01 luglio 2020

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 1 lug 2020


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
Il Libano chiede aiuto all'UE nei confronti degli USA
 

 
Un deputato australiano arrestato per spionaggio
 

 
L'UE sanziona l'opposizione venezuelana
 

 
Spie francesi arrestate in Turchia
 

 
Nella quarta città francese la sinistra si allea con i Fratelli Mussulmani
 

 
Israele bombarda l'esercito arabo siriano
 

 
Gli italiani sono favorevoli all'uscita dalla UE e a un'alleanza con la Cina
 

 
Negoziati segreti tra Siria e USA
 

 
Donald Trump potrebbe incontrare Nicolás Maduro
 

 
L'Egitto minaccia d'intervenire militarmente in Libia
 
Controversie

 
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Giallo Idrossiclorochina / L’Associazione Criminale Tra L’Oms E La Fondazione Gates


La connection criminale tra l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, la Bill and Melinda Foundation, il Wellcome Trust e alcune sigle di para-ricerca scientifica pilotate dall’OMS per delegittimare l’utilizzo della idrossiclorochina nel trattamento anti Covid-19. Attraverso test taroccati e complessi artifizi di sovradosaggio, in molti casi letali per i pazienti che vi si sono sottoposti.
Ai confini della realtà.
E’ un quadro allucinante, uno spaccato agghiacciate, con tanto di nomi, cognomi & sigle, quello che emerge dal report di un sito americano dedicato alla salvaguardia e alla salute dei bambini, “Age of Autism”, proprio sugli studi farlocchi messi in campo dall’OMS per impedire l’utilizzo di una sostanza economica ed efficace – l’idrossiclorochina – e per questo poco gradita alle star di Big Pharma, impegnate nella maxi lotteria dei miracolosi (sic) vaccini.
Ma da qui a falsificare gli studi, somministrando ai pazienti dosi ben maggiori rispetto a quelle previste dai normali protocolli, dosi quindi letali, ce ne corre.

30 giugno 2020

Pandemia, Una “Strage Di Stato” / Il Potente J’Accuse Di Giulio Tarro


La Grande Truffa della pandemia.
Le Maxi Menzogne dei politici di casa nostra.
L’Immensa Ignoranza di scienziati-burattini.
Gli Scientifici Depistaggi mediatici.
Una Montagna Organizzata di Fake News per rincoglionire i cittadini, renderli sempre più sudditi, calpestare ogni loro diritto.
Di tutto e di più nel gigantesco pandemonio della pandemia, come balza alla luce in “Covid – Il virus della paura”, scritto dal virologo Giulio Tarro, un pamphlet che tutti gli italiani dovrebbero leggere.

Proprio per capire chi li inganna, chi li massacra quotidianamente da ormai quattro mesi, chi li priva degli ultimi stracci di libertà e democrazia.
Con immensa capacità divulgativa ed estremo rigore scientifico, Tarro riesce a calarci – come in un perfetto thriller – nell’ingranaggio mortale, tra le spire del Covid-19: un virus che è riuscito a coagulare, come in un unico blocco mortale, gli interessi e gli appetiti di Big Pharma e dei suoi lacchè tutto affari & tivvù, dei politici di casa nostra e del relativo sottobosco, di giornalisti assoldati e scodinzolanti.
Di tutto e di più, un intreccio che più devastante non si può.
Un e-book – autoprodotto – che si può scaricare attraverso il battagliero sito de l’Antidiplomatico e poi avrà la sua edizione cartacea con i tipi di Feltrinelli.
Mozzafiato già l’incipit.



INCOMPETENZA, ARROGANZA, IRRESPONSABILITA’
“Di epidemie in Italia ne ho viste davvero tante. Il colera a Napoli nel 1973, il ‘Male oscuro’ nel 1978, le innumerevoli epidemie influenzali che congestionavano l’Ospedale Cotugno, dove ero Primario. E tantissime ne ho viste all’estero. Ho visto panico, disorganizzazione, eroismi, infamie; ho conosciuto scienziati che preparavano armi biologiche e progettavano epidemie; giornalisti e dirigenti di blasonate organizzazioni che, verosimilmente, gonfiavano la minaccia di qualche virus per conto di aziende produttrici di vaccini, ricercatori che, pur di avere il loro momento di gloria, attestavano qualsiasi sciocchezza in Tv; politici che minimizzavano il contagio pur di non perdere il loro consenso… . Credevo, quindi, di aver visto di tutto”.
“Ma mai avrei immaginato di vedere tanta incompetenza, arroganza, superficialità, irresponsabilità, quelle con le quali si è tentato di affrontare il virus del Covid-19. Una emergenza che avrebbe potuto riproporre uno scenario non molto dissimile da quello di tante epidemie influenzali che, periodicamente, sferzano anche il nostro Paese e che, invece, per sciagurate scelte, ha comportato dapprima un numero elevatissimo di vittime e poi ha lasciato il nostro Paese in ginocchio”.

Un giovanissimo Giulio Tarro nel suo laboratorio. In apertura lo vediamo accanto alla copertina del suo nuovo libro
Continua il j’accuse, fin dalle primissime battute: “Se questa tragedia si è verificata, grande è la responsabilità di tanti ‘esperti’ che pur di troneggiare in Tv non hanno avuto remore (oltre a dichiarare tutto e, il giorno dopo, il suo contrario) ad assecondare dissennate scelte che, se non avessero avuto qualche ‘avallo’ scientifico, avrebbero scatenato le piazze”.
“Questo libro nasce proprio per questo. Dall’amarezza e dalla rabbia nel constatare l’opportunismo di tanti ‘esperti’ che ora, paventando un fantomatico catastrofico ritorno del Covid-19, servilmente, si dichiarano entusiasti delle vessatorie – e inutili – misure che saranno messe in atto, prima tra tutte l’obbligatorietà della già fallimentare vaccinazione antiinfluenzale”.

“Stessa amarezza e rabbia per tante persone trasformate dal terrore profuso in questa emergenza in ipocondriaci burattini animati dai suddetti ‘esperti’. Un asservimento reso totale da tanti canti patriottici cantati dai balconi contro il ‘nemico virus’. Un fenomeno illuminante sulla vulnerabilità della nostra società agli stravolgimenti della realtà imposti dal Potere”.
Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane pubblicheremo stralci del libro. Di seguito, invece, ripercorriamo alcuni passaggi salienti.

UNA MANIPOLAZIONE DEI DATI
“La cosa più penosa della faccenda è che i dati dei ‘contagiati’ (raccolti a casaccio dalle Regioni e che, quindi, non erano l’indice di alcunchè) rivestivano caratteri di ufficialità nella comunicazione istituzionale dove venivano affiancati al numero dei ‘deceduti’. La questione ‘morti per Covid-19’ invece che ‘morti con Covid-19’ (e cioè se questo virus sia stata la causa principale della morte e se era presente nell’organismo di persone in procinto, comunque, di morire per altre patologie o per vecchiaia), è stata oggetto di innumerevoli polemiche che, comunque, non hanno impedito al Governo di continuare a divulgare il numero di non meglio specificati ‘Deceduti’ seguito dalla farisaica dicitura ‘in attesa di conferma Istituto Superiore di Sanità’. In realtà già il 13 marzo il direttore dell’ISS annunciava che solo per due persone, tra le tante ascritte come ‘morte per Coronavirus’, si poteva – per l’assenza di gravi patologie pregresse e per l’età – confermare questa diagnosi. Il 17 marzo un verdetto ancor più inequivocabile: su 355 cartelle cliniche esaminate, solo 12 decessi possono essere ascritti come ‘morti per Coronavirus’”.
“In più, per valutare la letalità del virus, l’esatto numero dei morti, avrebbe dovuto essere rapportato non già ai pochi positivi a tampone presentati come ‘contagiati’, ma alle stime del numero degli infettati in Italia che venivano già pubblicate da autorevoli istituti di ricerca”.
“Questo non è stato fatto. E così l’Italia, invece di un tasso di letalità del virus stimato inferiore a 12, faceva registrare dapprima un farlocco quanto agghiacciante 6,6 per cento e, poi, un ancor peggiore 10 per cento. Una manipolazione dei dati che ha avuto ripercussioni gravissime e per la quale, ci auguriamo, qualcuno pagherà”.


ASSISTENZA DOMICILIARE NEGATA
Un interessante paragrafo è dedicato a quell’assistenza medica domiciliare fondamentale, e invece boicottata dal Governo. “Numerosi studi attestano (soprattutto considerando l’impatto delle infezioni ospedaliere e del trauma che subisce una persona, soprattutto anziana, che deve abbandonare il proprio letto per andare in corsia) come l’assistenza medica domiciliare determini percentuali di sopravvivenza molto più alte del ricovero ospedaliero. Si direbbe abbia ignorato questa e altre considerazioni l’indicazione governativa (Protocollo sanitario 21 febbraio 2020) che dissuade il medico curante dal recarsi a casa del proprio paziente affetto da Covid-19 dovendo egli limitarsi a ‘consultarlo’ telefonicamente”.
“Scomparsa così l’assistenza sanitaria domiciliare, la velleitaria pretesa di una generale ospedalizzazione ha determinato ben presto il trasporto in sempre più affollate strutture ospedaliere di un numero spropositato di affetti da Covid-19 che sono stati ben presto falcidiati da infezioni ospedaliere. Il risultato è stato una impennata di mortalità Covid-19 e scene da lazzaretto medioevale diventate ‘piatto forte’ nelle trasmissioni Rai e di tanti altri media”.

VACCINI? NON UNA SOLUZIONE: UN PROBLEMA
Un illuminate focus sulle aree di Bergamo e Brescia. Zone in cui “appare verosimile una ipotesi tutta da verificare ma già rigettata con sdegno, senza che sia stata fatta una sola indagine al riguardo. E cioè che possa essere stata la straordinaria campagna di vaccinazione anti-meningococco C – svoltasi nella provincia di Bergamo (21.331 vaccinati) e di Brescia (12.200 vaccinati) – e la periodica campagna vaccinale contro l’influenza (che avrebbe registrato nelle suddette province adesioni, a detta dei media, ‘superiori ad ogni aspettativa’) a determinare in molte persone un abbassamento delle difese immunitarie che le hanno rese particolarmente vulnerabili al Covid-19”.
le ‘autorità’ (sic) parlano di obbligatorietà per la vaccinazione contro l’influenza. “Una misura assolutamente insensata, sia perché l’attuale vaccinazione antinfluenzale risulta inefficace per circa il 30 per cento dei vaccinati, sia perchè il vaccino non agisce affatto sul virus Sars-Cov2 che, tra l’altro, trovando un organismo con un sistema immunitario già impegnato dal vaccino antinfluenzale, troverebbe una più agevole strada per infettare”. 
Come detto, torneremo sul testo di Tarro per singoli argomenti. 
Intanto, ecco le altrettanto choccanti conclusioni.
CI VUOLE UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA
“Se questa emergenza è diventata un’ecatombe, la responsabilità è certamente di chi, non avendo pianificato nulla per affrontare l’epidemia, l’ha prima ritenuta impossibile e poi ha preteso di bloccarla costringendo tutta la popolazione a stare chiusa a casa. E, per fare questo, si è ricorso – oltre ad una terroristica informazione – ad una evidente falsità: considerare contagiati solo coloro che risultavano positivi ai pochi tamponi disseminati qua e là dalle Regioni e considerare come ‘morti per Covid’ TUTTI coloro che, prima o dopo la morte, risultavano positivi al tampone”.
“Si è istituzionalizzato, così, in Italia un tasso di letalità del virus Sars-Cov-2 elevatissimo, 28 volte superiore a quello della Germania”.
“Se questo è potuto accadere, gravissima è la responsabilità di tanti cialtroni, presentati come ‘scienziati’, che, non solo hanno taciuto sulle follie di questa gestione dell’emergenza, ma che continuano ad assecondarle, sperando così di poter essere ancora utili ai loro sponsor per farci accettare una società fatta di assurdi divieti e di vaccini”.
“E’ possibile che le voci critiche su questa gestione dell’emergenza portino ad una Commissione parlamentare di inchiesta degna di questo nome e, cosa ancora più importante, ad un risveglio dei tanti oggi intrappolati nell’ipocondria? Lo spero. Nonostante quello che sentenziava Mark Twain: ‘E’ più facile ingannare la gente piuttosto che convincerla di essere stata ingannata’”.

29 giugno 2020

Il trionfo della Svezia: rimanere liberi in un mondo in “lockdown”


Perché i media sono così preoccupati per la Svezia? E perché sono così determinati a dimostrare che l’approccio svedese al coronavirus è sbagliato? Dobbiamo credere che gli stessi media “mainstream”che hanno accettato tutti i sanguinosi colpi di stato, interventi e guerre degli ultimi 30 anni, siano improvvisamente diventati sostenitori disinteressati degli anziani svedesi che combattono contro un’infezione letale?
Sciocchezze. La ragione per la quale i media pubblicano circa 15 articoli contro la Svezia per ogni articolo a favore è perché hanno un interesse a farlo. I media vogliono fugare l’idea che ci sia un’alternativa all’approccio autoritario del lockdown. Conseguentemente, il modello svedese che lascia aperte parti dell’economia e si fida della gente che segue le linee guida del governo sul “distanziamento”, deve essere stroncato. Questo è ciò che sta realmente accadendo. I media non hanno alcun interesse in un piccolo paese nordeuropeo di 10,4 milioni di persone. Quello che a loro interessa è l’esempio che la Svezia sta dando agli altri paesi del mondo. Se tali paesi seguono l’esempio e decidono di adottare un approccio basato sulla scienza e sulla fiducia, piuttosto che sulla politica e sulla coercizione, allora il piano elitario per prolungare la crisi e ristrutturare l’economia comincia ad andare in fumo. Quindi la Svezia deve essere annientata. Più semplice.
La prima linea di attacco contro la Svezia è il suo “tasso di mortalità” che è significativamente più alto rispetto a quello dei suoi vicini della Norvegia o della Danimarca. E mentre oggi ci sono solo 4.395 morti in Svezia contro gli oltre 100.000 negli Stati Uniti, le informazioni sono sempre presentate in termini sensazionalistici, come questa ridicolo trafiletto del National Review.
“Ci sono stati dieci volte più decessi per COVID-19 in Svezia che in Norvegia su base pro capite. Secondo il sito web Worldometers, 435 svedesi per ogni milione di abitanti sono morti a causa del virus, mentre solo 44 norvegesi per ogni milione” (National Review).
Caspita, “435 su un milione di svedesi sono morti a causa del virus!” Quei barbari svedesi, stanno uccidendo il proprio popolo!
Questa è una assurdità allarmistica. Pensateci: “435 morti per milione” è solo 1 su 2.500. E’ sufficiente a giustificare la chiusura dell’economia e la sospensione delle libertà civili? Certo che no. E, tenete presente, la grande maggioranza di questi decessi si registra tra le persone che hanno oltre 70 anni e con patologie pregresse. Come in qualsiasi altra parte del mondo, circa il 90% dei decessi dovuti al Covid si verifica tra gli ultra sessantenni con comorbilità”.
Vi faccio una domanda: Un morto ogni 2.500 è un motivo sufficiente per strangolare l’economia e mettere il paese agli arresti domiciliari?
La risposta è “No”. L’isolamento non è stato solo un errore, ma è stata una reazione di paura, una reazione istintiva al picco esponenziale dei casi di positivi al Covid per i quali i politici erano completamente impreparati. Così, invece di consultare più esperti con opinioni diverse sull’argomento, l’amministrazione Trump ha adottato il modello cinese che è stato sostenuto dal dottor Fauci e dalla mafia dei vaccini. Di conseguenza, 40 milioni di americani hanno perso il lavoro, ogni settore dell’economia è in caduta libera e gli Stati Uniti sono destinati a un’altra Grande Depressione. In contrasto con questa follia, gli esperti svedesi di malattie infettive hanno sviluppato un piano ragionevole, basato sulla scienza, che è stato illustrato in un articolo del Dr. Johan Giesecke pubblicato su The Lancet. Eccone un estratto:
“È ormai chiaro che un rigido isolamento non protegge le persone anziane e fragili che vivono in case di cura, una popolazione che l’isolamento era stato concepito per proteggere. Non diminuisce nemmeno la mortalità da COVID-19, il che è evidente se si confronta l’esperienza del Regno Unito con quella di altri paesi europei…
Questi fatti mi hanno portato alle seguenti conclusioni. Tutti saranno esposti alla sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2, e la maggior parte delle persone sarà infettata. Il COVID-19 si sta diffondendo a macchia d’olio in tutti i paesi, ma non lo vediamo; si trasmette quasi sempre dai più giovani senza sintomi o con sintomi deboli ad altre persone che avranno anche sintomi lievi. Questa è la vera pandemia, ma continua sotto la superficie e probabilmente ora è al suo apice in molti paesi europei. C’è ben poco da fare per prevenire questa diffusione: un blocco potrebbe ritardare i casi gravi per un po’ di tempo, ma, una volta allentate le restrizioni, i casi ricompariranno. Mi aspetto che quando conteremo il numero di morti dovuti al COVID-19 in ogni paese, ad un anno da oggi, i numeri saranno simili, indipendentemente dalle misure adottate. 
Le misure volte ad appiattire la curva potrebbero avere effetto, ma un isolamento non fa altro che spostare i casi gravi nel futuro, non li impedirà. Certo, i paesi sono riusciti a rallentare la diffusione per non sovraccaricare i sistemi sanitari e, sì, farmaci efficaci in grado di salvare vite umane potrebbero presto essere sviluppati, ma questa pandemia è veloce e questi farmaci devono essere sviluppati, testati e commercializzati rapidamente. Molte speranze sono riposte nei vaccini, ma ci vorrà del tempo e, con la risposta immunologica all’infezione non chiara, non è certo che i vaccini saranno molto efficaci. 
In sintesi, il COVID-19 è una malattia altamente contagiosa e si diffonde rapidamente nella società. Spesso è abbastanza asintomatica e può passare inosservata, ma causa anche gravi patologie e persino la morte, in una parte della popolazione, e il nostro compito più importante non è quello di fermare la diffusione, cosa piuttosto futile, ma di concentrarci sul dare alle vittime sfortunate un’assistenza ottimale”. (“La pandemia invisibile”, The Lancet”)
Come potete vedere, il team svedese che ha sviluppato le linee di condotta non stava “scommettendo” sulle vite degli svedesi, come amano dire gli idioti dei media. Stavano applicando decenni di scienza a un problema che richiedeva loro di prendere decisioni difficili sul modo migliore per affrontare un’epidemia per la quale non c’è una cura conosciuta o efficace. E la loro scelta è stata chiaramente quella giusta. Hanno optato per mantenere l’economia il più possibile aperta, facendo ogni sforzo per proteggere i vecchi e i più vulnerabili. È stato un piano eccellente nonostante i notevoli problemi di attuazione, il più grande dei quali è stato l’aumento dei decessi nelle case di riposo, che è stato a dir poco catastrofico. Più della metà del numero di morti in Svezia proviene da questi centri per anziani, mentre 4.200 su 4.386 persone che hanno perso la vita a causa del virus erano ultrasessantenni. Questo NON È un errore di stampa (qui le statistiche ufficiali dello stato svedese): solo 186 persone sotto i 60 anni sono morte a causa dell’infezione.
Anche se queste statistiche possono essere scioccanti, non suggeriscono che la scelta sia stata sbagliata, ma solo che non ci sia stato uno sforzo sufficiente per proteggere gli anziani. Quindi, è giusto incolpare la Svezia per il suo tasso di mortalità più elevato?
Certo che lo è, a condizione che si conceda tempo sufficiente per capire se le misure di isolamento (degli altri paesi) abbiano effettivamente impedito le morti o se le abbiano solo rimandate fino alla revoca delle restrizioni. Solo così sapremo con certezza se hanno funzionato o meno. Alcuni esperti prevedono che la percentuale di morti si bilancerà a lungo termine e che il tasso di mortalità di Norvegia e Danimarca sarà molto simile a quello della Svezia. Ma solo il tempo ce lo dirà.
Vale anche la pena di notare che Belgio, Spagna, Regno Unito, Italia e Francia superano la Svezia in termini di “morti per milione”, che è la misura standard per valutare il successo o il fallimento di un particolare approccio. Allora perché la Svezia, che ha 405 morti per milione, è così spietatamente messa alla graticola, mentre il Belgio, che ha 817 morti per milione, se la cava senza problemi? Perché il Belgio non si è sottratto alla politica ufficiale di blocco che realizza il sogno elitario della legge marziale universale. La Svezia ha rifiutato questa opzione, ed è per questo che i media, asserviti al programma, le hanno appeso un bersaglio sulla schiena.
Sapevate che il Primo Ministro norvegese ha ammesso che il lockdown è stato un errore? È vero, ecco cosa ha detto:
“Nella serata di mercoledì scorso, il primo ministro norvegese Erna Solberg è andato in TV a fare una confessione: si era fatto prendere dal panico all’inizio della pandemia. La maggior parte delle pesanti misure imposte dall’isolamento della Norvegia si sono rivelate scelte esagerate, ha ammesso. “Era necessario chiudere le scuole?”, si è chiesta. “Forse no”. 
Non è il primo funzionario norvegese a riconoscere che l’isolamento non era necessario. Il 5 maggio, l’Istituto Norvegese di Sanità Pubblica (NIPH) ha pubblicato una nota informativa che riportava…. “La nostra valutazione ora… è che avremmo potuto ottenere gli stessi effetti ed evitare alcuni degli spiacevoli risultati non chiudendoci, ma tenendoci invece aperti, ma con misure di controllo dell’infezione”, ha detto Camilla Stoltenberg, Direttore Generale del NIPH in un’intervista televisiva all’inizio di questo mese…..
(“https://lockdownsceptics.org/2020/05/31/latest-news-47/)
Interessante, eh? Così, mentre la Norvegia è invariabilmente abituata a dimostrare che la Svezia “ha sbagliato”, il primo ministro norvegese pensa “che hanno fatto bene”. Non c’è da stupirsi che questa storia non sia apparsa da nessuna parte nei media occidentali.
E, sapevate che il governo britannico ha pubblicato i verbali riservati delle riunioni del SAGE (The Scientific Advisory Group for Emergencies) che dimostrano che la decisione del governo di rinchiudere il Paese non si è basata sulla scienza ma sulla politica? Date un’occhiata:
“…in nessun momento il SAGE ha mai parlato di qualcosa che assomigliasse ad un completo isolamento. In effetti, il SAGE ha sottolineato, in una riunione del 10 marzo, che vietare le riunioni pubbliche avrebbe avuto scarso effetto, dato che la maggior parte delle trasmissioni virali avvenivano in spazi ristretti, come ad esempio all’interno delle famiglie…” 
In altre parole, Boris Johnson e i suoi consiglieri non stavano seguendo “la scienza” quando hanno deciso di chiudere il paese il 23 marzonon stavano agendo in base ad alcuna raccomandazione specifica da parte del SAGE. Né il governo può sostenere che questa sia una delle alternative discusse alle riunioni del SAGE e che la sua decisione si basava, in parte, sull’analisi del SAGE sull’impatto di un blocco totale. Tale soluzione non è stata discussa in nessuna delle riunioni prima del 23 marzo. A tale riguardo, si è trattato di una decisione politica.”  (“Il governo stava davvero seguendo “la scienza”? Lockdown Skeptics)
Eccolo lì, nero su bianco: l’isolamento britannico non è basato sulla scienza così come l’isolamento americano. La strategia è stata adottata da politici isterici che hanno reagito in modo eccessivo a una crisi sanitaria per la quale erano totalmente impreparati. Questo è ciò che dimostrano questi documenti riservati SAGE.
Niente “Immunità del gregge”, dopo tutto?
“Il capo epidemiologo svedese Anders Tegnell, è stato ampiamente criticato per aver sostenuto che la Svezia avrebbe ottenuto “l’immunità del gregge” entro la fine di maggio. “Ma un recente studio ha scoperto che solo il 7,3% dei residenti di Stoccolma è risultato positivo agli anticorpi del coronavirus alla fine di aprile. “Credo che l’immunità del gregge sia molto lontana, se mai la raggiungeremo”, ha dichiarato alla Reuters Bjorn Olsen, professore di medicina infettiva all’Università di Uppsala. (Nationa Review)
Ma in questa storia c’è molto di più di quanto sembri. Non tutti coloro che sono esposti al virus manifestano una risposta anticorpale. Stando a Sunetra Gupta, professore di Epidemiologia Teorica all’Università di Oxford, (che ha prodotto un modello rivale alle spalle di Ferguson a marzo).
“Gli studi sugli anticorpi, sebbene utili, non indicano il reale livello di esposizione o il livello di immunità. In primo luogo, molti dei test sugli anticorpi sono “estremamente inaffidabili” e si basano su gruppi rappresentativi difficili da raggiungere. Ma, cosa ancora più importante, molte persone che sono state esposte al virus avranno altri tipi di immunità che non compaiono nei test anticorpali – sia per ragioni genetiche sia per il risultato di immunità preesistenti correlate ai coronavirus come il comune raffreddore.
Le implicazioni di ciò sono profonde: significa che quando sentiamo i risultati dei test sugli anticorpi la percentuale che risulta positiva agli anticorpi non è necessariamente uguale alla percentuale che ha immunità o resistenza al virus. Il numero reale potrebbe essere molto più alto. L’osservazione di modelli molto simili dell’epidemia in tutti i paesi del mondo ha convinto la professoressa Gupta che è proprio questa immunità nascosta, più che i lockdown o gli interventi governativi, ad offrire la migliore spiegazione della progressione del Covid-19: 
“In quasi tutti i contesti abbiamo visto l’epidemia espandersi, trasformarsi e sparire, quasi come un orologio. Paesi diversi hanno avuto politiche di blocco diverse, eppure quello che abbiamo osservato è un modello di comportamento quasi uniforme, molto coerente con il modello SIR. A mio parere, ciò suggerisce che gran parte della forza trainante in questo caso è dovuta alla crescita dell’immunità. Penso che questa sia una spiegazione più parsimoniosa rispetto a quella che vuole che in ogni paese l’isolamento (o vari gradi di isolamento, incluso l’assenza di isolamento) abbia avuto lo stesso effetto”. 
Alla domanda su quale sia la sua stima aggiornata del tasso di mortalità da contagio, la professoressa Gupta risponde: “Penso che l’epidemia sia in gran parte andata e che sia in via di estinzione in questo Paese, quindi penso che sarebbe sicuramente meno di 1 su 1.000 e probabilmente più vicina a 1 su 10.000”. Si tratterebbe di una percentuale compresa tra lo 0,1% e lo 0,01%”. (“Sunetra Gupta: Covid-19 sta sparendo“, unherd.com)
Gupta fa un’osservazione importante, ma è necessario spiegarla meglio. Se, per esempio, “solo il 7,3% dei residenti di Stoccolma è risultato positivo agli anticorpi del coronavirus alla fine di aprile”, ciò non significa che solo il 7,3% dei residenti di Stoccolma sia immune. Alcune persone hanno un’immunità innata (dovuta alla loro composizione genetica) o hanno “immunità esistenti” legate a precedenti infezioni come la Sars. Gupta ritiene che l’immunità sia più diffusa di quanto non risulti dai test anticorpali. Questo suggerisce che la percentuale di residenti di Stoccolma che sono immuni potrebbe essere molto maggiore di quanto pensiamo. Data la virulenza dell’infezione, così come l’interazione della popolazione della città, Stoccolma potrebbe essere già molto vicina all’immunità di gregge. Il calo dei “nuovi casi” suggerisce fortemente che l’immunità sta bloccando la diffusione dell’agente patogeno, il che significa che il virus si sta gradualmente estinguendo. Se questo è ciò che sta accadendo attualmente, allora alla Svezia sarà probabilmente risparmiata una “seconda ondata” della pandemia.
L’economia della Svezia; non così brillante
Si prevede che l’economia svedese si contrarrà a un ritmo paragonabile a quello dei suoi vicini. Guardate questo estratto da un articolo di NPR:
“Anche senza un blocco a livello nazionale, l’economia svedese ha subito un duro colpo perché la gente continua a seguire le linee guida del governo e a rimanere a casa… La Banca Centrale svedese, la Riksbank, ha fornito due potenziali scenari per le proiezioni economiche del Paese nel 2020. 
“Nonostante le misure globali sia in Svezia che all’estero, le conseguenze economiche della pandemia saranno considerevoli. Le conseguenze per l’economia varieranno a seconda di quanto durerà la diffusione del contagio e di quanto a lungo saranno in vigore le restrizioni attuate per rallentarlo”, ha dichiarato la Riksbank in un comunicato di aprile.
Entrambi gli scenari prevedono un aumento del tasso di disoccupazione e una contrazione del prodotto interno lordo del Paese. La banca centrale prevede un aumento della disoccupazione dal 6,8% al 10,1% e una contrazione del PIL fino al 9,7% quest’anno a causa della pandemia”. (“La Svezia non raggiungerà l’immunità di gregge a maggio“, NPR)
 In conclusione: la Svezia sta per affrontare una profonda recessione, proprio come i paesi che hanno attuato misure più severe. Cosa si è guadagnato a contrastare questa tendenza?
Forse nulla, ma mi aspetto che sarà molto più facile e meno costoso per la Svezia attrezzarsi per raggiungere la piena capacità produttiva rispetto a qualsiasi altro Stato in isolamento. E la Svezia non dovrà fare i conti con le chiusure perturbanti dovute a sporadiche epidemie come quelle che abbiamo visto di recente in Germania, Corea del Sud e Cina. In realtà, questo potrebbe essere un problema ricorrente nei Paesi che ripongono le loro speranze nella ricerca dei contatti o nelle quarantene. Al contrario, la Svezia ha scommesso sull’immunità alla vecchia maniera, sviluppatasi grazie all’esposizione controllata di persone più giovani e a basso rischio che hanno rafforzato le proprie difese naturali interagendo con i loro amici e le loro famiglie come farebbero normalmente. È chiaro che hanno fatto l’unica scelta sensata.
La Svezia ha dimostrato che è possibile contrastare una pandemia mortale e allo stesso tempo preservare la libertà personale. Solo loro hanno trionfato dove altri hanno fallito.
Link: www.unz.com 
Traduzione pro-bono di Cinthia Nardelli per ComeDonChisciotte

26 giugno 2020

Cosa svelano le manifestazioni USA, di Thierry Meyssan


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Le manifestazioni non sono più contro il razzismo ma contro i simboli della storia del Paese. A protezione dei monumenti è stata dispiegata la Guardia Nazionale: nella foto, il 2 giugno al Lincoln Memorial di Washington.

Le manifestazioni contro il razzismo negli Stati Uniti sono rapidamente diventate veicolo delle idee difese dal Partito Democratico. Non è più una lotta affinché tutti abbiano gli stessi diritti, né una messa in discussione dei pregiudizi di taluni poliziotti: è la riapertura di un conflitto culturale, col rischio d’una nuova guerra di secessione.

Le manifestazioni contro il razzismo diffuse un po’ ovunque in Occidente mascherano l’evoluzione del conflitto negli Stati Uniti: dalla contestazione di quanto residua della schiavitù dei Neri, si va verso un altro tipo di scontro, suscettibile di rimettere in causa l’integrità del Paese.
La scorsa settimana ricordavo che gli Stati Uniti avrebbero dovuto dissolversi dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, sulla cui esistenza si sostenevano. Il progetto imperialista (la “Guerra senza fine”) promosso da George W. Bush permise tuttavia il rilancio del Paese all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001. Nello stesso articolo rimarcavo anche come negli ultimi decenni la popolazione americana si sia molto spostata, per raggrupparsi secondo affinità culturali [1]. I matrimoni interrazziali sono di nuovo in diminuzione. Da questi elementi ho tratto la conclusione che l’ingresso nella contestazione di altre minoranze oltre ai Neri avrebbe minacciato l’integrità del Paese [2].
È proprio quanto accade oggi. Il conflitto non contrappone più Neri e Bianchi: in alcune manifestazioni antirazziste i Bianchi sono maggioranza, ispanici e asiatici si sono uniti ai cortei, il Partito Democratico si è intromesso.
A iniziare dal mandato di Bill Clinton, il Partito Democratico si è identificato con il processo di globalizzazione; una posizione che il Partito Repubblicano ha sostenuto tardivamente, senza peraltro mai adottarla appieno. Donald Trump rappresenta una terza via: quella del “sogno americano”, ossia dell’imprenditoria contrapposta alla finanza. Trump si è fatto eleggere proclamando American First!, slogan che non fa riferimento al movimento isolazionista filonazista degli anni Trenta, come da taluni sostenuto, ma alla rilocalizzazione, come si è visto nel prosieguo del suo mandato. Trump ha certamente avuto il sostegno del Partito Repubblicano, ma rimane un “jacksoniano”, non è nient’affatto un “conservatore”.
Come ha dimostrato lo storico Kevin Phillips – consigliere elettorale di Richard Nixon – la cultura anglosassone ha provocato tre guerre civili [3]:
– la prima guerra civile inglese, cosiddetta Grande Ribellione, che contrappose lord Cromwell e Carlo I (1642-1651);
– la seconda guerra civile inglese, o Guerra d’Indipendenza americana (1775-1783);
– la terza guerra civile anglosassone, o Guerra di secessione americana (1861-1865).
Quanto sta accadendo potrebbe portare alla quarta guerra civile. È quel che sembra temere l’ex segretario alla Difesa, Jim Mattis, che ha dichiarato a The Atlantic di essere preoccupato per la politica divisiva e non unitaria del presidente Trump.
Torniamo alla storia degli Stati Uniti per collocare le forze in campo. Il presidente populista Andrew Jackson (1829-1837) oppose il veto alla Banca federale (Fed), istituita da Alexander Hamilton, uno dei padri della Costituzione favorevole al federalismo perché violentemente contrario alla democrazia. Da discepolo di Jackson, oggi Donald Trump si oppone alla Fed.
Vent’anni dopo Jackson ci fu la Guerra di secessione, cui tutti i manifestanti di oggi fanno riferimento, ritenendola una lotta fra il Sud schiavista e il Nord difensore dei diritti dell’uomo. Il movimento, nato da un fatto di cronaca razzista (il linciaggio di un nero, George Floyd, da parte di un poliziotto bianco di Minneapolis), oggi prosegue con la distruzione delle statue dei generali sudisti, soprattutto di Robert Lee. Fatti di questo tipo erano già accaduti nel 2017 [4], ma ora stanno acquisendo sempre più rilevanza e vi partecipano governatori del Partito Democratico.
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Il governatore democratico della Virginia, Ralph Northam, ha annunciato la rimozione, su richiesta di manifestanti bianchi, di una celebre statua del generale Lee. Non si tratta più di lottare contro il razzismo, bensì di distruggere i simboli dell’unità del Paese.
È una narrazione che non corrisponde affatto alla realtà: all’inizio della guerra di Secessione, Nordisti e Sudisti erano entrambi schiavisti, ma alla fine erano entrambi anti-schiavisti. La fine della schiavitù non deve nulla agli abolizionisti; al contrario, deve tutto all’urgenza delle forze in campo di reclutare nuovi soldati.
La Guerra di secessione oppose un Sud agricolo, cattolico e ricco, a un Nord industriale e protestante, che voleva fare fortuna. Si è cristallizzata attorno alla questione dei diritti di dogana, che i Sudisti volevano fossero fissati dagli Stati federati e che i Nordisti invece volevano fossero aboliti fra gli Stati federati, nonché definiti dallo Stato federale.
Perciò, demolendo i simboli sudisti, i manifestanti odierni non se la prendono con i residui della schiavitù, ma contestano la concezione sudista dell’Unione. È soprattutto ingiusto prendersela con il generale Lee, che mise fine alla Guerra di secessione rifiutandosi di continuare la guerriglia dalle montagne e scegliendo l’unità nazionale. In ogni caso, questo deterioramento della protesta apre effettivamente la via a una quarta guerra civile anglosassone.
Nord e Sud non corrispondono più a realtà geografiche. Oggi si potrebbe parlare di Dallas contro New York e Los Angeles.
Non è possibile scegliere, della storia di un Paese, gli aspetti che più ci aggradano e distruggere quelli che giudichiamo negativi, senza contestualmente rimettere in causa quanto costruito nell’insieme.
Riprendendo lo slogan di Richard Nixon durante le elezioni del 1968, «Legge e Ordine» (Law and Order), il presidente Trump non predica l’odio razzista, come gli attribuiscono numerosi commentatori, ma si riferisce al pensiero del suo autore, Kevin Philipps, citato in precedenza. Intende comunque far trionfare il pensiero di Andrew Jackson contro la Finanza, appoggiandosi alla cultura sudista: non vuole certamente smembrare il Paese.
Il presidente Donald Trump si trova oggi nella stessa situazione di Mikhail Gorbaciov alla fine degli anni Ottanta: l’economia – non la finanza – del Paese è in netto declino da decenni, ma i concittadini si rifiutano di ammetterne le conseguenze [5]. Gli Stati Uniti possono sopravvivere solo prefiggendosi nuovi obiettivi, ma un cambiamento di tale portata è particolarmente difficile in periodo di recessione.
Donald Trump si aggrappa paradossalmente al “sogno americano” (ossia l’opportunità di fare fortuna) proprio nel momento in cui la società americana è boccata, le classi medie stanno scomparendo e i nuovi immigrati non sono più gli europei. Nello stesso tempo i suoi oppositori (Fed, Wall Street e Silicon Valley) propongono un nuovo modello, ma a scapito delle masse.
Il problema dell’URSS era diverso, tuttavia la situazione era simile: Gorbaciov ha fallito e l’Unione Sovietica si è dissolta. Sarebbe sorprendente che il prossimo presidente degli Stati Uniti, chiunque sarà, ci riuscisse.
Traduzione
Rachele Marmetti
Giornale di bordo