23 marzo 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 22 mar 2019


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Nord Stream 2 au cœur de la succession de Jean-Claude Juncker
 

 
La politique énergétique US
 

 
Mehdi Nemmouche condamné à perpétuité
 

 
La dénomination de la Macédoine n'est toujours pas réglée
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Message attribué à Abdelaziz Bouteflika à l'occasion de la Fête de la Victoire
 

 
Déclaration de l'UE sur la République autonome de Crimée et la ville de Sébastopol
 

 
Déclaration des coprésidences de la Troisième conférence de Bruxelles sur l'aide à apporter pour l'avenir de la Syrie et des pays de la région
 

 
Résolution du Parlement européen du 12 mars 2019 sur l'état des relations politiques entre l'Union européenne et la Russie
 

 
Point de presse de Mike Pompeo sur le Venezuela
 

 
Message attribué à Abdelaziz Bouteflika prolongeant son mandat
 

 
« Sortez des traités, stupides ! »
 

 
« Faisons l'Europe comme il faut »
 

 
abonnement    Réclamations


SANGUE INFETTO / IL 25 MARZO A NAPOLI LA “STORICA” SENTENZA


Processo per il sangue infetto. A Napoli la sentenza verrà pronunciata il 25 marzo dal presidente della sesta sezionale penale del tribunale, Antonio Palumbo.
Una sentenza "storica", dal momento che le prime indagini risalgono a quasi 40 anni fa, il processo è cominciato a Trento 20 anni fa, poi trasferito a Napoli dove è ricominciato tre anni fa, aprile 2016.
Il capo di imputazione è man mano scalato da strage ad epidemia colposa ed infine ad omicidio colposo plurimo. La Voce ha scritto decine e decine di inchieste e articoli su quella tragedia largamente annunciata. Fin dal 1977…

BIG PHARMA & C.

Il tribunale di Napoli

Alla sbarra l'ex re mida della sanità ministeriale, Duilio Poggiolini, ed alcuni ex funzionari del gruppo Marcucci, da sempre oligopolista nella importazione, lavorazione e distribuzione di emoderivati.
Patriarca storico di quelle aziende Guelfo Marcucci, passato a miglior vita proprio alla vigilia del processo. Nel quale non sono mai entrati né il timoniere della corazzata di famiglia Kedrion, ossia il rampollo Paolo Marcucci, né tantomeno la sorella Marilina (ad inizio 2000 coeditore dell'Unità e oggi primattrice nella Fondazione che organizza il Carnevale di Viareggio) ed Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato e una carriera politica decollata sotto le protettive ali dell'ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo.
Grande amico della dinasty dei Marcucci e storicamente legato a Poggiolini (con il quale ha condiviso la condanna penale e civile per la Farmatruffa, con un risarcimento da 5 milioni di euro a testa), neanche Sua Sanità è mai entrato in questo processo, né come imputato e nemmeno come teste: quando ad esempio è stata chiamata a verbalizzare davanti alla sesta sezione del tribunale di Napoli anche la Dc Maria Pia Garavaglia, che gli è poi succeduta sulla poltrona di ministro.
Appena 9 le parti costituite in giudizio: malati o familiari di alcune vittime.


Andrea Marcucci

Ma la "strage del sangue infetto" conta almeno 5 mila caduti sul campo degli emoderivati killer. Una cifra superiore, ad esempio, rispetto a quella registrata in Inghilterra, dove si contano circa 3 mila vittime.
Paradosso nei paradossi, a Napoli il processo riguarda solo le case farmaceutiche nostrane – in particolare quelle del gruppo Marcucci – perché le azioni penali riferite alle case estere è stato archiviato e con ogni probabilità potrà ricominciare, non si sa in quale o in quali procure, dopo la conclusione di questo procedimento.
Tutto il processo è ruotato intorno ad un interrogativo base: riuscire a dimostrare il nesso causale tra l'assunzione (o le assunzioni) di emoderivati e l'insorgenza delle patologie che hanno condotto in molti casi alla morte.


I CONFLITTI DEL SUPER TESTE



L'avvocato Stefano Bertone

Un nesso che la difesa delle parti civili – ossia gli avvocati Stefano Bertone ed Ermanno Zancla – hanno dimostrato carte, documenti scientifici e perizie alla mano. E sono anche riusciti a provare la validità scientifica di "re-infezioni" e "sovra-infezioni". Proprio come quando un plotone di esecuzione ti uccide più volte.
Di diverso avviso il pubblico ministero, Lucio Giugliano, che fin dalla prima udienza ha chiesto l'assoluzione per alcuni imputati e nella sua requisitoria finale ha chiesto l'assoluzione di tutti gli imputati perché "il fatto non sussiste".
Ovviamente dello stesso avviso i legali degli imputati – in prima fila Alfonso Stile e Massimo Di Noia – che non vogliono sentire parlare di prescrizione ma chiedono una assoluzione piena nel merito (la stessa che chiede il pm).
Fin dalla prima udienza il pm Giugliano ha richiesto una perizia tecnica d'ufficio che – durata diversi mesi – ha partorito un vero e proprio topolino. La perizia, infatti, si è basata in modo particolare sulle tesi di un ematologo milanese, che poi è stato anche il primo teste di questo processo, maggio 2016, ossia Piermannuccio Mannucci.
Un teste in palese conflitto di interessi, visto è stato consulente (pagato) di Kedrion ed ha partecipato (gettonato) a svariati simposi nazionali e internazionali organizzati dalla stessa Kedrion.
Gli avvocati di parte civile hanno chiesto lo stralcio della posizione di Mannucci, accusato di falsa testimonianza.
Quando in udienza è stato chiesto all'ematologo meneghino da dove provenissero mai – a suo sapere – quegli emoderivati, così ha risposto: "Mi dicevano (il riferimento è ai funzionari delle aziende Marcucci, ndr) che era di fonte certa, sicura, proveniendo dai campus universitari americani e dalle casalinghe statunitensi". Alice nel Paese delle Meraviglie…

SANGUE DAL CARCERE

Elio Veltri

In successive verbalizzazioni due testi hanno fornito versioni opposte.
L'ematologo e scrittore Elio Veltri (autore del recente "L'Italia non è un paese per onesti", in cui un capitolo è dedicato ai traffici del sangue e dei suoi derivati) ha dichiarato che quei prodotti arrivavano dagli Stati Uniti, dall'Asia e dall'Africa.
Il regista americano Kelly Duda, autore dodici anni fa di uno choccante docufilm "Fattore VIII", ha illustrato i suoi due anni di lavoro e descritto per filo e per segno una delle fonti base di provenienza. Le carceri statunitensi, in particolare quello di Cummings, nell'Arkansas.
Un docufilm della BBC dello stesso anno (2007) ha illustrato i medesimi scenari.
Risale invece addirittura a 42 anni fa, luglio 1977, la prima inchiesta della Voce su quegli emoderivati: inchiesta in cui si parlava dei campi di raccolta organizzati nell'ex Congo belga dalle aziende del gruppo Marcucci, che proprio in quegli anni – metà/fine '70 – vedevano germogliare le loro fortune.
P.S. Grandi assenti, nei tre lunghi anni di processo partenopeo, i media. Si contano sulle dita di una (1) mano i nomi dei giornalisti che hanno fatto capolino nell'aula 212 del tribunale penale di Napoli.
C'è da sperare che almeno in occasione della sentenza si possa vedere qualcuno. Per rendere Memoria – oltre che Giustizia – alle migliaia di vittime della strage per il sangue infetto.

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22 marzo 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 22 mar 2019


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
Nord Stream 2 al centro della successione a Jean-Claude Juncker
 

 
La politica energetica degli USA
 

 
Mehdi Nemmouche condannato all'ergastolo
 

 
Denominazione della Macedonia, questione ancora irrisolta
 
Controversie

 
abbonamento    Reclami


Dalle armi di distruzione di massa irachene alle armi chimiche siriane, di Thierry Meyssan


In un rapporto del 1° marzo 2019, l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche certifica che nell’attacco di Duma (Siria) del 7 aprile 2018 non c’è stato uso di sostanze chimiche vietate; il bombardamento tripartito, intrapreso per rappresaglia da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, era perciò ingiustificato: uno scandalo che ricalca esattamente quello delle pseudo-armi di distruzione di massa irachene. Le manipolazioni non finiranno, almeno fino a quando gli Occidentali si fideranno a occhi chiusi dei loro media.


Il comportamento dei giornalisti occidentali è davvero sconcertante: prendono per buone e diffondono le affermazioni dei politici ritenendole fondate a priori,senza tener conto delle smentite degli organismi internazionali. Sono incapaci di riconoscere di essere stati manipolati.

La giustificazione della devastazione dell’Iraq

Nel 2003 i media occidentali unanimemente presero per buone le affermazioni di George W. Bush, secondo cui l’Iraq disponeva di armi di distruzione di massa. In seguito, credettero a Tony Blair, secondo cui l’Iraq aveva vettori in grado di colpire l’Occidente in 45 minuti e di far morire le popolazioni disperdendo gas tossici. Infine, credettero persino al segretario di Stato, Colin Powell, secondo cui l’Iraq offriva rifugio a Osama Bin Laden.
Eppure, nello stesso periodo la Commissione di Controllo, Verifica e Ispezione delle Nazioni Unite (COCOVINU, UNMOVIC in inglese) dichiarava che le affermazioni di Bush e Blair erano senza alcun dubbio false. La Commissione fu l’unico organismo ad aver accesso al territorio iracheno, nonché a effettuare tutte le necessarie verifiche. Né CIA né MI6 ne ebbero l’opportunità; eppure entrambi smentirono le conclusioni della Commissione.
Ricordiamo, incidentalmente, che la Francia di Jacques Chirac si oppose alla guerra contro l’Iraq, a motivo che «la guerra è sempre la peggiore delle soluzioni». Nemmeno la Francia quindi affermò che le accuse anglo-statunitensi erano, con ogni evidenza, false, come si deduceva dalle conclusioni dell’organismo di controllo internazionale, la COCOVINU appunto.
Oggi si ricostruire la storia a forza di film e serie televisive. Siamo tutti concordi nel riconoscere di essere stati manipolati. Però sosteniamo che le intelligence statunitense e britannica sono state a loro volta manipolate dai politici e che nessuno aveva strumenti per conoscere la verità. È falso. Basta immergersi nella stampa dell’epoca per verificare come tutti congiurassero per screditare il direttore della COCOVINU, lo svedese Hans Blix, che osava tenere testa alla più grande potenza mondiale del tempo. Questo è quanto ha stabilito, tredici anni più tardi, la Commissione Chilcot [1].
E si tace anche delle accuse scagliate da Colin Powell al Consiglio di Sicurezza dell’ONU [2]: nel 2002 Osama Bin Laden viveva a Bagdad, i suoi luogotenenti erano tuttora lì e fabbricavano derivati tossici del ricino. Lì, sosteneva Powell, si preparavano attentati in Francia, Regno Unito, Spagna, Italia, Germania e Russia. Era perciò urgente intervenire.
Ebbene, credere a simili sciocchezze significa non conoscere affatto il partito al potere in Iraq, il Baas. Così, per non riconoscere la propria ignoranza, i giornalisti occidentali hanno preferito dimenticare l’episodio.

La complicità dei media è immutata

Dopo l’attacco all’Iraq da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, i media hanno continuato a mentire, questa volta volontariamente, per nascondere la precedente menzogna involontaria. Tutti hanno preferito raccontare di essere stati ingannati. Nessuno ha ammesso il proprio errore professionale: l’aver sottovalutato il parere degli esperti delle Nazioni Unite.
Gli storici che hanno studiato la propaganda di guerra hanno dimostrato come, quando si vuole una guerra, si fabbrichi sempre una quantità incredibile di testimonianze e prove false. Benché tutti i giornalisti riconoscano che «la prima vittima di una guerra è la Verità» (Rudyard Kipling), nessuno ha adottato il semplice metodo che ci vaccina contro le intossicazioni: conservare sangue freddo mentre tutti si agitano, non esitare ad andare controcorrente e svolgere il proprio lavoro, verificando le fonti. Questo è il metodo di Réseau Voltaire, che ci è valso il marchio di «cospirazionisti».

La giustificazione della guerra contro la Siria

Così, a proposito della guerra in Siria tutti persistono a non voler aprire gli occhi, a credere che i fatti siano scaturiti da «una rivoluzione contro una dittatura», cui il «regime» ha risposto «massacrando il suo stesso popolo» a colpi di «tortura», di «barili-bomba», «di armi chimiche», spingendo la popolazione alla violenza. Ebbene, tutto questo, oltre che stupido, come nel caso del preteso invito di Osama Bin Laden da parte del presidente Saddam Hussein, è stato anche smentito da missioni internazionali, come la COCOVINU.
La «rivoluzione contro la dittatura» è stata formalmente smentita dall’unica organizzazione che ha avuto gli strumenti per giudicare: una missione internazionale della Lega Araba, autorizzata a viaggiare in tutta la Siria e che con il personale a disposizione ha potuto coprire l’intero territorio, dal 24 dicembre 2011 al 18 gennaio 2012 [3]. Ma i giornalisti occidentali preferiscono sempre credere alle versioni dei fatti offerte dai governi piuttosto che agli organismi che hanno gli strumenti per verificarli.
Le fotografie dei morti per “tortura”, che il Rapporto Cesar ha imputato alla Siria, sono in realtà le immagini delle vittime della tortura degli jihadisti. Basterebbe riflettere solo un po’: Cesar dichiara di averle scattate per l’esercito arabo siriano, ma di non conoscere l’identità dei morti. Quale interesse potrebbe avere Damasco per un archivio fotografico senza informazioni sulle vittime?
I «barili-bomba» sono una leggenda altrettanto stupida: perché l’esercito arabo siriano avrebbe utilizzato bombe artigianali quando ne dispone di sofisticate fornite dalla Russia?

Dopo le armi di distruzione di massa irachene,
le armi chimiche siriane

Il fatto più significativo è l’accusa alla Siria di aver fatto uso di armi chimiche. L’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC, OPCW in inglese), incaricata di fare luce sull’asserito attacco del 7 aprile 2018 a Duma – che Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno sanzionato unilateralmente con un bombardamento sulla Siria – ha reso pubblico il proprio rapporto il 1° marzo 2019. Pur senza affermarlo esplicitamente, esso conferma, punto per punto, che la vicenda fu una montatura.
Si noti che cinque anni prima dell’attacco della Ghuta, la Siria aveva aderito alla Convenzione internazionale contro le armi chimiche. Le sue scorte di armi chimiche furono poste sotto sequestro, quindi distrutte congiuntamente da Russia e Stati Uniti, sotto il controllo dell’OPAC. Affermare che nel 2018 Damasco fosse ancora in possesso di armi chimiche significa innanzitutto contestare l’operato dell’Aia, di Mosca e Washington.
Nel 2018 il Dipartimento di Stato sostenne di essere in possesso di prove credibili dell’«uso di gas sarin da parte della Siria» contro i «democratici»; la Russia denunciò invece una messinscena orchestrata dal Regno Unito. Con grande faccia tosta, il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, s’indignò per le accuse russe, definendole «grottesche, bizzarre», nonché una «flagrante menzogna».
Ebbene
- Le tre fonti che confermarono l’attacco sono tutte britanniche: i Caschi Bianchi (ONG controllata dal MI6), l’Osservatorio Siriano per i Diritti dell’Uomo (fucina dei Fratelli Mussulmani, alimentata con le informazioni dell’MI6) e l’Esercito dell’Islam (gruppo armato fondato da Zohran Allouche, la cui famiglia all’epoca risiedeva a Londra, in una lussuosa residenza presidiata dalla polizia).
- L’Esercito dell’Islam impedì all’OPAC di vedere i corpi delle vittime, di contarli e di fare le autopsie. La delegazione poté entrare a Duma solo dopo che i cadaveri furono cremati. La cremazione non è costume islamico e non fu necessaria per ragioni sanitarie.
- Secondo l’OPAC i reperti prelevati dimostrano che a Duma non è stata utilizzata alcuna sostanza chimica. Neanche una.
- L’organizzazione ammette tuttavia che sul luogo del preteso attacco chimico potrebbero essere stati tirati due razzi, che avrebbero potuto contenere una sostanza tossica clorata. Tuttavia, il cloro all’aria aperta si disperde. Può uccidere solo in uno spazio chiuso. Per questo motivo il cloro non è inserito nella lista delle armi chimiche vietate ed è utilizzato come presidio per la manutenzione.
Facciamo incidentalmente notare che l’Esercito dell’Islam (Jaych al-Islam) è l’organizzazione “democratica” che decapitò i «cani di Bashar» tenuti alla catena, ossia i siriani che si rifiutavano di dileggiare il presidente eretico Bashar el-Assad [4]. Salì alla ribalta per aver condannato a morte siriani giudicati omosessuali gettandoli dai tetti. E fu il loro capo, Mohamed Allouche, a presiedere la delegazione dell’«opposizione moderata» durante i negoziati ONU a Ginevra.
In poche parole, il bombardamento della Siria da parte di Stati Uniti, Francia e Regno Unito non soltanto fu una violazione del diritto internazionale, ma non ha nemmeno giustificazione.

Come la stampa ha trattato il rapporto dell’OPAC

Se la stampa occidentale fosse onesta, avrebbe fatto un resoconto fedele del rapporto dell’OPAC. Ma così non è stato.
I giornalisti anglosassoni sono stati particolarmente silenziosi e solo in via eccezionale hanno trattato l’informazione. I giornalisti francesi sono stati più capziosi.
In Francia i media non hanno mancato di ricordare che in precedenza un rapporto del Meccanismo congiunto ONU/OPAC aveva confermato l’uso di armi chimiche da parte della Siria. Hanno però omesso di dire che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva respinto il rapporto, perché il Meccanismo non aveva rispettato le regole OPAC.
Altri giornalisti hanno affermato che la delegazione ha accertato l’uso di cloro a Duma. Hanno però omesso di precisare che l’OPAC ritiene probabile l’uso di un agente tossico contenente clorina, utilizzata come arma, e ritiene possibile che la dispersione sia avvenuta per mezzo di due razzi. In particolare hanno evitato di dire che, all’aria aperta, anche la clorina non è un agente tossico mortale, bensì solo un irritante; per questa ragione non è un’arma chimica vietata.
Vi state chiedendo perché questi articoli vi sono sfuggiti e perché non avete sentito May, Macron e Trump scusarsi? Semplicemente perché la stampa non fa informazione e perché la classe politica occidentale non ha principi morali.

21 marzo 2019

Questa cartina geografica mostra la ragione da trilioni di dollari del perché gli Stati Uniti appoggiano il terrorismo nella Cina occidentale


Come parte di un impegno più ampio e concertato per accerchiare e contenere la Cina, è stata intrapresa dai media occidentali una campagna di disinformazione che è in corso, contro la massiccia frenesia infrastrutturale globale di Pechino, conosciuta come la Belt and Road Initiative (BRI).
Un esempio recente e particolarmente abietto in merito a ciò proviene da un articolo di Business Insider intitolato , “This map shows a trillion-dollar reason why China is oppressing more than a million Muslims.” (“Questa cartina geografica mostra la ragione da trilioni di dollari del perché la Cina sta opprimendo più di un milione di Musulmani”).
L’articolo è stato ampiamente diffuso dai fronti finanziati dall’Occidente, citati nell’articolo stesso, tra cui Human Rights Watch (HRW) il cui Direttore esecutivo – Kenneth Roth – avrebbe asserito in un post sui social media:
La detenzione di massa dei Musulmani Uiguri in Cina è determinata [non] solo dall’islamofobia, ma anche dalla centralità della loro regione, lo Xinjiang, nella Belt and Road Initiative.
Le affermazioni che la politica cinese sia “motivata dall’islamofobia” sono particolarmente assurde. Il più stretto alleato e partner della Cina nella regione è il Pakistan, una nazione indubbiamente a maggioranza musulmana. Roth non spiega mai perché la “centralità” della BRI determini “detenzioni di massa” nello Xinjiang, quando progetti infrastrutturali cinesi altrove, sia in Cina che all’estero -anche nel Pakistan a maggioranza musulmana – non prevedono né richiedono tali “detenzioni”.
Manca qualcosa alla [narrativa] di Business Insider, di Human Rights Watch e al resto della narrativa sullo Xinjiang dei media occidentali. L’articolo di Business Insider afferma:
Pechino ha iniziato ad applicare tolleranza zero sulla vita degli Uiguri nello Xinjiang. I funzionari dicono che la repressione è un’operazione necessaria contro il terrorismo, ma gli esperti dicono che in realtà protegge i loro progetti della BRI.
Questi “esperti” non spiegano mai perché i funzionari di Pechino sentano la necessità di “proteggere i loro progetti della BRI”. Né spiegano da chi hanno bisogno di essere protetti. L’ovvia spiegazione è infatti che – come ha dichiarato Pechino – lo Xinjiang si trova di fronte a una significativa minaccia terroristica.
Una minoranza della popolazione uigura dello Xinjiang è stata indubbiamente radicalizzata e ha portato a termine, negli ultimi anni, numerosi attacchi terroristici di alto profilo non solo nello Xinjiang, ma in tutta la Cina. Un articolo di Reuters pubblicato da Business Insidernel 2014, intitolato “Knife-Wielding Attackers In Chinese Train Station Leave 27 Dead, 109 Injured” (“Aggressori armati di coltello in una stazione ferroviaria cinese fanno 27 morti e 109 feriti”), descrive solo uno dei numerosi attacchi degli estremisti Uiguri.
Un articolo di Reuters del 2015, pubblicato da Business Insider, conferma che gli aggressori erano in realtà dei terroristi uiguri. La stazione ferroviaria situata a Kunming si trova a oltre 2.000 miglia dalla regione dello Xinjiang, il che illustra la portata della minaccia terroristica che Pechino sta affrontando.
Nonostante queste precedenti – ben note ammissioni – pubblicate dalla stessa Business Insider – la piattaforma mediatica e molti altri, insieme a fronti come HRW sfidano spudoratamente l’ignoranza sui reali problemi di sicurezza dell’odierna Cina nello Xinjiang.
La propaganda occidentale rovescia la realtà
L’articolo di Business Insider afferma:
Il governo cinese da anni incolpa gli Uiguri di terrorismo e afferma che essi dicono che il gruppo sta importando l’estremismo islamico in Asia centrale.
Ma c’è un’altra ragione per cui Pechino vuole reprimere gli Uiguri nello Xinjiang: la regione ospita alcune delle componenti [infrastrutturali] più importanti della Belt and Road Initiative (BRI), il principale progetto commerciale della Cina.
In tale sede Business Insider rovescia deliberatamente la causa e l’effetto – affermando che la Cina sta dando un giro di vite sugli Uiguri, semplicemente perché segmenti essenziali del suo progetto BRI passano attraverso lo Xinjiang – invece di attuare una repressione più severa al terrorismo molto reale, che minaccia un corridoio economico evidentemente fondamentale.
E come rivela la cartina geografica di Business Insider, la BRI cinese attraversa molte altre regioni della Cina e non solo, comprese le regioni dominate da comunità musulmane, dove simili tensioni sono assenti.
Il terrorismo uiguro è reale
È chiaro che Business Insider, HRW e altri stanno deliberatamente prendendo in considerazione le politiche cinesi nello Xinjiang e travisando la causa principale dell’estremismo uiguro. Ma persino l’articolo stesso ammette una minaccia per la sicurezza molto reale, affermando:
La Cina ha accusato i militanti uiguri di essere terroristi e di incitare alla violenza in tutto il Paese, almeno dagli inizi del 2000, poiché molti separatisti Uiguri, al fine di diventare combattenti, hanno lasciato la Cina per posti come l’Afghanistan e la Siria.
Voice of America (VOA), finanziata dal Dipartimento di Stato americano, in un articolo intitolato “Analysts: Uighur Jihadis in Syria Could Pose Threat” (“Analisti: gli Jihadisti uiguri potrebbero rappresentare una minaccia”) riconoscerebbe che (grassetto aggiunto):
Gli analisti avvertono che il gruppo jihadista del Turkistan Islamic Party (TIP) nella Siria nordoccidentale potrebbe rappresentare un pericolo per l’instabile provincia siriana di Idlib, dove continuano gli sforzi per mantenere un fragile cessate il fuoco negoziato tra Turchia e Russia, tra le forze del regime siriano e i vari gruppi ribelli.
Il TIP ha dichiarato un emirato islamico a Idlib, alla fine di novembre, ed è rimasto largamente al riparo dalle autorità e dai media, grazie al suo basso profilo. Fondato nel 2008 nella regione nord-occidentale cinese dello Xinjiang, il TIP è stato uno dei maggiori gruppi estremisti in Siria dallo scoppio nel 2011 della guerra civile nel Paese.
Il TIP è composto principalmente da Musulmani uiguri provenienti dalla Cina, ma negli ultimi anni ha incluso tra le sue fila anche altri combattenti jihadisti.
L’articolo riconosce inoltre che fino a 3.000 militanti potrebbero aver combattuto per il TIP in Siria e ha messo in guardia contro la possibilità che questi militanti possano trasferire le loro abilità di combattimento in Cina.
Tali ammissioni –[provenienti] anche dalle attività mediatiche statali statunitensi – aiutano a esporre l’attuale campagna di disinformazione rivolta a Pechino per la presunta “repressione”, il che significa che gli interessi speciali occidentali – incluso lo stesso governo americano – stanno minando alla base gli sforzi legittimi di lotta al terrorismo della Cina.
Gli Stati Uniti stanno intenzionalmente fomentando la violenza nello Xinjiang per interrompere la BRI
Ma gli indizi, persino nell’articolo di Business Insider, rivelano che il supporto degli Stati Uniti per minare la sicurezza interna cinese va ben oltre la semplice disinformazione.
Business Insider cita tra gli “esperti” Rushan Abbas, descritta dall’articolo come “attivista di etnia uigura in Virginia”.
Quello che l’articolo omette intenzionalmente è che Abbas è in realtà una dipendente di lungo corso e contractor del governo degli Stati Uniti – riconoscendo nella sua biografiapubblicata da una società di consulenza con sede a Washington DC per cui lavora, che:
[Rushan Abbas] ha una vasta esperienza di lavoro con agenzie governative degli Stati Uniti, tra cui l’Homeland Security, il Dipartimento della Difesa, il Dipartimento di Stato, il Dipartimento di Giustizia e varie agenzie di intelligence degli Stati Uniti.
La biografia riconosce anche:
È stata anche impiegata presso L-3, come consulente a Cuba, presso Guantanamo Bay, a sostegno dell’operazione Enduring Freedom nel 2002-2003 e come reporter di Radio Free Asia.
La signora Abbas ha anche lavorato come linguista e traduttrice per diverse agenzie federali, incluso il lavoro per il Dipartimento di Stato americano a Guantanamo Bay, a Cuba e per il Presidente George W. Bush e l’ex First Lady Laura Bush.
La sua affermazione che i membri della [sua] famiglia sono stati rapiti, a causa del suo “attivismo” con base negli Stati Uniti si inserisce in un modello di “oltraggi” inventati dei diritti umani, usato da parte degli USA per dipingere nella peggiore luce possibile, gli obiettivi della coercizione e dell’aggressione.
Abbas è solo una dei tanti che lavorano a Washington DC per sostenere quello che è apertamente il separatismo uiguro nello Xinjiang sostenuto dagli USA.
Il National Endowment for Democracy (NED) – un’organizzazione finanziata dal governo degli Stati Uniti dedicata all’interferenza politica in tutto il mondo – ha un’intera pagina dedicata allo “Xinjiang / Turkestan orientale” – il Turkestan orientale è lo Stato che gli estremisti Uiguri cercano di ritagliarsi dal territorio, riconosciuto dal diritto internazionale come Cina.
Le organizzazioni sovversive che promuovono apertamente il separatismo come il World Uyghur Congress (WUC) mantengono anche uffici a Washington DC e ricevono denaro e sostegno direttamente dal governo degli Stati Uniti.
Quindi un segreto malamente mantenuto implica l’ampia quantità di armi, equipaggiamento, denaro e altro materiale fornito dagli Stati Uniti ai terroristi che muovono guerra al governo siriano – tra cui sono inclusi i terroristi Uiguri come ammesso dalla stessa VOA.
Da Washington DC, ai campi di battaglia della Siria settentrionale, allo Xinjiang stesso – gli Stati Uniti stanno sviluppando con tutta franchezza una vasta minaccia terroristica, che rappresenti un ostacolo significativo per la BRI cinese.
Il pubblico è davvero intenzionato a credere che una minaccia terroristica sponsorizzata dallo Stato, tesa a paralizzare un corridoio economico da svariati trilioni di dollari, non sia una ragione sufficiente per Pechino per lanciare una vasta campagna antiterrorismo? Washington non solo sta fomentando il terrorismo nella Cina occidentale, ma sta tentando, in reazione a ciò, di paralizzare le operazioni di sicurezza interna di Pechino – il tutto sfruttando e facendo abuso della difesa dei diritti umani e rappresentando come colpevole la vittima del terrorismo, sponsorizzato dagli Stati Uniti.
Che tutto questo contesto sia stato intenzionalmente omesso da Business Insider e da Kenneth Roth di Human Rights Watch dimostra che l’Occidente sta conducendo una guerra contro la Cina e la sua espansione economica, non solo sul terreno da Washington, alla Siria [e] allo Xinjiang, ma pure in tutto il settore dell’informazione.
Tony Cartalucci, ricercatore e autore geopolitico di base a Bangkok, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook”.
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da NICKAL88