07 novembre 2018

Sahra Wagenknecht: «Gli italiani non essere governati da Bruxelles»

Sahra Wagenknecht, capogruppo della Linke al Bundestag e leader storico della sinistra tedesca, intervistata da Deutschlandfunk, pur mantenendo un proprio punto di vista autonomo, esprime un sostegno convinto alla battaglia del governo italiano contro le tecnocrazie di Bruxelles: se vogliano salvare l'Europa dobbiamo sostenere la battaglia del governo italiano per la sovranità dei parlamenti nazionali. 


Armbrüster: Frau Wagenknecht, Roma è stata messa alla gogna. È giusto secondo lei?

Wagenknecht: beh, vorrei dire che non ho molta simpatia per il signor Salvini. Ma non è questo il punto. Questo è un governo democraticamente eletto. La legge di bilancio riguarda la sovranità dei parlamenti. E se vuoi distruggere l'UE, allora devi fare esattamente quello che sta facendo Bruxelles.
Inoltre bisogna anche parlare di quanto possa essere sensato costringere a fare ulteriore austerità un paese che da dieci anni attraversa una lunga crisi economica, un paese in cui il reddito pro capite è inferiore a quello precedente l'introduzione dell'euro, ovviamente ciò contribuisce a far crollare l'economia. Ecco perché penso si tratti di una decisione priva di senso.
Allora, dal suo punto di vista, stiamo assistendo ad una protesta giustificata contro la politica di austerità di Bruxelles?

Bisogna dare a questa proposta di bilancio un'occhiata un po' più da vicino. Dentro ci sono cose molto ragionevoli. Ad esempio, l'Italia ha un altissimo tasso di disoccupazione, in particolare un elevato tasso di disoccupazione giovanile, in alcune zone del 30, 40 per cento, soprattutto nel sud del paese, e un'assicurazione contro la disoccupazione molto povera, peggio anche dell'Hartz IV tedesco, per fare un confronto. Se in questo ambito si apportano  determinati miglioramenti, o se si migliora la legge per il prepensionamento, che in una situazione di elevata disoccupazione potrebbe essere un sollievo per molte persone, si tratta senza dubbio di una scelta ragionevole.
Ci sono alcune agevolazioni fiscali. A beneficiarne sono anche le persone ricche. Se ne puo' certamente discutere. Ma ancora una volta: penso che semplicemente non sia la Commissione europea ad avere il potere di decidere in merito alla legge di bilancio dei diversi paesi, perché in questo modo stiamo distruggendo l'UE. Gli italiani non vogliono essere governati da Bruxelles, e non vogliono nemmeno essere governati da Berlino. Stiamo dando ad un governo, e in particolare ad un partito nazionalista, che in realtà è davvero semi-fascista, e a un certo signor Salvini, un'ottima possibilità per profilarsi politicamente. Sicuramente nel suo paese in questo modo sta ottenendo degli ottimi risultati e non finirà certo in difficoltà.

Frau Wagenknecht, lei ora parla di immischiarsi negli affari dell'Italia. Bisogna tuttavia ammettere che queste sono esattamente le procedure sottoscritte dagli stati dell'UE, e cioè presentare il loro bilancio a Bruxelles per farselo approvare. Tutto ciò affinché la politica fiscale europea rimanga nel complesso stabile e quindi anche l'euro sia stabile, senza finire in un'altra crisi monetaria. Possiamo davvero dire che in questo caso l'Italia può comunque andare avanti?

In primo luogo, ci sono dei trattati europei. C'è un criterio del deficit del tre percento. L'Italia è al di sotto di esso.
La seconda è una questione di ideologia economica, secondo la quale anche se un paese è in crisi deve comunque risparmiare per ridurre il debito. Fatto che è stato più volte confutato. Le economie non sono una cosa cosi' semplice che se si risparmia, si riduce il debito, e se si aumenta la spesa, il debito sale. Sembrerebbe anche plausibile. Ma non funziona così, perché risparmiare o spendere ha delle conseguenze per l'attività economica. L'Italia per molti anni ha cercato di ridurre significativamente la spesa pubblica. Il debito continuava a salire mentre l'economia crollava. E anche questo non è un concetto molto ragionevole.
Bisogna dire: se vuoi spingere l'Italia fuori dall'euro - ed è quello che sta accadendo - devi fare esattamente cosi'.

Allora non la preoccupa il fatto che l'Italia, stato membro dell'euro, abbia un debito pubblico che supera il 130 percento del PIL?

La questione è se si tratta solo del risultato della condotta di spesa del governo, o se invece è il risultato di una crisi economica che dura da anni. E direi che si tratta decisamente della seconda opzione.
Dobbiamo ovviamente anche parlarne a livello europeo. Se ora vuoi presentarti come il sommo sacerdote del debito pubblico basso, ma non sei stato in grado nemmeno di imporre un'azione a livello europeo, ad esempio per limitare il dumping fiscale delle imprese, cosa che sarebbe anche possibile, oppure imporre alcune regole che rendano piu' difficile per le persone molto ricche eludere il fisco, allora diventa tutto molto ipocrita. Troverei sensato, se ad esempio, in Italia dove c'è una grande ricchezza privata - che è cresciuta anche durante la crisi economica, e oggi ci sono più milionari di dieci anni fa - questa venisse tassata molto più severamente. Allora naturalmente si potrebbe ridurre anche il deficit pubblico. Ma non è che l'UE abbia mai fatto delle leggi che rendano tutto ciò piu' facile, anzi al contrario: le regole dell'UE rendono tutto più difficile. Proprio la Commissione europea con il signor Juncker ormai è la personificazione del dumping fiscale, soprattutto per le grandi imprese.

Il dumping fiscale, Frau Wagenknecht, è un altro argomento. Voglio tornare ancora una volta a questo immenso debito pubblico. Secondo lei non è motivo di preoccupazione se uno Stato membro dell'area dell'euro ha così tanti debiti?

Lei dice che il dumping fiscale è un altro problema. Il dumping fiscale e il debito pubblico sono due questioni fra loro strettamente collegate. Se sono proprio le grandi aziende a pagare poche tasse, oppure se nei singoli paesi sono i più ricchi quelli che pagano poche tasse, allora il debito pubblico naturalmente continuerà a crescere. L'intero dibattito in corso riguarda il fatto che l'Italia possa apportare dei limitati miglioramenti all'assicurazione contro la disoccupazione e alle pensioni. Il tema della discussione è del tutto sbagliato. Su questi temi, come ho detto, il governo italiano può ottenere consenso politico, proprio perché  sono misure molto popolari nel paese, e non per nulla l'ultimo governo su questi temi ha fallito e non è stato rieletto perché la gente è stanca di vedere che le cose vanno sempre peggio, stanca di trovarsi in una situazione di emergenza sociale e di avere una disoccupazione alta. Se si fanno solo annunci, senza miglioramenti sociali, questa è un'Europa che rinuncia ad ogni credibilità.

La Commissione europea dovrebbe forse dire che in futuro intendono rinunciare alla funzione di controllo dei bilanci nazionali, e che chiunque può decidere autonomamente?

Io sono per un'Europa delle democrazie sovrane e democrazia significa: le persone votano per eleggere il loro governo. Significa anche naturalmente che nessun altro paese sarà responsabile per i debiti degli altri paesi. Inoltre non penso sia giusto nemmeno se un paese pesantemente indebitato finisce nei guai e ad essere salvate con il denaro dei contribuenti sono sempre e solo le banche. Ma in Europa abbiamo una costruzione problematica, in quanto questa ci porta sempre piu' verso una sospensione della democrazia, e ad una situazione in cui le persone possono votare chi vogliono, perché tanto alla fine saranno i tecnocrati di Bruxelles o addirittura il governo di Berlino ad avere l'ultima parola e a decidere in merito alle leggi di bilancio nazionali. L'Europa in questo modo non puo' funzionare.

Ma l'Italia ora vorrebbe entrambi. L'Italia vuole decidere autonomamente sul proprio bilancio, senza l'ingerenza di Bruxelles, ma allo stesso tempo vuole rimanere nell'euro e in caso di emergenza, avere anche il sostegno degli altri paesi dell'euro. Possono stare insieme le due cose?

No, le due cose non stanno insieme. Ma se continuiamo così, faremo uscire l'Italia dall'euro. Non so nemmeno se vogliano rimanerci a tutti i costi. L'euro ha portato relativamente pochi vantaggi all'Italia.

Bene. Il governo di Roma, almeno, dice che vogliono assolutamente restarci. Questo è stato confermato ancora una volta dal Primo Ministro.

Finché sono dentro, devono dire cosi', perché altrimenti lo spread e la speculazione sui mercati finanziari assumerebbe forme estreme. È già ora siamo in una situazione in cui questi extra-rendimenti non vengono pagati a causa delle dimensioni del debito. I titoli italiani pagano un elevato premio al rischio perché si ipotizza che l'Italia potrebbe lasciare l'euro, e naturalmente si tratta di una speculazione molto pericolosa. Tuttavia, sono la Commissione europea e la Banca centrale europea a gettare altra benzina sul fuoco. Voglio dire, per molti anni ha acquistato obbligazioni governative in una dimensione che, a mio avviso, non era affatto giustificata. Ma ora lancia un segnale di stop e, naturalmente, i rendimenti salgono.
Ancora una volta: se vogliamo che l'euro funzioni, allora deve funzionare su basi democratiche. E naturalmente, se la democrazia negli Stati membri è sospesa, il risultato in Europa sarà una crescente sensazione di frustrazione e di rifiuto, e l'affermazione del signor Salvini il quale non è certo conosciuto come un fervente sostenitore dell'Europa. Ci sono tuttavia altre opzioni, ovviamente, ma bisogna vedere se c'è la volontà di sostenerle e promuoverle. 

Sahra Wagenknecht, è il capogruppo della Linke al Bundestag. Grazie per il suo tempo questa mattina.




Per concessione di Voci dalla Germania
Fonte: https://www.deutschlandfunk.de/linken-politikerin-zu-italiens-budget-die-italiener-wollen.694.de.html?dram:article_id=431358
Data dell'articolo originale: 24/10/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=24447

06 novembre 2018

Apocalisse maltempo: qualcuno sta bombardando l’Italia?

Siamo stati deliberatamente “bombardati” da nubifragi devastanti, scatenati da perturbazioni artificiali? «Il prossimo che riparla di scie chimiche andrà sottoposto a un Tso», disse a mo’ di battuta Matteo Renzi, scoraggiando ulteriori interrogazioni parlamentari, sul fenomeno, da parte di esponenti del Pd. Oggi però, con il Nord-Est raso al suolo da eventi mai visti a memoria d’uomo, c’è chi torna sul tema in modo più che esplicito: «Bombardamento climatico sull’Italia, un avvertimento al governo?», si domanda il blog “Disquisendo”, secondo cui «nei giorni precedenti al disastro, ci sono state fortissime operazioni di aviodispersione a bassa quota». Tutti hanno visto il cielo sereno “rannuvolarsi”, dopo l’emissione di una rete fittissima di migliaia di scie bianche rilasciate dagli aerei di linea. Follia? Complottismo da strapazzo? L’unica vera certezza è la storica carenza (in Italia, non all’estero) di spiegazioni ufficiali, definitive ed esaurienti, sulla manipolazione del clima. Si accumulano invece informazioni parziali, da fonti indipendenti, riguardo al presunto impiego clandestino della geoingegneria, inaugurata da Israele per far piovere sul deserto del Negev. La stessa Cia, oggi, ammette che sono in corso vaste sperimentazioni. Nel saggio “Owning the wheather” (possedere il clima), l’economista canadese Michael Chossudowsky svela che la “guerra climatica” è ormai una realtà.
Un silenzio tombale è calato sull’applicazione delle rivoluzionarie scoperte del fisico Nikola Tesla, all’epoca emarginato dalla comunità scientifica, mentre l’ingegnere bresciano Rolando Pelizza ha raccontato a due docenti universitari, Francesco Alessandrini e Roberta RioAlluvione in Sardegna, che il geniale Ettore Majorana (ufficialmente scomparso nel 1938 ma in reatà nascosto in Calabria fino al 2005) progettò una “macchina” capace di mutare il clima all’istante. «Dello sviluppo di questa “macchina”, costruita in 50 esemplari su istruzioni dello stesso Majorana – assicura Pelizza – fu incaricato direttamente il governo italiano tramite Giulio Andreotti, che poi passò il dossier alla Cia». Un altro italiano, l’imolese Pier Luigi Ighina – assai meno celebre di Majorana, ma notissimo agli appassionati – riprodusse anche per le telecamere di “Report”, su Rai Tre, il suo straordinario esperimento, condotto con mezzi artigianali: Ighina era in grado di far piovere, creando nuvole nel cielo sereno (o a scelta, di far spuntare il sole tra i nuvoloni) semplicemente azionado, da terra, le pale di una sorta di ventilatore gigante, cosparse di alluminio. Il trucco? Cambiare la consistenza elettromagnetica della bassa atmosfera, immettendo vortici di onde.
«La manipolazione climatica è realtà», sostiene il sito “Dionidream”, citando estati torride e mezze stagioni scosse da nubifragi e alluvioni di inaudita violenza, come quelli che hanno messo in ginocchio varie aree della Pensiola, a cominciare dal Veneto, dove le trombe d’aria hanno divelto decine di migliaia di alberi, devastando storiche foreste alpine. Fuori dall’Italia, il fenomeno della manipolazione climatica non è esattamente una novità: «Festa in cielo, vietata la pioggia», titolò il Tgcom24 di Mediaset il 23 marzo 2009, parlando di «aerei in cielo per disperdere le nubi» in occasione del settantesimo anniversario della “repubblica popolare” fondata da Mao. «Per impedire che la pioggia rovini i grandiosi festeggiamenti in programma, si ricorrerà a una tecnica senza precedenti», raccontò il telegiornale: «L’aviazione impiegherà 18 apparecchi che disperderanno nell’atmosfera prodotti chimici per impedire che dal cielo sopra Pechino cada la pioggia». Nello stesso anno, a novembre,Tragedia maltempo a Terracina sempre la Cina s’imbiancò fuori stagione, come raccontò “La Repubblica”: «Una nevicata precoce ha coperto con un’abbondante coltre bianca Pechino. Il tutto ha però ha avuto un aiutino dell’Ufficio Modificazione del Tempo della capitale cinese».
I tecnici, riferì tranquillamente l’agenzia “Xinhua”, «hanno riversato in cielo con degli aerei 186 dosi di ioduro d’argento, per approfittare delle nuvole e del brusco calo della temperatura». Questo, scrisse “Repubblica”, «ha generato la nevicata», il cui scopo era «alleviare la persistente siccità». Ammise Zhang Qiang, responsabile dell’ufficio meteorologico: «Non ci facciamo sfuggire occasione per provocare precipitazioni, da quando Pechino registra una persistente condizione di siccità». Due anni dopo, nel 2011, l’allora presidente iraniano Mahmud Ahmedinejad accusò l’Occidente di aver provocato una gravissima siccità per mettere in crisi l’economia agricola del paese. «Secondo rapporti sul clima, accuratamente verificati, le potenze occidentali forzano le nuvole fino a far piovere», dichiarò Ahmedinejad, come confermato dal “Giornale”. «I nostri nemici distruggono le nuvole prima che arrivino sul nostro paese». Ancora la Cina, già nel 2011, è tornata protagonista sul tema, annunciando un investimento da 120 milioni di euro per riuscire, entro il 2015, a far aumentare del 10% le precipitazioni nelle zone più aride.
«Un primo esperimento in tal senso era stato già condotto nel febbraio 2009, quando diverse regioni erano state irrorate da una pioggerellina leggera, generata da agenti chimici sparati nell’atmosfera con 2.392 razzi e 409 cannoni, in grado di creare nuvole cariche di pioggia», scrive il sito “Greenews”. «Le nuvole ‘adatte’ alle precipitazioni vengono ‘seminate’ con ioduro d’argento, un agente chimico che favorisce l’aggregazione delle molecole d’acqua per creare grandi gocce abbastanza pesanti da cadere al suolo». La tecnologia in realtà non è nuova, aggiunge “Greenews”: i primi esperimenti risalgono alla Guerra Fredda. «Durante la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti lanciarono l’Operazione Popeye per cercare di intensificare i monsoni sul Sentiero di Ho Chi Minh, la rete di strade che andavano dal Vietnam del Nord al Vietnam del Sud passando per Laos e Cambogia, usate dai Vietcong e dai loro sostenitori. Nel 1978, però, gli esperimenti per far piovere artificialmente negli Usa Dolomiti, addio alle foreste di Stradivarifurono interrotti, in seguito a una grave inondazione causata dal bombardamento chimico delle nubi». Dal Sud-Est Asiatico al Medio Oriente: «Israele “stimola” le nuvole dal 1961 e riesce così a rendere fertili e rigogliose terre di per sé aride».
«Nel mondo ci sono diversi esperimenti in corso di questo tipo, ma siamo lontani dal poter dire di essere in grado di controllare la pioggia», disse nel 2012 a “Greenews” uno specialista come Sandro Fuzzi, climatologo del Cnr di Bologna, al quale allora sembrava remoto il rischio di gravi effetti collaterali, dato che gli interventi si svolgevano «su scala ridotta, al massimo di qualche decina di chilometri», mentre i fenomeni più distruttivi, come le alluvioni, «riguardano fronti di centinaia e anche migliaia di chilometri». L’ultima frontiera, aggiunge ancora “Greenews”, consiste nel bombardare le nuvole dal basso con dei laser: esperimento condotto nel 2010 in laboratorio e poi «replicato a Berlino da un gruppo di ricercatori dell’università di Ginevra e pubblicato sulla rivista “Nature Photonics”». Con un laser di grande potenza, una specie di “cannone energetico”, i ricercatori hanno colpito ed “eccitato” le molecole di gas presenti nell’aria. «Il risultato è stata la formazione di nuclei di condensazione attorno ai quali si sono create piccole gocce di acqua». Secondo il blog “Shivio news”, già nel 2012 erano oltre 20 i paesi impegnati nella sperimentazione di nuove tecniche per provocare precipitazioni.
In vetta alla classifica primeggiano i soliti cinesi: Pechino, letteralmente, «impiega nel “rainmaking” oltre 37.000 addetti, fra tecnici e ricercatori», mentre «una trentina di aerei, 4.000 rampe per razzi e 7.000 cannoni vengono usati per sparare in cielo nuclei di sostanze intorno alle quali stimolare processi di condensazione di gocce d’acqua o cristalli di ghiaccio». Negli Stati Uniti, gli aerei «gettano nelle nuvole ghiaccio secco e ioduro d’argento». In Sudafrica si usa invece il cloruro di potassio: «I sali vengono diffusi da aerei che volano sotto le nubi in formazione, e servono ad aumentare il numero e la misura delle gocce». Anche il Messico, aggiunge “Shivio”, sta sperimentando la tecnica sudafricana, che «sembra che sia in grado di aumentare di un terzo il volume delle precipitazioni». Qualcuno poi ricorderà la primissima performance, in assoluto, della geoingegneria più spettacolare: il 9 maggio del lontano 2007, in occasione della fastosa celebrazione dell’anniversario della vittoria dell’Urss Eccezionale acqua alta a Venezianella Seconda GuerraMondiale, il Tg1 riprese lo spettacolo del sole riapparso “miracolosamente” tra le nubi nerissime del cielo di Mosca, grazie a una portentosa miscela a base di azoto, iodio e argento diffusa dagli aerei.
Dall’uso civile a quello militare, il passo è breve: «Almeno quattro paesi – Stati Uniti, Russia, Cina e Israele – dispongono delle tecnologie e dell’organizzazione necessaria a modificare regolarmente il meteo e gli eventi geologici per varie operazioni militari ufficiali e segrete, legate a obiettivi secondari, tra cui il controllo demografico, energetico e la gestione delle risorse agricole». Lo disse già nel 2012 l’esperto aerospaziale Matt Andersson, allora in forza alla compagnia hi-tech Booz Allen Hamilton di Chicago. In un’intervista al “Guardian”, Hamilton ha ammesso: il nuovo tipo di guerra non convenzionale «comprende la capacità tecnologica di indurre, spingere o dirigere eventi ciclonici, terremoti e inondazioni, includendo anche l’impiego di agenti virali per mezzo di aerosol polimerizzati e particelle radioattive, trasportate attraverso il sistema climatico globale». Lo stesso Hamilton ha citato una think-tank della galassia neocon, il Bpc (Bipartisan Policy Center, con sede a Washington) e il suo rapporto nel quale chiede agli Usa e agli alleati di accelerare la sperimentazione su larga scala del cambiamento climatico.
Secondo il “Guardian”, il gruppo è finanziato da «grandi compagnie petrolifere, farmaceutiche e biotecnologiche», e rappresenta «gli interessi corporativi del mondo militare e scientifico statunitense». Il newsmagazine “Sputnik News”, citando il canadese Chossudovsky, osserva: la geoingegneria ha omai prodotto «sofisticate armi elettromagnetiche». E anche se la cosa non è ammessa ufficialmente, neppure a livello scientifico, le capacità di manipolare il clima (anche per scopi militari) sono in stato avanzatissimo. La storia di questa disciplina risale addirittura al 1940, quando il matematico americano John Von Newman, al Pentagono, iniziò la sua ricerca per la modifica del clima. Obiettivo: alterare i modelli meteorologici. Una tecnologia sviluppata negli anni ‘90 secondo il programma di ricerca della cosiddetta “alta frequenza aurorale attiva” (Haarp, High Frequency Active Auroral Research Program), come appendice di una iniziativa strategica di difesa, le “Guerre stellari”. Val di Fiemme, crollo di un ponteIl programma Haarp, installato in Alaska e poi bloccato, sarebbe stato parte di una strategia tuttora attiva: le brusche modifiche del clima possono «estendersi, avviando inondazioni, uragani, siccità e terremoti».
Ammissioni ufficiali? Impensabili. Meglio lasciare che certe voci circolino in modo incontrollato (bufale comprese), per poi liquidare il tutto sotto la voce “teoria del complotto”. «E’ naturale che su un tema come il cambiamento climatico la Cia collaborerebbe con gli scienziati per meglio comprendere il fenomeno e le sue implicazioni sulla sicurezza nazionale», ha detto un portavoce dell’intelligence Usa, dopo la diffusione della notizia, da parte del sito legato al periodico statunitense “Mother Jones”, secondo cui proprio la Cia starebbe aiutando con ingenti finanziamenti la Nas, National Academy of Sciences, impegnata in uno studio sull’applicazione della geoingegneria per manipolare il clima. Su “Meteoweb”, Filomena Fotia spiega che “Mother Jones” descrive lo studio come un’inchiesta riguardante «un numero limitato di tecniche di geoingegneria, inclusi esempi di tecniche di gestione delle radiazioni solari (Srm, Solar Radiation Management) e rimozione dell’anidride carbonica (Cdr, Carbon Dioxide Removal). Geoingegneria “buona”, per proteggerci dall’attività solare divenuta pericolosa per la Terra?
«La manipolazione meteorologica – aggiunge Fotia – è stata riportata in auge da molti commentatori statunitensi in occasione dei devastanti tornado in Oklahoma, o di altri eventi estremi come l’uragano Sandy, che sarebbero stati “generati dal governo” usando la base dell’Haarp in Alaska». Ma, appunto: il tema si presta a speculazioni incontrollate, vista la mancanza di riscontri esaurienti da parte delle autorità, sempre estremamente laconiche, come quelle interpellate nel 2014 da Alessandro Scarpa, allora consigliere comunale di Venezia. “Grandinata anomala e scie chimiche, il maltempo si tinge di mistero”, titolò il 24 settembre il “Gazzettino”, storico quotidiano veneziano, dopo «una grandinata fuori dal normale», sotto un cielo «carico di nubi come mai si era visto». E lassù, «quelle scie bianche nel cielo terso il giorno dopo». Sono bastati questi due fenomeni, Dolomiti, franascriveva il “Gazzettino” quattro anni fa, a ridestare un quesito: e se questo maltempo eccezionale non fosse il risultato delle bizze atmosferiche, ma di qualcosa di “chimico”?
In redazione arrivò una lettera allarmatissima: grondaie intasate da “noci” di ghiaccio persistenti ed enormi: «Come mai questo ghiaccio non si è sciolto? Sembrerebbe di formazione chimica, da laboratorio, e non naturale». Per Alessandro Scarpa, vale la pena di esaminarli, certi fenomeni, «se non altro per capire di cosa si tratta» Ad esempio, «le strane scie chimiche che si vedono nei nostri cieli». Molte le segnalazioni pervenute al Consiglio comunale, «da parte di cittadini veneziani, preoccupati, che chiedono spiegazioni». Scarpa si è rivolto inutilmente all’Enav, l’ente nazionale di assistenza al volo, che gestisce il controllo del traffico degli aerei civili. Nessun lume neppure dal ministero dell’ambiente di Roma: risposte evasive o bocche cucite. «È quindi opportuno – sottolinea Scarpa – preoccuparsi seriamente per noi e per i nostri figli». E aggiunge, rivolto ai giornalisti disattenti: «Questa mattina, quando il cielo era limpidissimo, si sono viste una quindicina di linee nel cielo veneziano». Quattro anni dopo, la situazione è gravemente peggiorata: non c’è più una giornata serena senza che il cielo non sia “sporcato” dalle scie, di ora in ora, mentre l’Italia sta diventando il bersaglio di violentissime tempeste di tipo tropicale, come quella che ora ha messo in ginocchio il Nord-Est.
Lo scorso anno, a gennaio, il colonnello Mario Giuliacci – affabile volto televisivo – sul suo sito ha tentato di sgombrare il campo da ogni illazione, presentando testualmente un comunicato ufficiale dell’aeronautica militare. La spiegazione dei militari è ineccepibile, riguardo alla vistosa presenza di molte delle scie: «Le nuove generazioni di motori che equipaggiano i moderni aeroplani a reazione, per avere un miglior rendimento termodinamico dato dalla differenza di temperatura tra la camera di combustione e l’ambiente esterno, impiegano miscele di acqua e carburante la cui combustione genera le enormi quantità di vapore acqueo che sono all’origine delle scie». Secondo i militari, dunque, sono aumentate in modo esponenziale le scie di condensazione, in gergo “contrails”, destinate poi a scomparire nell’atmosfera. «Per le caratteristiche termodinamiche Alberi stroncati dall'uraganodei motori, per le quote di volo e per la localizzazione – aggiunge l’aeronautica – la quasi totalità delle scie che si osservano in cielo sono prodotte dai jet di linea degli operatori commerciali. La loro durata è variabile da pochi istanti a minuti e talvolta a ore, in dipendenza dell’umidità, delle temperature e in genere delle condizioni termodinamiche dell’aria circostante».
Poi la chiosa: «Per quanto ci compete, l’Aeronautica Militare non possiede aeromobili che generano o emettono scie differenti da quelle prodotte a causa della condensazione di vapore acqueo». Il che – alla lettera – non significa escludere la presenza di altre scie, di ben diversa natura, emesse da velivoli estranei all’aeronautica militare italiana: le famigerate “chemtrails”, appunto. Tra le pagine del blog “Su la testa”, il giornalista investigativo Gianni Lannes (vittima di minacce e attentati per le sue indagini scomode, specie quelle sulla mafia dei rifiuti) sostiene che si è ormai clamorosamente violata la “Convenzione sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente”, a fini militari o ad ogni altro scopo ostile, nota anche come Convenzione Enmod: «E’ il trattato internazionale che proibisce l’uso delle tecniche di modifica dell’ambiente». Firmata il 18 maggio 1977 a Ginevra, è entrata in vigore il 5 ottobre 1978, approvata anche dall’Onu. Gli Stati firmatari sono 48, inclusi gli Usa, di cui 16 non hanno ancora ratificato il trattato. In totale, i paesi che vi hanno aderito sono 76. «L’Italia ha firmato la Convenzione a Ginevra il 18 maggio 1977 e l’ha ratificata con la legge numero 962 del 29 novembre 1980, grazie al presidente della Repubblica Sandro Pertini e all’approvazione quasi all’unanimità del Parlamento».
Secondo Lannes, questa verità viene regolarmente “oscurata” perché illegale, oltre che aberrante. Ma l’Italia, sostiene Lannes, ha concesso i propri cieli durante l’infelice G8 di Genova del 2001, quando Berlusconi firmò un trattato segreto, con Bush, che trasformava il nostro paese in un’area-test per l’irrorazione dell’atmosfera. Dal 2003, l’operazione è scattata. E nessuno ne parla: è top secret. Si chiama “Clear Skies Initiative”. Lannes attinge direttamente a fonti della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato: le pagine istituzionali americane ammettono apertamente che il 19 luglio 2011, a Genova, Bush e Berlusconi impegnarono i loro paesi in un programma di ricerca sul cambiamento climatico e sullo sviluppo di “tecnologie a bassa emissione”. Operazione poi approvata il 22 gennaio 2002 dal ministero italiano dell’ambiente e dal Dipartimento di Stato UsaScie chimicheDunque, scrive Lannes nel blog “Su la testa”, cambiamenti climatici indotti e “collaborazione” (si fa per dire) tra Stati Uniti e Italia, con quest’ultima a fare da cavia. «Dalla documentazione delle autorità nordamericane emerge che in questa vasta operazione gestita in prima battuta dal Pentagono, dalla Nasa e dalla Nato, sono coinvolte addirittura le industrie e le multinazionali più inquinanti al mondo: Exxon Mobil, Bp Amoco, Shell, Eni, Solvay, Fiat, Enel».
Tutti insieme appassionatamente, secondo il giornalista, compreso il settore scientifico: università italo-americane, Enea, Cnr, Ingv, Arpa e così via. «Insomma, controllori e controllati. L’Enac addirittura ha partecipato ad un test “chemtrails” in Italia insieme a Ibm, ministero della difesa, stato maggiore dell’aeronautica e ovviamente Nato». Mancano, sempre, le conferme ufficiali. In compenso si scatenato i “debunker” come Paolo Attivissimo: “Scie chimiche, aria fritta con contorno di bufala e grana”. Dopo il disastro aereo del volo Germanwings del 2015, schiantatosi sulle Alpi francesi, anche il “Giornale” si sbizzarrisce: “Airbus, dalle scie chimiche alle ’strane scritte’: complottisti scatenati”. Nel frattempo Enrico Gianini, ex addetto aeroportuale di Malpensa, racconta a “Border Nights”: una volta a terra, gli aerei delle compagnie low-cost perdono liquido inquinato da metalli pesanti, e non lasciano più caricare i bagagli nelle stive di coda, come se fossero ingombre di serbatoi clandestini. «Se mi denunciano, chiederò al tribunale di “smontare” uno di quegli aerei: così scopriranno finalmente cosa trasporta». Ma la notizia resta negli scantinati del web, mentre il finimondo rade al suolo il Veneto e la Cina stipendia regolarmente (e apertamente) i suoi bravi “rainmaker”.

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Stati Uniti: in ascesa il fascismo finanziato dai miliardari

Fascisti miliardari vanno all’attacco della Previdenza Sociale e [dei programmi di assistenza sanitaria] Medicare e Medicaid. E se ne vantano apertamente.


Appena dopo l’elezione di Trump, a dicembre del 2016, Newt Gingrich ha apertamente vantato presso la Heritage Foundation che l’amministrazione Trump e i Repubblicani al Congresso avrebbero “dato un taglio al modello di Franklin Delano Roosevelt”. Quel “modello”, ovviamente, creò quella cui oggi ci riferiamo come alla “classe media”.
Questa settimana Mitch McConnell ha confermato la profezia di Gingrich, usando i deficit creati dai tagli delle tasse ai miliardari da parte di Trump come scusa per distruggere i programmi “assistenziali”.
“Penso di poter dire con sicurezza che la singola maggior delusione del mio periodo al Congresso è stata non aver affrontato il problema dell’assistenza ed è una vergogna, perché i Democratici stanno promettendo il Medicare per Tutti”, ha dichiarato McConnell a Bloomberg. Ha aggiunto: “Stiamo parlando di Medicare, Previdenza Sociale e Medicaid”.  
Questi programmi, assieme all’istruzione pubblica gratuita e alla tassazione progressiva, sono i motori e i mantenitori chiave della classe media statunitense. La storia mostra che senza una classe media forte, la stessa democrazia collassa e il fascismo è il passo successivo su una china lunga e terribile.
Fin dall’elezione di Ronald Reagan, i Repubblicani hanno fatto gli straordinari per gambizzare istituzioni che appoggiano la classe media statunitense. E, come può dirvi qualsiasi famiglia della classe lavoratrice, il GOP [Partito Repubblicano] ha conseguito concreti successi, particolarmente nel trasferire sia ricchezza sia potere politico dagli elettori ai miliardari e alle imprese transnazionali.
Nel luglio del 2015, discutendo del voto 5 contro 4 della Corte Suprema nella causa Citizen Unitedil presidente Jimmy Carter mi ha detto: “Viola l’essenza di ciò che ha fatto degli Stati Uniti un grande paese nel suo sistema politico. Ora sono semplicemente un’oligarchia con una corruzione politica illimitata…” Ha aggiunto: “Abbiamo appena assistito a una completa sovversione del nostro sistema politico come tangente a maggiori donatori…”
Come hanno dimostrato i ricercatori di Princeton, Martin Gilens e Benjamin Page, in un’esaustiva analisi della differenza tra quanto la maggior parte degli statunitensi vuole che i suoi politici facciano legislativamente e quanto i politici statunitensi concretamente fanno, è piuttosto chiaro che il presidente Carter aveva ragione.
Hanno riscontrato che mentre le priorità legislative del 10 per cento al vertice degli statunitensi sono regolarmente trasformate in legge, le cose che vuole il 90 per cento più in basso sono ignorate. In altri termini oggi negli Stati Uniti la democrazia “funziona” per il dieci per cento degli statunitensi.
Per migliaia di anni economisti e osservatori dell’economia da Aristotele a Adam Smith a Thomas Piketty ci hanno raccontato che una “classe media” non è un normale sottoprodotto di un capitalismo grezzo, indisciplinato, quello che gli ideologi di destra chiamano “il libero mercato”.
Al contrario, i mercati non regolati – particolarmente i mercati non regolati da una significativa tassazione dei redditi predatori – conducono invariabilmente all’opposti di una sana classe media: producono estremi di disuguaglianza, che sono tanto pericolosi per la democrazia quanto il cancro per un essere vivente.
Con i cosiddetti “liberi mercati non regolati”, i ricchi diventano ultraricchi, mentre una logorante povertà si diffonde tra i lavoratori come un’epidemia di eroina. Ciò polarizza ulteriormente la nazione, sia economicamente sia politicamente, il che, perversamente, cementa ancor di più il potere degli oligarchi.
Anche se in questo c’è una chiara dimensione morale – segnalata da Adam Smith nella sua classica Teoria dei sentimenti morali – c’è anche una vitale dimensione politica.
Smith, nel 1759, indicava che “Tutte le costituzioni di governo hanno valore solo in proporzione alla loro tendenza a promuovere la felicità di coloro che vivono sotto di esse. Questo è il loro solo uso e fine”.
Smith, tuttavia, aggiungeva una nota di avvertimento: “La disposizione ad ammirare, e quasi a venerare, i ricchi e i potenti e a disprezzare o, almeno, a trascurare persone di condizione povera e meschina… è una grande e più universale causa della corruzione dei nostri sentimenti morali”.
Jefferson fu acutamente consapevole di questo: la Dichiarazione d’Indipendenza fu il primo documento di fondazione di qualsiasi nazione nella storia del mondo che dichiarò esplicitamente la “felicità” un “diritto” che doveva essere protetto e promosso dal governo contro la predazione da parte dei molto ricchi.
Tuttavia ciò non è stato per nulla degno di considerazione per gli architetti dell’economia reganiana dell’offerta, anche se si sono appropriati della metafora di JFK che “la marea montante solleva tutte le barche” per spacciare la loro truffa ai lavoratori (senza barca).
Molto più fastidiosa (e ben nota sia a Smith sia virtualmente a tutti i fondatori della nostra nazione) era l’osservazione di Aristotele che quando una nazione persegue attività economiche/politiche che distruggono la sua classe media, essa inevitabilmente devolverà in un governo della folla o in un’oligarchia. Come indicò in La Politica:
“Ora in tutti gli stati ci sono tre elementi: una classe è molto ricca, un’altra è molto povera e una terza sta nel mezzo… Ma un governo dovrebbe essere composto, per quanto possibile, da uguali e simili; e questi sono generalmente le classi medie… Così è manifesto che la miglior comunità politica è formata da cittadini della classe media e saranno probabilmente bene amministrati quegli stati nei quali la classe media è più vasta e più forte, se possibile, di entrambe le altre classi o comunque di ciascuna di esse singolarmente; poiché l’aggiunta della classe media fa pendere la bilancia e impedisce all’uno o all’altro degli estremi di diventare dominante”.
E’ così che gli Stati Uniti erano per la generazione del boom delle nascite e fino a circa due decenni fa: un trentenne negli anni ’70 aveva il 90 per cento di possibilità di avere o ottenere uno standard di vita superiore a quello dei genitori. Ma dall’introduzione dell’economia reaganiana negli anni ’80 c’è stata una riduzione della “mobilità sociale” – la capacità di passare da una condizione economica a una migliore – superiore al 90 per cento.
Dunque se la nostra repubblica democratica deve tornare alla democrazia e deve sopravvivere (o anche aumentare) quanto è rimasto della nostra classe media, come possiamo farlo?
La storia mostra che i due principali regolatori in un sistema capitalista che provvede all’emergere di una classe media sono la tassazione progressiva e una sana rete di sicurezza sociale.
Come notò Jefferson in una lettera del 1785 a Madison: “Un altro mezzo per ridurre in silenzio la disuguaglianza di patrimonio consiste nell’esentare da ogni tassazione al di sotto di un certo punto e nel tassare i segmenti più alti di patrimonio in progressione geometrica rispetto alla loro crescita”.
In modo simile, Thomas Paine, proponendo in Agrarian Justice (1797) quella che oggi chiamiamo previdenza sociale, affermò che una democrazia può sopravvivere solo quando il suo popolo “vede davanti a sé la certezza di sottrarsi alle miserie che sotto altri governi accompagnano la vecchiaia…” Una tale forte rete di sicurezza sociale, sosteneva Paine, “avrà un avvocato e un alleato nel cuore di tutte le nazioni”.
Tragicamente, i Repubblicani stanno oggi pianificando di distruggere sia il sistema di tassazione progressiva della nostra nazione, sia la nostra rete di sicurezza sociale, nel servire ossequiosamente i loro stipendiatori miliardari.
Mandando a gambe all’aria Jefferson e FDR, i Repubblicani hanno approvato l’anno scorso un’agevolazione fiscale da trilioni di dollari per i ricchi, con un osso di poche centinaia di dollari gettato ai lavoratori.
Contemporaneamente i Repubblicani stanno già dandosi duramente da fare per smantellare gli ultimi residui del New Deal e della Grande Società.
Come segnala Ian Milhiser: “I Repubblicani alla Camera sperano di tagliare le prestazioni della previdenza sociale dal 20 al 50 per cento. Il piano del presidente della Camera, Paul Ryan, di trasformare in voucher [il programma di assistenza sanitaria] Medicare aumenterebbe di circa il 40 per cento i costi sostenuti dagli anziani. Poi taglierebbe [il programma di assistenza sanitaria] Medicare tra un terzo e la metà”.
Questa non è, naturalmente, la prima volta che i Repubblicani ci hanno provato. Cercano di smantellare la Previdenza Sociale sin dal 1936 e lo stesso Reagan persino registrò un LP definendo “socialista” la proposta di Lyndon Johnson di un programma chiamato “Medicare”, affermando che se fosse stata approvata, allora un giorno ci saremmo guardati indietro “ricordando il tempo in cui gli uomini erano liberi”.
Ed è stato sempre al servizio dello stesso programma: consegnare il potere politico ed economico ai morbosamente ricchi e alle imprese che li hanno portati al potere.
Un tempo avevamo un termine per questo impossessamento della democrazia da parte dei morbosamente ricchi e delle imprese: fascismo.
Come ho scritto in precedenza, agli inizi del 1944 il New York Times chiese al vicepresidente Henry Wallace, come segnalato dal medesimo, “di scrivere un articolo rispondendo alle seguenti domande: che cos’è un fascista? Quanti fascisti abbiamo? Quanto sono pericolosi?”
La risposta del vicepresidente Wallace a tali domande fu pubblicata sul New York Times il 9 aprile 1944, al culmine della guerra contro le potenze dell’Asse di Germania e Giappone.
“I fascisti statunitensi davvero pericolosi”, scrisse Wallace, “non sono quelli che sono direttamente o indirettamente collegati all’Asse. L’FBI li ha sotto controllo… Il fascista statunitense preferirebbe non usare la violenza. Il suo metodo consiste nell’avvelenare i canali dell’informazione pubblica”.
“Per un fascista il problema non è mai come meglio presentare la verità al pubblico”, continuò Wallece, “bensì come meglio usare le notizie per indurre il pubblico con l’inganno a dare più denaro e più potere al fascista e al suo gruppo”.
In questo, Wallace usava la definizione classica del termine “fascista”, la definizione che Mussolini aveva in mente quando affermò di aver inventato il termine.
Come indicava l’American Heritage Dictionary del 1983, il fascismo è: “Un sistema di governo che esercita una dittatura dell’estrema destra, solitamente mediante la fusione della dirigenza dello stato e dell’economia, assieme a un nazionalismo belligerante”.
Il vicepresidente Wallace espose senza giri di parole nel suo articolo del 1944 sul Times la sua preoccupazione che lo stesso avvenisse qui negli Stati Uniti: “Il fascismo statunitense non sarà realmente pericoloso sino a quando non ci sarà una coalizione determinata dei monopolisti e dei deliberati avvelenatori dell’informazione pubblica…”
Avrebbe potuto descrivere la Fox, la radio di destra promotrice dell’odio, e di miliardari che mantengono al potere l’odierno GOP.
Notando che “il fascismo è una patologia mondiale”, Wallace suggerì inoltre che la maggiore minaccia [del fascismo] agli Stati Uniti arriverà dopo la guerra” e sarà manifesta “all’interno degli stessi Stati Uniti”.
Vedendo i Repubblicani del suo tempo operare secondo lo stesso copione antioperaio di oggi, Wallace aggiunse:
Ancora un altro pericolo è rappresentato da quelli che, rendendo omaggio a parole alla democrazia e al benessere comune, nella loro insaziabile avidità di denaro del potere che il denaro fornisce, non esitano a evadere di nascosto le leggi ideate per salvaguardare il pubblico dall’estorsione monopolista”.
Come scrisse Wallace, alcuni nelle grandi aziende “sono disposti a mettere a repentaglio la libertà statunitense pur di conseguire qualche vantaggio temporaneo”.
In un commento preveggente delle accuse di Donald Trump agli “stupratori messicani” e alle “bande” di Chicago, Wallace scrisse:
“I sintomi del pensiero fascista sono influenzati dall’ambiente e adattati alle circostanze immediate. Ma sempre e dovunque possono essere identificati dal loro appello al pregiudizio e dal desiderio di approfittare delle paure e delle vanità di differenti gruppi al fine di guadagnare potere”.
“Non è una coincidenza che la crescita dei tiranni moderni sia stata in ogni caso annunciata dalla crescita del pregiudizio”.    
E tale pregiudizio sarebbe sfruttato per vincere le elezioni in modo che i fascisti possano derubare il popolo e accrescere il loro potere e la loro ricchezza.
Ma anche a questo punto, indicò Wallace, i fascisti statunitensi avrebbero dovuto comunque mentire al popolo al fine di guadagnare potere. E se fosse mai arrivato il giorno in cui un miliardario avesse aperto una rete “giornalistica” solo per promuovere il pensiero fascista, avrebbero potuto promuovere le loro menzogne con maggiore facilità.
“I fascisti statunitensi si riconoscono più facilmente per la loro deliberata perversione della verità e dei fatti”, scriveva Wallace. “I loro giornali e la loro propaganda coltivano attentamente ogni crepa di disunità, ogni fessura del fronte comune contro il fascismo. Usano ogni opportunità per mettere in discussione la democrazia”.
Nella sua più forte denuncia della marea che il vicepresidente degli Stati Uniti vedeva montare nel paese, egli aggiunse:
Affermano di essere super patrioti ma distruggerebbero ogni libertà garantita dalla costituzione. Pretendono la libera impresa ma sono i portavoce dei monopoli e dei tornaconti privati. Il loro obiettivo finale, verso il quale è diretta ogni loro menzogna, consiste nell’impossessarsi del potere politico in modo tale che usando contemporaneamente il potere dello stato e il potere del mercato possano mantenere in eterna soggezione l’uomo comune”.
Nelle elezioni del 2018 siamo a un bivio che Roosevelt e Wallace avevano solo immaginato.
Il fascismo finanziato dai miliardari è in ascesa negli Stati Uniti, definendosi “conservatorismo” e “trumpismo”.
Il comportamento odierno dei candidati Repubblicani e dei loro donatori miliardari è sinistramente parallelo al giorno del 1936 in cui Roosevelt disse: “Invano cercano di nascondersi dietro la bandiera e la Costituzione. Nella loro cecità dimenticano che cosa la bandiera e la Costituzione rappresentano.” Gli avvertimenti del presidente Roosevelt e del vicepresidente Wallace sono oggi più urgenti che mai.
Se Trump e i miliardari che stipendiano i Repubblicani riusciranno a distruggere gli ultimi sostegni dell’indebolita classe media statunitense, comprese Previdenza Sociale, Medicare e Medicaid – e riusciranno a bloccare qualsiasi possibilità di Medicare per Tutti o di università o istituti tecnici gratuiti – non soffrirà solo il 90 per cento degli statunitensi, ma svanirà quel poco di democrazia che è rimasto in questa repubblica. La storia, dai tempi dei greci e dei romani fino all’Europa della prima metà del ventesimo secolo, suggerisce che sarà probabilmente sostituita da un’oligarchia violenta, cleptocratica che non si sottrae più a termini come “fascista”.
I segnali d’allarme ci sono già e, di fronte alla frode elettorale nazionale basata sulle purghe Repubblicane degli elettori, dobbiamo presentarci in gran numero se dobbiamo preservare il ‘Sogno Americano’ e renderlo finalmente disponibile a tutti.



Per concessione di ZNet Italy
Fonte: https://www.alternet.org/news-amp-politics/they-are-coming-your-social-security-and-medicare
Data dell'articolo originale: 17/10/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=24438 

05 novembre 2018

Lo strano incendio delle auto di Savona

Più di 1000 auto, custodite in un parcheggio a cielo aperto di Savona, sono andate a fuoco durante il temporale che ha investito la Liguria nei giorni scorsi. Il video che le ritrae è allucinante, surreale. Sembra di vedere un parcheggio di auto in miniatura che è stato incenerito con un lanciafiamme.



La cosa curiosa è che tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo le spiegazioni più accreditate, per una serie di cortocircuiti causati dalle batterie delle Maserati, che a quanto pare hanno delle batterie particolari, capaci di produrre scariche elettriche molto più potenti di quelle normali. Ma davvero questo è sufficiente a spiegare quello che è accaduto?

luogocomune.net

I MOSTRI DEL RATING / DENTRO MOODY’S, CON UN SOROS NEL MOTORE


Aspettiamo il voto delle agenzie di rating come se dovessero parlare degli oracoli. Le definiscono "indipendenti". Una bugia alta come le Twin Towers. Invece sono degli organismi del tutto parziali, perchè controllati da precisi gruppi economici, finanziari e spesso speculativi. I quali, cioè, hanno tutto l'interesse a dare questo o quel voto, per poter quindi declassare un Paese e "mangiarlo meglio" o farne un gustoso spezzatino.
Si è pronunciata, affibbiandoci un pessimo voto (da Baa2 a Baa3), Moody's, in genere la più "perfida" delle tre sorelle.
Ma entriamo nelle sue segrete e ovattate stanze. Ecco a chi fa capo, non certo dei santi. Il primo tra i soci è Warren Buffet, l'arcimiliardario e super speculatore, attraverso il suo Fondo, of course, che si chiama Berkshire Hataway. Ha sponsorizzato le campagne presidenziali di Barack Obama e Hillary Clinton, tanto per darsi un tono 'democratico'.
Nell'azionariato, poi, spicca la stella (nera) di Blackrock, il principe di tutti i Fondi: pensate che come 'advisor' eccellente può contare su un calibro come George Soros, il magnate umanitario MangiaPaesi, il numero uno degli speculatori internazionali che vuol tanto bene ad ong e migranti…..
Non è certo finita, perchè tra i soci da novanta fanno capolino gli altri due colossi dei Fondi, come Vanguard Groupe e State Street. Dei veri mostri sacri, capaci di avere in pancia (Blackrock, Vanguard e State) quasi la metà delle azioni di tutte le aziende a stelle e strisce, anche concorrenti tra loro. Quindi capaci, da sole, di controllare economie e finanze di mezza America.
Lorsignori hanno in mano i destini di Paesi, come l'Italia, che cercano di crescere. Non c'è un qualche conflitto d'interessi, visto appunto che poi possono fare un sol boccone di pezzi interi di questo o quel paese, attraverso la miriade di aziende che a loro volta controllano?
Una autentica forma di gangsterismo finanziario, nella tanto democratica America. Altro che Al Capone. Val la pena di ricordare il titolo di un libro scritto da Elio Lannutti sul sistema creditizio: "Bankster – Peggio di Al Capone i vampiri di Wall Street e piazza Affari".
Meno complessi i contesti azionari delle altre due sorelle. Fitch fa capo al gruppo Hearst che controlla mezzo settore delle comunicazioni negli States (ricordate tanti anni fa il rapimento di una rampolla, Patricia?). Standard & Poor's è riconducibile ad un altro colosso, il gruppo Mc Graw Hill, controllato dalla Capital Word Investment.

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02 novembre 2018

LA “RIVOLUZIONE” GIALLOVERDE IN RAI / ECCO I MEZZIBUSTI DELLA NON INFORMAZIONE


I had a dream: le direzioni dei 3 Tg affidate a Milena Gabanelli, Lilli Gruber e Federica Sciarelli, un formidabile trio d'attacco tutto al femminile. Rispettando curricula, competenze, audience, carriera e chi più ne ha più ne metta. Ma soprattutto saper fare, sul serio, giornalismo, quello con la G maiuscola, ormai pezzo raro in tutte le redazioni.
Il governo del nuovo, del cambiamento gialloverde avrebbe potuto dare un reale segno di discontinuità col passato lottizzato, incompetente e clientelare, far capire ai cittadini che il vento è davvero cambiato.
E invece? Ci ritroviamo ai vertici dei Tg tre cariatidi da prima repubblica marcia, da seconda repubblica avariata, il peggio del peggio che neanche le possenti menti di Dc e Psi sarebbero mai state, all'epoca, in grado di partorire. Mezzibusti da museo catapultati ai vertici dei Tiggì.

L'INFORMAZIONE ? DISTRUGGIAMOLA
E allora, sorge spontanea la domanda: ma che ci stanno a fare al Governo i 5 Stelle?
In rapidissima sequenza: un decreto fiscale che fa inorridire, sembra firmato dal tandem Renzusconi, ed hanno perfettamente ragione Elio Lannutti e Carla Ruocco ad incazzarsi.


Carla Ruocco. Nel montaggio di apertura, da sinistra, Luigi Di Maio, Gennaro Sangiuliano, Giuseppe Carboni e Giuseppina Paterniti

Poi la figuraccia mondiale per la Tap, presi come i bambini con le mani nella marmellata: faccio le barricate per il NO, poi le scavalco e passo per il SI, con delle scuse – le penali – da far ridere i polli.
Adesso queste tre nomine che peggiori non si può. Ma c'è ancora intenzione di fare informazione in Rai? O di mandare tutto in malora alla faccia dei proclami? Il patrimonio della Rai pubblica deve svalorizzarsi sempre più, ogni giorno trasformarsi in monnezza per una sorta di masochismo chissà da cosa mai generato?
Vediamo cosa sta succedendo. A dirigere il Tg1 – in quota Luigi Di Maio & C. – arriva uno tutta Rai e famiglia, Giuseppe Carboni, prima una lunga esperienza via radio, poi da sei anni caporedattore al Tg2. Negli ultimi tempi è passato a seguire le vicende politiche dei pentastellati. Lo scoop della vita: aver raccolto le prime dichiarazioni di Beppe Grillo dopo la famosa nuotata che lo ha portato sulle rive siciliane. Stop.
Al Tg3 – in quota a quanto pare Pd – un'altra creatura nata e cresciuta a viale Mazzini, il viso rassicurante e pacioso dall'Europa di Giuseppina Paterniti, senza infamia e senza lode per sette anni corrispondente da Bruxelles senza mai farsi notare. Un miracolo di trasparenza.


IL GENNY ADORATO DAL MANGIANAPOLETANI SALVINI
Ma la vera chicca è quella di Sangiuliano Gennaro, alias Genny, candidato in pectore a tutto. Abbiamo più volte tratteggiato il suo alto profilo (potete leggere i link in basso), cercheremo quindi di essere brevi, anche se il Nostro meriterebbe una Treccani solo per il suo nome.
E torniamo ai suoi esordi giornalistici (quelli meno noti al 'grande' pubblico), la 'gavetta', perchè è la faccia meno conosciuta del nuovo Montanelli (c'è una differenza di altezza e qualcos'altro ma passiamo oltre) che va raccontata ai lettori avidi di saperne di più.
Coi calzoncini corti frequenta i camerati fascisti, è a tutti i raduni, Giorgio Almirante il suo idolo. S'iscrive, of course, al Fronte della Gioventù, Francesco Storace oggi lo saluta come "carissimo amico".
Ma l'età lo matura, modera i suoi istinti e s'accasa sotto la bandiera dei liberali, l'ala protettiva della dinasty dei De Lorenzo. Ne diventa il perfetto portaborse: la scena da incorniciare, più volte descritta dai suoi agiografi, fra i padiglioni del Pascale di Napoli (l'istituto oncologico per decenni feudo dei De Lorenzo), un po' ingobbito sotto il peso delle due borse che deve portare, quella del patriarca Ferruccio De Lorenzo, presidente a vita dell'Ordine dei Medici partenopeo, e del figlio Francesco, Sua Sanità.


Francesco De Lorenzo

Per questo la sua penna trova la prima palestra scrivendo e poi dirigendo il foglio del nosocomio, "Amici del Pascale". Quindi arriva la politica, con la direzione di un altro foglio di famiglia, "L'Opinione Liberale". Sono anni di dura gavetta, tra le borse da portare, le bozze da correggere e i primi editorialini da firmare.
Viene premiato con le apparizioni video – una vera premonizione – nonostante non sia giudicato particolarmente telegenico, non tanto per l'altezza non ragguardevole, quanto per la pelata, che però gli conferisce un aspetto da piccolo intellettuale crociano. Si tratta di Canale 8, la tivvù targata "PD2", ossia l'asse composto dai tre pezzi da novanta della politica di allora, tutti gli anni '80 e l'inizio dei '90 (fino al ciclone di Mani Pulite): 'O Ministro Paolo Cirino Pomicino, il vicesegretario del Psi Giulio Di Donato, e lui, Sua Sanità.
Ma non dimentica la carta stampata, il Nostro, dirigendo il periodico "Econony", di pretta ispirazione delorenziana.
Sparito con Tangentopoli il Pli, il suo punto di riferimento, of course, diventano i berlusconiani, ma prima d'arrivare di nuovo agli schermi dirigerà il Roma, la creatura del Comandante e primo sindaco monarchico di Napoli Achille Lauro, quindi passerà a L'Indipendente, infine sarà addirittura il vice di Vittorio Feltri a Libero.
E' la volta del salto in Rai, sotto l'ala di Forza Italia, al TG1 diretto da Augusto Minzolini.
E comincerà il sodalizio con l'altro partenopeo doc sbarcato in pompa magna alla Rai, Mario Orfeo. Arriva dal Mattino, Orfeo (una cover della Voce alla sua nomina titolò "CircOrfeo"), è un pupillo di 'O Ministro, visto che 'O Zio è nientemeno che Vincenzo Maria Greco, il pluricondannato faccendiere e uomo ombra di Pomicino dal dopo terremoto '80, via Tav, fino ad oggi.

QUELL'INDIMENTICABILE TANDEM
Il tandem Orfeo-Sangiuliano comanda per anni in viale Mazzini, sembrano fatti uno per l'altro.
Poi succede un altro miracolo. Quando la Lega comincia a far sentire la sua voce, e Matteo Salvini  fa capolino sul palcoscenico nazionale, ecco che diventa leghista doc. E un altro prodigio. Sì perchè del Genny vesuviano doc si innamorano contemporaneamente i due razzisti e antimeridionalisti più celebri da noi, Matteo Salvini e Vittorio Feltri, con il quale il Genny nazionale scrive addirittura due libri a quattro mani nel 2013 e nel 2014, entrambi editi da Mondadori: "Una Repubblica senza Patria – Storie d'Italia dal '43 ad oggi", e "Quarto Reich – Come la Germania ha sottomesso l'Europa".


Gennaro Sangiuliano e, a destra, Mario Orfeo

Quindi sarà la volta della politica internazionale nella quale si tufferà e nuoterà per anni. Da Lenin a Puntin, da Hillary Clinton fino a Donald Trump, un poker di biografie che gli storici di tutto il mondo gli invidiano.
Un perfetto idem sentire coltivato con l'amico Salvini, quello per Puntin, di cui il nostro Genny commenta: "ha ridato orgoglio, identità e visione ad un Paese umiliato e disastrato".
E non mancò, Genny, di farsi immortalare in un sorridente selfie con l'amico Matteo (Salvini) all'indomani del trionfo della Lega al voto del 4 marzo. Dio li fa e poi li accoppia.
Sorge spontanea un'altra domanda. Ma di quale informazione mai potranno usufruire gli italiani che pagano il canone? Quali cavolo di notizie saranno costretti a bere da mattino a sera? Quali maree di notizie verranno oscurate, censurate, negate? Quale straccio di inchiesta potremo mai più vedere? Ma non è, questo, un attentato alla Costituzione, quando la libertà d'informazione viene del tutto calpestata, umiliata, azzerata, annichilita, negata?
E dovevamo aspettare la cosiddetta terza repubblica, quella del Nuovo, del Domani, del Cambiamento per ritrovarci in un vero Gulag?
P.S: A proposito, quale poltronissima, ora, attende il disoccupato Orfeo?

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SANGIULIANO / QUEL GRANDE BAGAGLIO CULTURALE 
21 giugno 2018 di Cristiano Mais

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Pubblicato in italiano «Sous nos Yeux» di Thierry Meyssan

Il libro di Thierry Meyssan, Sous nos yeux, è uscito in italiano con il titolo Sotto i nostri occhi. La grande menzogna della «Primavera araba». Dall’11 settembre a Donald Trump, pubblicato dalle Edizioni La Vela.
L’opera contiene correzioni rispetto all’edizione francese e aggiornamenti rispetto alle edizioni in lingua spagnolarussa e turca.
L’opera è preceduta da un invito alla lettura in cui Giulietto Chiesa presenta l’autore ai lettori. Chiesa è un giornalista. È stato corrispondente per L’Unità e La Stampa da Mosca, dove ha stretto amicizia con Mikhail Gorbaciov, con cui ha fondato il World Political Forum. Ha partecipato alla conferenza Axis for Peace del 2005. Oggi è membro del Club di Valdaï. Chiesa è altresì un politico, è stato deputato europeo e oggi anima il sito Megachip nonché la televisione internet Pandora TV.
La prefazione è stata redatta da Germano Dottori, che scrive per la rivista di geopolitica Limes, la più importante del settore in Europa occidentale. In essa Dottori fa una valutazione dell’importanza delle rivelazioni contenute nel libro, che consegna una rilettura completa delle relazioni internazionali dall’11 settembre.
Completa infine l’edizione italiana un’introduzione del professor Franco Cardini, noto a livello internazionale come storico delle crociate ed esperto delle relazioni cristiano-islamiche. È stato amministratore della RAI. Cardini mette a confronto l’apporto di Meyssan con altre fonti.
Il libro è in vendita in libreria a 20 euro; può essere però acquistato on-line sul sito della casa editrice La Vela a 17 euro.