici francesi, manco a dirlo, stanno facendo i turisti in Siria dal Libano da almeno un anno. La stessa cosa hanno fatto, in maniera discreta, inviati di altre nazioni europee. Gli Americani vorranno la loro particina, per quanto strano (o trumpiano) possa sembrare, e, in quel momento cruciale, Putin sarà a disposizione.
Ma, che cosa sarà dei cinque milioni di rifugiati siriani le cui nazioni ospitanti, Europa, naturalmente, ma anche Turchia, Libano, Giordania, Iraq, Kuwait, Egitto, non vedono l’ora che  tornino a “casa?” E qui, forse, si trova la chiave per interpretare questa “fine della guerra.”
I Russi sono pronti a garantire ai rifugiati la possibilità di ritornare sani e salvi alle loro case (che cosa valgano queste promesse è un’incognita, visto che migliaia di senzatetto temono il regime) e sembra che inviati di Mosca siano già arrivati in Libano, che ospita un milione e mezzo di Siriani, per parlare di logistica. Gli Stati Arabi del Golfo, in modo particolare il Qatar, sembra siano interessati a finanziare la ricostruzione della Siria. Perciò, se non sarà possibile far arrendere con le armi i “ribelli” di Idlib, si potrà almeno corromperli? Tra l’altro facendolo fare alle nazioni arabe che li hanno sostenuti fin dall’inizio. E’ ancora presto. Ma tutte le guerre arrivano alla fine. Ed è da qui che ricomincia la storia.
Robert Fisk
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org