08 maggio 2020

La denuncia di Robert F. Kennedy Jr. sul piano vaccinale globale di Bill Gates e la sua richiesta di immunità


Robert F. Kennedy Junior,  nipote del Presidente J.F. Kennedy e figlio del fratello Robert, sta conducendo una dura battaglia contro la campagna vaccinale globale di Bill Gates, battaglia che merita di avere spazio ed essere seguita con attenzione perché solo la massima libertà di critica e di informazione ci può tutelare dal rischio che la salute della popolazione mondiale possa essere subordinata a interessi poco trasparenti. Robert F. Kennedy Jr.  denuncia nel primo articolo i vari scandali che hanno caratterizzato i piani vaccinali di Bill Gates e dell’OMS nei paesi poveri del terzo mondo, mentre nel secondo riferisce dei grossi rischi connessi alla accelerazione della ricerca  per un vaccino contro il coronavirus, contro i quali non a caso Bill Gates si sta premunendo facendosi garantire l’immunità

Traduzione di Margherita Russo

Il piano vaccinale globalista di Bill Gates: un’agenda win-win per l’industria farmaceutica e la vaccinazione obbligatoria 

di Robert F. Kennedy Jr. su Childrenhealthdefence.org, 9 Aprile 2020

I vaccini, per Bill Gates, sono un business filantropico strategico che alimenta la sua innumerevole serie di altre attività legate ai vaccini (tra cui l’ambizione di dominare attraverso la Microsoft l’industria globale di identificativi vaccinali digitali), e che gli conferisce un potere dittatoriale sulla politica sanitaria globale.

L’ossessione di Gates per i vaccini sembra alimentata dalla sua convinzione di salvare il mondo tramite la tecnologia. Promettendo di eradicare la poliomielite, con la sua quota di 450 milioni su un capitale di 1,2 miliardi di dollari, Gates ha preso il controllo del National Technical Advisory Group of Imunizatione (NTAGI) Indiano e ha imposto un esteso piano di vaccini antipolio attraverso programmi di immunizzazione successivi per tutti i bambini sotto i 5 anni. I medici indiani hanno incolpato la campagna di immunizzazione di Gates per la devastante epidemia di paralisi flaccida acuta non-polio (NPAFP) che ha reso paralitici 496.000 bambini tra il 2000 e il 2017, molto oltre quelli che sono i dati normalmente attesi. Nel 2017, il governo indiano ha annullato il regime vaccinale di Gates ed estromesso Gates e i suoi programmi vaccinali dall’India. I tassi di paralisi da poliomielite sono diminuiti immediatamente.

Nel 2017, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ammesso con riluttanza che l’esplosione globale della poliomielite è prevalentemente causata dal ceppo vaccinale. Le epidemie più violente avvenute in Congo, nelle Filippine e in Afghanistan sono tutte legate ai vaccini. Nel 2018, il 70% dei casi globali di poliomielite sono stati causati dai vaccini.

Nel 2014, la Fondazione Gates ha finanziato dei test di laboratorio per vaccini sperimentali per l’HPV, sviluppati da GSK e Merck, su 23.000 ragazze in remote province rurali indiane. Circa 1.200 di loro hanno riportato gravi effetti collaterali, tra cui malattie autoimmuni e infertilità. Sette ragazze sono morte. Dalle indagini del governo indiano è emerso che i ricercatori finanziati da Gates hanno commesso gravissime violazioni etiche: pressioni sulle vulnerabili ragazze dei villaggi perché aderissero alla sperimentazione, prepotenze verso i genitori, moduli per il consenso falsificati, e rifiuto di cure mediche alle ragazze danneggiate. Il caso è attualmente all’esame della Corte Suprema indiana.

Durante la campagna MenAfriVac di Gates del 2002 nell’Africa sub-sahariana, gli operatori di Gates hanno vaccinato forzatamente migliaia di bambini africani contro la meningite. Circa 50 dei 500 bambini vaccinati ha sviluppato paralisi. I media sudafricani hanno commentato: “le cause farmaceutiche ci considerano cavie da laboratorio”. L’ex dirigente economico di Nelson Mandela, il Professor Patrick Bond, ha definito le pratiche filantropiche di Gates “spietate ed immorali“.

Nel 2010, Gates ha messo a disposizione dell’OMS $ 10 miliardi affermando: “Dobbiamo fare in modo che questo sia il decennio dei vaccini.

Nel 2014, l’Associazione Medici Cattolici del Kenya ha accusato l’OMS di sterilizzare chimicamente contro la loro volontà milioni di donne keniote con una campagna vaccinale “antitetanica”. Laboratori indipendenti hanno rinvenuto agenti sterilizzanti in ciascuno dei vaccini testati. Accuse simili sono state mosse dalla Tanzania, dal Nicaragua, dal Messico e dalle Filippine.

Uno studio del 2017 (Morgensen et al. 2017) ha dimostrato che il famoso vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare (DTP) dell’OMS continua ad uccidere più bambini africani di quanti non ne uccida la stessa malattia che intende prevenire. Le bambine vaccinate hanno un tasso di mortalità  5 volte superiore rispetto a quello dei bambini non vaccinati.

L’OMS ha rifiutato di ritirare il letale vaccino, che continua ad infliggere a milioni di bambini africani ogni anno.

In tutto il mondo, esperti in salute pubblica accusano Gates di dirottare fondi dell’OMS dai progetti che hanno dimostrato di prevenire realmente le malattie infettive, quali acqua pulita, igiene, nutrizione e sviluppo economico. La Gates Foundation  spende in queste aree solo circa 650 milioni dei suoi 5 miliardi di dollari di budget.  Dicono che devia le risorse dell’agenzia al servizio della sua personale filosofia secondo la quale la salute si ottiene solo con una puntura.

Oltre a usare la sua filantropia per controllare OMS, UNICEF, Gavi e PATH, Gates finanzia compagnie farmaceutiche private che producono vaccini e ha fatto una donazione di 50 milioni di dollari a 12 società farmaceutiche per accelerare lo sviluppo di un vaccino per il coronavirus.  Nelle sue recenti apparizioni sui media, Gates si dimostra fiducioso del fatto che la crisi Covid-19 gli darà l’opportunità di imporre i suoi programmi vaccinali obbligatori anche sui bambini americani.


Perché Bill Gates vuole la completa immunità?

di Robert F. Kennedy Jr. su Childrenhealthdefence.org, 11 Aprile 2020

Perché persino due medici come Paul Offit e Peter Hotez, che sono tra i più accaniti promotori di vaccini al mondo, stanno freneticamente lanciando l’allarme sugli inauditi e inquietanti rischi inerenti allo sviluppo di un vaccino per il coronavirus?

Gli scienziati tentarono già la prima volta di sviluppare un vaccino per il coronavirus dopo l’epidemia di SARS-CoV del 2002 in Cina. Team di scienziati statunitensi e internazionali sperimentarono sugli animali con i quattro vaccini più promettenti. In un primo momento, l’esperimento sembrò avere successo, e tutti gli animali mostravano una robusta risposta anticorpale al coronavirus. Ma quando gli scienziati hanno esposto gli animali vaccinati al virus in natura, i risultati sono stati catastrofici. Gli animali vaccinati manifestavano risposte iper-immunitarie, che partendo da un’infiammazione diffusa in tutto il corpo portava ad infezioni polmonari letali. L’unico precedente in cui i ricercatori avevano visto una simile “risposta immunitaria potenziata” era stato negli anni ’60, con i test sugli esseri umani del vaccino RSV, che infatti furono per questo archiviati. Due bambini rimasero uccisi.

Offit, Hotez e persino Anthony Fauci (che se lo è lasciato scappare in un momento di distrazione), hanno avvertito che qualsiasi nuovo vaccino contro il coronavirus potrebbe innescare reazioni immunitarie letali quando le persone vaccinate entrano in contatto con il virus in natura. Eppure, invece di procedere con cautela, Fauci ha fatto la scelta spericolata di velocizzare le procedure per autorizzare il suo vaccino (finanziato in parte da Gates), saltando i test sugli animali (che potrebbero mettere precocemente in guardia su possibili risposte immunitarie incontrollate).

Lo stesso Gates è talmente preoccupato dei possibili rischi da aver dichiarato che non distribuirà i suoi vaccini finché tutti i governi mondiali non accetteranno di assicurarlo contro le eventuali cause legali. Il 4 febbraio scorso, quando negli Stati Uniti c’erano solo 11 casi positivi, gli Stati Uniti hanno silenziosamente spinto  per l’approvazione di regolamenti federali che sollevino i produttori di vaccini per il coronavirus da qualsiasi responsabilità.

07 maggio 2020

VOCE DELLE VOCI - LA NEWSLETTER DEL 7 MAGGIO 2020

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VOCE DELLE VOCI - LA NEWSLETTER DEL 7 MAGGIO 2020

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GRUPPO MARCUCCI / KEDRION, LE RICERCHE SU COVID-19 NEI LABORATORI DI WUHAN

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Horror & Mistery di un diavolo di virus

Dalla padella (Trump) alla brace (Johnson)

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CONTAGEON / PARLA Il CONSULENTE-EPIDEMIOLOGO

RACCOLTA UE PER IL VACCINO / BILL GATES DIRIGE L’ORCHESTRA

BIG PHARMA / UTILI RECORD NEL PRIMO TRIMESTRE 2020

POTERI FORTI / L’ULTIMO MESSAGGIO DI GIULIETTO CHIESA

2 Maggio 2020  di PAOLO SPIGA
In difesa di Julien Assange come simbolo di democrazia e di libera informazione. Per denunciare gli attuali, immensi pericoli che tutti corriamo per la privazione dei più elementari diritti. E per la presenza di forze oscure che minano le nostre esistenze. Sono le ultime parole pronunciate in ...continua

MAEVE KENNEDY / PERCHE’ E’ STATA SUBITO ARCHIVIATA LA SUA “MORTE”?


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I DECRETI DI CONTE SONO INCOSTITUZIONALI? ► MICHETTI: "SI È APERTA UNA STRADA PERICOLOSISSIMA"

06 maggio 2020

Garavelli, primario: la quarantena uccide l’Italia, non il virus

Bambini Quanto può durare, un paese bloccato in una quarantena? Colleghi psichiatri mi dicono che la gente comincia a soffrire. Forse, Covid farà più morti per le patologie psichiatriche (omicidi, litigi in famiglia e tra vicini) e per la crisi sociale e la fame che indurrà, che di per se stesso. Dobbiamo affrontare il toro per le corna: se le misure quarantenarie non dimostrano di funzionare, e se il virus non finisce la sua corsa per ragioni climatiche, allora bisogna pensare a qualcos’altro. Non bisogna bloccare il paese: abbiamo strumenti di chemioterapia e di chemioprofilassi analoghi a quelli a disposizione dell’India per contrastare la malaria. Abbiamo un farmaco come il Plaquenil (l’idrossiclorochina) che si sta dimostrando assolutamente efficace, e non solo per il trattamento delle forme acute in fase iniziale, determinando nella maggior parte dei casi lo sfebbramento in terza giornata e soprattutto riducendo il Covid e quindi la pressione sugli ospedali. Soprattutto: essendo un farmaco di lunga durata (22 giorni), che si concentra nelle cellule dell’alveo respiratorio, e che ha una larga tradizione d’impiego nella profilassi della malaria, con il Plaquenil potremmo anche fare una politica “coloniale”, come quella inaugurata in India dagli inglesi nei confronti della malaria. Abbiamo il coraggio di fare queste scelte?
Altrimenti, dalla segregazione non usciremo più (specie considerando che la speranza in un vaccino si sta allontanando sempre di più). Spero siano infondate, le perplessità che nutro nei confronti della vaccinazione per il coronavirus: io credo nei vaccini, incluso quello per l’influenza stagionale (la compresenza di influenza e Covid non è augurabile a nessuno). Ma dobbiamo prendere il toro per le corna. Ora abbiamo questa medicina preziosa. Probabilmente, in futuro, la farmacopea ce ne darà altre, a nostra disposizione. La malaria non siamo riusciti a vincerla: è tuttora endemica in molte zone del mondo, e altre ne ha conquistate. Per la malaria ci sono diversi vaccini, sperimentati da anni, che però non offrono un risultato risolutivo. Ma i paesi alle prese con la malaria – mezzo mondo – non si sono chiusi nella quarantena: affrontano il problema, lo vivono, e hanno medicine assolutamente efficaci, che curano i fatti acuti dei residenti e “profilassano” chi visita quei paesi per poco tempo. Questo è quello che abbiamo a disposizione. Dobbiamo essere realisti e affrontare il problema, non fare guerre sui singoli prodotti o sofismi sugli effetti collaterali (sappiamo benissimo che nessuna medicina è assolutamente “safe”, sicura, e infatti questi prodotti devono essere somministrati dai medici di base, che conoscono bene i loro pazienti).
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, su 14.000 decessi, solo l’1,2% erano persone sotto i 50 anni (è evidente che il pericolo si concentra sulla popolazione anziana). Covid è molto diffusibile, ma Ebola o il vaiolo sono assai più letali: nel caso di Ebola, muore anche un paziente su due. Da un punto di vista infettivologico – lo dico con un certo cinismo – il vaiolo e Ebola sono virus “seri”. Covid è un virus influenzale che ha un’unica disgrazia: è estremamente diffusibile. Fare tamponi a tutti? Ma in che tempi avremmo la risposta? E poi: vogliamo separare ulteriormente le famiglie, come propone qualcuno nell’Oms, creando campi di concentramento per contagiati? Chiudere il mondo per il Covid? Il mondo soffre malattie infettive come la tubercolosi, l’Aids nei paesi in via di sviluppo, la malaria e il morbillo infantile che provocano milioni e milioni di morti. Nei Pazienti Covidconfronti di queste malattie, in quesi paesi si può fare poco o nulla. Eppure nessuno di loro ricorre alla quarantena, continuano ad avere milioni di morti – e parliamo anche di economie emergenti, che fanno impallidire quella italiana.
Nonostante il Covid, secondo l’Istat, nel primo trimestre del 2019 sono morti di polmonite più italiani rispetto a quelli deceduti del primo trimestre 2020? Evidentemente, la popolazione quest’anno è più salda. Ad esempio: è stata vaccinata di più e meglio nei confronti dell’influenza, che in questo periodo ha causato meno mortalità rispetto agli anni precedenti (e poi è arrivato il Covid). Ma mi sembra un po’ tutto sottostimato: gli asintomatici, i malati, i morti nelle case di riposo. Stando però ai numeri globali, la mortalità di Covid non è così allarmante: sembra inferiore all’1% (cioè: molto meno delle normali polmoniti batteriche stagionali, la cui mortalità è del 4-5% senza mettere in quarantena nessuno). La sfida a Covid non si vince negli ospedali, ormai al collasso e oltretutto non idonei. Si vince sul territorio, così come – da sempre – si vince la sfida contro la malaria.
Il caso della Svezia? Sembra dimostrare una tendenza diffusa in moltissimi governi: prima annunciano l’intenzione di controllare il fenomeno mettendo nel conto alcune vittime, poi si spaventano di fronte ai timori dell’opinione pubblica e così attuano misure di contenimento, essenzialmente per far vedere che stanno facendo qualcosa per limitare i danni, nell’immediato. Ma se poi avremo altre ondate pandemiche, largamente annunciate, il protrarsi della segregazione peggiorerà ulteriormente il bilancio, con il collasso socio-economico e la comparsa di strane dinamiche politiche. Poi, certo, è evidente l’assoluta sovrapponibilità tra la diffusione più acuta di Covid e le aree a maggiore diffusione di inquinanti come le polveri Il professor Garavellisottili. E’ una conferma grave e visiva: le polveri sottili determinano un’infezione cronica dell’alveo respiratorio (fino alla bronchite cronica ostruttiva). Un organo infiammato cronicamente può reagire in modo eccessivo all’infezione (come avviene in Covid-19).
Il vero problema è l’enorme diffusibilità di Covid. Se lasciato libero di correre, c’è il rischio che infetti 30-40 milioni di italiani. Visto che produce patologie nel 10% dei contagiati, vuol dire 4 milioni di italiani che si ammalano, potenzialmente 2 milioni di malati ricoverati in ospedale, di cui teoricamente un milione di questi in terapia intensiva, e – sempre potenzialmente – attorno al mezzo milione di morti. Dal punto di vista statistico, Covid non è poi un granché. L’80-90% della popolazione si infetta in modo asintomatico o “paucisintomatico”, il 10% si ammala, il 5% si ammala in modo grave e l’1% decede. E’ l’enorme diffusibilità a motivare i grandi numeri. Questo spaventa, di Covid: non la gravità della patologia in se stessa, ma i numeri che può scatenare. Lo stiamo vedendo: Covid-19 prosegue la sua corsa folle, nel mondo, che lascia dietro di sé una striscia di malati e di morti. Covid è ormai una patologia diffusa ovunque (quindi, possiamo definirla pandemia) con il maggior numero di casi – e di vittime – negli stessi Stati Uniti d’America. Al momento, quindi, pare un “cavallo pazzo” che sta correndo libero nelle praterie, nonostante tutti i tentativi di contenimento messi in opera, che evidentemente stanno rallentando – ma non bloccando – questo cavallo.
I tentativi di contenimento possono funzionare per patologie da contatto, come Ebola, dove tutti i diffusori sono sintomatici e quindi facilmente identificabili. In Ebola io identifico i malati (che poi sono anche quelli che infettano); dato che il contagio avviene per contatto, io li confino in quarantena e limito la malattia. Covid invece è un problema: è una patologia a trasmissione prevalentemente respiratoria, ma non solo. C’è il grande iceberg del sommerso: l’80-90% dei casi sono soggetti antistomatici, che verosimilmente possono trasmettere l’infezione. Soprattutto, nei confronti di Covid il sistema immunitario pare non essere così efficace. Di recente sono state descritte delle riattivazioni in pazienti ritenuti precedentemente guariti (circa il 10%), così come – potenzialmente – sono possibili delle re-infezioni. Quindi si va a ragionare di una patologia che Plaquenilmagari dà un’acuzie, ma magari può dare anche delle recidive, e soprattutto può infettare cronicamente le nostre fosse nasali e di lì uscire in modo transitorio, continuando a determinare fonti di contagio, ben al di là delle misure di contenimento.
Picco e discesa? L’incremento dei casi è dovuto al fatto che vengono effettuati sempre più tamponi. Quanto ai tamponi, noi abbiamo pazienti francamente Covid che allo screening col tampone sono risultati negativi, pazienti positivi che non riescono a “negativizzare” e pazienti inizialmente con tampone positivo che poi diventa negativo: tutto dipende dal fatto che Covid viene eliminato a intermittenza, dal cavo rino-faringeo, e questo condiziona la risposta ondulante dei tamponi. E comunque, quello che cerco, trovo: più tamponi effettuo, e più casi trovo. Motivo: il sommerso è un numero enorme, stimato da diversi istituti prestigiosi. Si parla di milioni di italiani infettati da Covid: se facessimo i tamponi all’intera popolazione, troveremmo milioni di casi (e così in tutto il mondo). Una volta che finirà la quarantena, bisognerà vedere quanta popolazione si è infettata. E’ chiaro che un virus con questa diffusione potrebbe aver infettato, per dire, il 50-60% o anche il Tamponi70% della popolazione. Si tratterebbe quindi di proteggere quella parte di popolazione che non è stata infettata. E’ il concetto, vituperato, della cosidetta “immunità di gregge” del povero Boris Johnson.
Il problema però è un altro: questo ragionamento andrebbe bene se fossimo in presenza di una patologia che, una volta contratta (in modo più o meno sintomatico), desse un’immunità duratura, per il resto della vita. Ma, ahimè, ci sono grossissime preoccupazioni: una patologia che va incontro a riattivazioni, e probabilmente anche a re-infezioni, garantisce un’immunità per tutta la vita? Oppure: per quanto tempo la garantisce? O non la garantisce affatto? E se l’infezione naturale non garantisce un’immunità duratura, quanto la può garantire la vaccinazione, che “mima” l’infezione naturale ma è meno efficace? Il rischio è di trovarci, nel giro di mesi o anche di anni, di fronte a successive ondate pandemiche. La speranza allora è una sola: dato che questo virus è “tracimato”, manifestando in pieno la sua aggressività e contagiosità (forse un po’ meno la sua mortalità), visto che dal punto di vista ecologico tende ad adattarsi all’uomo, potrebbe ridurre la sua aggressività (che poi si estrinseca fino alla mortalità) e trasformarsi nel tempo in un banale agente del raffreddore – come lo sono gli altri coronavirus, suoi parenti stretti. Avverrà questo? E’ un auspicio, validato da tante evoluzioni di virus. Quanto tempo impiegherà, però, solo il buon Dio lo può sapere.
Da pandemico, il virus sta diventando endemico? Dovremo conviverci a lungo? Pare proprio di sì, ma non lo dico solo io. Molti colleghi infettivologi si stanno rassegnando a questa idea. Faccio un esempio semplice. Ci sono nazioni in pieno sviluppo economico che convivono con determinate malattie endemiche, forse anche più letali di Covid. La malaria, per esempio. E’ presente stabilmente in certe aree del Brasile, del Messico e dell’India. Nonostante ciò, questi paesi (in pieno sviluppo, come l’India) non applicano nessuna quarantena. Semplicemente, applicano vecchie misure coloniali, di buon senso, dettate loro dagli inglesi. Se la permanenza di uno straniero è di breve durata, si fa una profilassi farmacologica settimanale. Se invece L'esercito in stradanella regione malarica si vive a lungo, si trattano i fenomeni acuti. In India e non solo, si ritiene che ogni episodio febbrile sia dovuto in primis alla malaria. In quel caso si fa un ciclo di terapia breve per la malaria: se è malaria, va via; se non è malaria, dopo si penserà ad altro.
Questa pratica potrebbe essere assolutamente estesa anche a Covid: o Covid si estingue per conto suo, perché ha finito di infettare la popolazione o perché le condizioni climatiche non ne consentono più la trasmissione, se non si trova un vaccino non possiamo bloccare il paese in una quarantena infinita. E allora dovremo pensare a politiche di chemioterapia precoce, trattando i casi iniziali acuti – come si fa in molti paesi del mondo, economicamente emergenti, senza bloccarli affatto. In paesi come il Belgio, ai cittadini, si sta concedendo molta libertà: segno forse che le autorità stanno ragionando nei termini da me proposti. D’altronde, gli italiani come reagirebbero di fronte all’imposizione di un altro mese di segregazione? Bisogna essere realisti: io temo che la gente finirà per uscire lo stesso, e ci saranno disordini sociali. Pensiamo a quanti danni economici, psichici e sociali induce, questa quarantena. Forse quello che pavento è uno scenario da fantapolitica: ma temo che alla fine la gente uscirà per le strade, e il governo dovrà fare di necessità virtù (a meno di non schierare l’esercito, ma a quel punto non so più cosa potrebbe capitare).
(Pietro Luigi Garavelli, dichiarazioni rilasciate nella diretta web-streaming “I silenzi e la cura”, condotta su YouTube da Fabio Frabetti di “Border Nights” l’8 aprile 2020, con la partecipazione di Gianfranco Carpeoro. Il professor Garavelli, virologo clinico, dirige il reparto malattie infettive dell’Ospedale Maggiore di Novara).

05 maggio 2020

Bill Gates / Un “Certificato Digitale Di Immunita’” Per Tutti


In un prossimo futuro per circolare non basteranno passaporti e carte di identità. Tutti i cittadini dovranno essere muniti di un “Certificato Digitale di Immunità”.
E’ l’annuncio del super miliardario mondiale, Bill Gates, che in fatto di previsioni ci azzecca sempre. Come ha fatto cinque anni fa, quando nel corso di una ormai celebre conferenza, vide e descrisse un futuro non più a base di guerre ma di pandemie in grado di ridurre drasticamente le popolazioni.

Melinda Gates. In apertura il marito Bill Gates
Intanto, il fondatore di Microsoft – che pochi giorni fa ha lasciato il comando della corazzata ai suoi ufficiali, per tuffarsi nei nuovi business – si sta rimboccando le maniche proprio sul fronte della ricerca nel campo dei vaccini: ormai conta più di un capo di Stato, e come tale viene trattato a livello internazionale. A partire da quella Organizzazione Mondiale per la Sanità che con la sua Fondazione lautamente finanzia.
Partiamo dalle news sul fronte dei vaccini anti Covid-19. Dove la Bill e Melinda Foundation lavora a stretto gomito con CEPI, acronimo di Coalition for Epidemic Preparedness Innovations. Quest’ultima è un’organizzazione no profit che raccoglie big del settore privato (tra cui lo stesso Gates in pole position) e governi per incentivare lo sviluppo di vaccini contro le epidemie (una struttura che ricalca un po’ quella dell’OMS).

La corsa per la produzione del primo vaccino anti Covid-19 è partita, e Bill Gates partecipa con sette squadre alla gara internazionale, una vera Olimpiade anti coronavirus. Si tratta di sette strutture impegnate, da poco o da più tempo, nel campo dei vaccini.

INOVIO AL TOP DELLA CORSA AL VACCINO
In prima fila corre Inovio Pharmaceuticals, che qualche giorno fa ha annunciato il via alla sperimentazione su 40 volontari sani del suo vaccino, INO-4800.
Si tratta addirittura di una start up biotech, germogliata qualche anno fa in un baleno. Inovio ha effettuato un mare di investimenti fino ad oggi senza ottenere risultati concreti, ma puntando tutte le sue fiche sulla ricerca.
Magicamente ora a Wall Street la società vale 1,2 miliardi di dollari. Una cifra stratosferica – secondo gli esperti di borsa – per una società che fino ad oggi aveva perdite per 100 milioni di dollari all’anno con ricavi mai superiori ai 50.
I 40 adulti che hanno ricevuto la prima dose di Ino-4800 ne riceveranno una seconda tra quattro settimane. Le risposte immunitarie e i dati di sicurezza sono previsti entro la fine dell’estate.
In programma c’è la produzione di 1 milione di dosi del vaccino per la fine del 2020, in attesa di sviluppare nuove partnership e di ricevere fondi privati e soprattutto pubblici per sviluppare ulteriori filoni di ricerca.

Dichiara il Ceo di InovioJoseph Kim: “Senza un vaccino sicuro ed efficace è probabile che questa pandemia continui a minacciare vite umane e mezzi di sussistenza. Il nostro team di ricercatori, partner e finanziatori si è mobilitato da quando la sequenza genetica del virus è diventata disponibile all’inizio di gennaio e continua a lavorare 24 ore su 24 per garantire l’avanzamento rapido di Ino-4800 attraverso questo studio di fase 1”.
Chi vincerà a questo punto la sfida? La rampante Inovio o il colosso Johnson & Johnson sponsorizzato nientemeno che dal presidente degli Usa Donald Trump, molto generoso nell’aprire alla star di Big Pharma la borsa dei finanziamenti pubblici?
Un paio di altri elementi. Ad ottobre 2019 si svolse una “profetica” simulazione pandemica, organizzata dal World Economic Forum, dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e dalla Fondazione di Bill e Melinda. Venne addirittura elaborato un sondaggio campione, al quale il 65 per cento degli intervistati disse che avrebbe accettato di sperimentare su se stesso un vaccino anti Covid-19.
E’ di questi giorni, invece, il lancio del cosiddetto “acceleratore terapeutico”, “The therapeutical accelerator”, uno strumento finanziato con 125 milioni di dollari stanziati, oltre che dalla Fondazione, anche da Wellcome Trust e da Mastercard.
Un’altra carta da giocare nella pandemic war.

IL NUOVO PASSAPORTO IMMUNITARIO
Passiamo ora alle fresche dichiarazioni rilasciate da Bill Gates sui temi della pandemia.
“Siamo in presenza di numeri drammatici. Ma la situazione poteva essere anche peggiore, con una percentuale di infetti pari al 30 per cento”.

Donald Trump
“Il grosso rischio è che la sofferenza fisica si trasformi in sofferenza sociale, per vie delle gravissime conseguenze economiche che possono seguire a tutto ciò”.
“L’importante, ora, è contenere la pandemia. Contenere il numero dei ricoveri. Restare entro l’1 per cento della popolazione infettata”.
“Si rischia il blocco totale degli spostamenti per i cittadini. Per questo bisogna pensare ad un certificato digitale immunitario, che può facilitare la riapertura e la circolazione delle persone”.
La chiama “Digital Immunity Proof”, una sorta di card in cui è contenuta la storia del cittadino-paziente ai tempi del coronavirus. Se c’è stato un ricovero, quanto è durato, qual è la situazione attuale. Una card che, ovviamente, andrà aggiornata e verrà periodicamente controllata, con estrema severità. 
Ovviamente, a questo punto, un Grande Fratello sarà in grado di controllare tutti noi.