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22 giugno 2019

Vaccini e libertà di scelta. Appuntamento il 27 giugno in Parlamento


27 giugno 2019 – Ore 13.00 – Conferenza Stampa c/o Sala Stampa della Camera.
In questi due anni il tema della libertà di scelta vaccinale ha dimostrato che siamo in un momento storico caratterizzato dalla mancanza di dialogo tra istituzioni e cittadini. Abbiamo assistito a una grave riduzione del dibattito su diritti costituzionalmente garantiti, come l’autodeterminazione e la libera scelta in campo sanitario, e allo sterile scontro tra fantomatiche fazioni provax-novax. Soprattutto risultati di importanti ricerche scientifiche sono stati per lo più ignorati o screditati.
Dalle analisi di laboratorio (screening sperimentali auspicati nella relazione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta Uranio Impoverito) commissionate dall’associazione Corvelva emergono importanti risultati che pongono serissimi dubbi sull’efficacia e sicurezza di alcuni vaccini, aprendo le porte a ipotesi che, se confermate, paleserebbero una truffa ai danni della collettività di proporzioni enormi.

La stessa associazione di cittadini ha finanziato ricerche epidemiologiche, oggi pubblicate sulla rivista scientifica “Epidemiologia & Prevenzione”, con tutti i crismi della peer review, che vanno a confermare le risultanze della Commissione Parlamentare sullo stato di salute dei militari missionari e non missionari.
Alla gravità dei risultati ottenuti e del fatto che dei cittadini abbiano dovuto finanziare esami di laboratorio che, in un Paese civile, spetterebbe allo Stato sostenere, si aggiunge oltretutto la gravità della mancanza di confronto e dibattito scientifico sui risultati medesimi, nonché la mancanza di considerazione degli stessi da parte delle Istituzioni.
Al contempo si continua a disconoscere come le multinazionali del farmaco finanzino, direttamente o indirettamente, una grossa fetta dei medici italiani, associazioni mediche e Università. Negare i progressi scientifici e medici è tanto sciocco quanto negare che gli stessi progressi scientifici e medici, mal governati, stiano portando a pericolose derive. “Le principali riviste scientifiche distorcono il processo scientifico e
rappresentano una tirannia che va spezzata. […] La scienza è a rischio: non è più affidabile perché in mano a una casta chiusa e tutt’altro che indipendente”, affermava il Premio Nobel per la medicina Randy Schekman nel 2013.

È tempo che la ricerca ritorni a essere indipendente, aperta e al servizio dei cittadini e che i diritti individuali siano garantiti. Il diritto alla salute, allo studio, ma anche il diritto ad avere dubbi, a informarsi e al rispetto, soprattutto da parte di uno Stato che per troppo tempo ha ignorato le istanze di un’ampia fascia di popolazione, compresi i tantissimi danneggiati da pratica vaccinale, spesso derisi, non riconosciuti e se
morti taciuti. Il Disegno di Legge 770 dovrebbe essere promulgato in quest’ottica.
Durante la Conferenza Stampa parleremo dello stato dell’arte dei progetti in corso sia dell’Associazione Corvelva (che dal 1993 si batte per la libertà di scelta vaccinale e terapeutica, raccogliendo le preoccupazioni di tante famiglie che da circa due anni si sono viste negare l’accesso ai servizi educativi per i propri figli) che del Comitato COSMI (nato dalle richieste inevase della Commissione Parlamentare d’Inchiesta Uranio Impoverito, composta da politici e consulenti tecnici che hanno presieduto l’ultima Commissione e da medici che hanno portato il loro apporto
 cientifico alla discussione), elencando tutte le figure che sono state informate e hanno disatteso il minimo ascolto di una parte della cittadinanza.

Interverranno:
On. Ivan Catalano – Vicepresidente Com. Parl. d’Inchiesta Uranio Impoverito (XVII Legislatura);
Dott.ssa Loretta Bolgan – Chimica specializzata in tecnologie farmaceutiche;
Dott. Pier Paolo Dal Monte – Chirurgo, epistemologo e saggista coautore del libro Immunità di Legge;
On. Sara Cunial – Gruppo Misto.
Modererà la Conferenza Stampa Nassim Langrudi – Referente dell’Associazione Corvelva.


07 giugno 2019

NEWSLETTER VOCE DELLE VOCI - 6 GIUGNO 2019


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LA NEWSLETTER DI GIOVEDI' 6 GIUGNO 2019


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6 Giugno 2019
  di Luciano Scateni
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5 Giugno 2019
  di Luciano Scateni
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GIALLO CONTI / GIP CONTRO PM PER IL “SUICIDIO” DEL GENERALE AMBIENTALISTA


Clamorosa svolta nel giallo Conti. Ad un anno e mezzo da quel più che anomalo “suicidio” del generale dei carabinieri Guido Conti, il caso si rianima.
Grazie all’impegno della famiglia che non si è arresa a quella pista chiaramente fasulla, e del gip del tribunale di Sulmona, Marco Billi, che ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm Aura Scarsella.
La prossima udienza è ora fissata per l’11 luglio.
Ma cerchiamo di ricostruire quella morte più che mai avvolta nel mistero.

LE TANTE ANOMALIE DEL “SUICIDIO”
Il 17 novembre 2017 viene ritrovato, nelle vicinanze di Sulmona, il cadavere del generale del corpo forestale dei carabinieri, una vita di grande impegno professionale, dedicata soprattutto alla scoperta di grossi reati ambientali, dai traffici milionari di rifiuti tossici alle maxi discariche, come quella che aveva scoperto a Bussi, nel pescarese, la più grande d’Europa.
Negli ultimi anni il generale indaga anche sulla tragedia di Rigopiano. Terminata la lunga carriera, Conti va in pensione. Ma non se la sente di incrociare le braccia e vuole ancora lavorare. Ed ecco che si prospetta una consulenza per la sicurezza ambientale alla Total Italia, impegnata nei contestati lavori a Tempa Rossa che provocarono addirittura le dimissioni del ministro dell’Industria nel governo Renzi, ossia Federica Guidi.
Conti lascia due lettere per la famiglia. In esse descrive tutto il dolore provato per le indagini di Rigopiano, una vicenda che gli pesa sul cuore come un macigno. Ecco cosa scrive: “Da quando è successa la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata. Quelle vite mi pesano come un macigno. Perché fra i tanti atti ci sono anche prescrizioni a mia firma. Potevo fare di più?”.

Il tribunale di Sulmona. Sopra, il generale Guido Conti
I media puntano quindi dritti sulla pista “Rigopiano”. Tutto il resto passa in cavalleria.
Ma spunta subito un giallo nel giallo.
Alla redazione del maggior sito d’informazione in Abruzzo, Primadanoi, nella giornata in cui il generale scompare e non dà più notizie di sé, arriva una misteriosa telefonata, una voce metallica, imbarazzata che fa cenno all’incarico del generale alla Total. Incarico che – si scopre – aveva lasciato appena due giorni prima: durato neanche un mese. “Conti ha lasciato Total. Lo potete verificare – dice la voce – telefonando in azienda oppure chiamando il generale”.
Racconta il direttore di PrimadanoiAlessandro Biancardi, che aveva raccolto la telefonata: “Non si capisce perché quella telefonata poche ore prima del ‘suicidio’, proprio quando Conti aveva appena fatto perdere le sue tracce e iniziato a far preoccupare la famiglia”. E prosegue: “A dirla tutta, sembra strano che Conti nel suo scritto abbia parlato di Rigopiano e non accennato per niente alla Total e alla decisione di lasciarla così rapidamente”.

Ancora: “Che la sua morte non sia dovuta alla sola vicenda di Rigopiano sembra esserne convinta anche la procura di Sulmona che, non a caso, ha indirizzato le sue ricerche soprattutto sull’ultima fase professionale di Conti: il suo addio alla divisa e la sua assunzione alla Total. I carabinieri dell’Aquila hanno già sentito diversi dirigenti della multinazionale, tra cui l’amministratore delegato Francois Rafine hanno anche acquisito le conversazioni che Conti ebbe il 7 novembre e i giorni seguenti con il blogger ambientalista Giorgio Santoriello con cui ebbe un vivace confronto su Facebook proprio in relazione al passaggio in una multinazionale privata. Sui misteri di Tempa Rossa e gli effetti inquinanti”.
La pista sulla quale la procura di Sulmona lavora è quella di “istigazione al suicidio”.

SETTE COSE CHE NON TORNANO
E fanno subito capolino non poche anomalie ed elementi sospetti sui quali indagare a fondo: “una morte con troppi interrogativi senza risposta”, scrive oggi il Corriere della Sera. Che prosegue: “Come ad esempio la posizione della mano da cui è partito il colpo della calibro 9, anomala per chi si è appena sparato alla tempia. O come la presenza, sul luogo e nell’ora del decesso, di un Suv con a bordo uno sconosciuto. Perché era lì?”.
Nella memoria presentata dal legale della famiglia Conti, Alessandro Margiotta, in procura, vengono sottolineati sette punti da chiarire. Tra cui appunto la posizione del corpo “trovato prono e con la mano destra che impugna la pistola e l’avanbraccio ripiegato verso il petto che non collima con l’ipotesi di suicidio per un colpo sparato alla testa”.

Poi c’è la presenza di una Cayenne bianca ultimo modello, “con luci posteriori a forma rettangolare e non bombate”, come riferisce un testimone che avrebbe visto l’auto dove è stato poi trovato il cadavere.
Si parla ancora di alcune telefonate non poco turbolente che Conti ha avuto nei giorni precedenti (tra cui quelle con l’ambientalista Santorelli); e di quella anonima ricevuta da Primadanoi, che poi risulterà effettuata da un dipendente Total che si è dichiarato particolarmente colpito dalle fresche (due giorni prima) dimissioni del generale.
C’è quindi il giallo dei documenti distrutti, quando due giorni prima di scomparire il generale – scuro in volto e taciturno – si reca in una computisteria per distruggere tutte i file dei documenti che conservava nella memoria del suo computer. Perché?
Insomma una serie di quesiti e interrogativi non da poco, degni di rigorosi approfondimenti e di ricerche a tutto spiano.
E invece cosa fa il pm Aura Scarsella? Chiede nientemeno che l’archiviazione. Respinta dal gip Marco Billi che chiede, naturalmente, di proseguire nelle indagini. Un po’ come sta succedendo da alcuni anni a Roma, per il caso Alpi, tra le richieste del pm Elisabetta Ceniccola di archiviare il caso e i gip che vogliono ancora andare avanti alla ricerca della verità.

SCARSELLA CHI ?
Ma chi è Aura Scarsella?
Un pm da anni in servizio alla procura di Sulmona, e per questo considerata “il pm anziano”.

Camillo Valentini, sindaco di Roccaraso arrestato dalla Procura di Sulmona e morto nel carcere di massima sicurezza
Il suo nome ha fatto capolino nelle cronache giudiziarie una quindicina di anni fa, proprio in occasione di un altro suicidio eccellente, quello dell’allora sindaco di Roccaraso Camillo Valentini.
Eccoci quindi ad un altro giallo mai chiarito. Il 16 agosto 2004, nel carcere di Sulmona, l’ingegnere e sindaco, una persona stimata da tutti i suoi concittadini e in tutta la regione, viene ritrovato cadavere nella sua cella, la testa infilata in una busta di plastica legata con i lacci delle scarpe (le modalità ricordano quelle per la morte in galera del vertice Eni Gabriele Cagliari ai tempi di Mani pulite).
Era stato sbattuto in carcere, Valentini, dopo le dichiarazioni di un costruttore locale, Federico Tironesi, dalle cui denunce erano partite le accuse di concussione, puntualmente recepite dalla procura di Sulmona, che subito dispose gli arresti, compreso quello di Valentini. Nel 2008 Tironesi sarà condannato per calunnia nei confronti del primo cittadino: ma ormai è troppo tardi.

Sulla vicenda scrive un’interrogazione di fuoco all’allora guardasigilli leghista Roberto Castelli il parlamentare socialista Enrico Buemi, tra l’altro membro della commissione giustizia e presidente del Comitato carceri.
Punta l’indice Buemi: “Successivamente al tragico evento sono emerse una serie di circostanze, a giudizio dell’interrogante, sospette, che riguardano gli organi inquirenti, nonché alcuni elementi della magistratura”.
“Il primo riferimento è ad una lettera anonima pervenuta allo studio dell’avvocato Carlo Rienzi, il battagliero presidente del Codacons che per primo è sceso in campo per far luce sulla vicenda. Nella missiva, trasmessa al Csm, si faceva il nome della “dottoressa Scarsella, magistrato con maggiore anzianità di servizio presso la medesima procura” (quella di Sulmona, ndr), la quale “si troverebbe in una situazione di incompatibilità poiché il proprio marito, dottor Giorgio Leone, è titolare di una farmacia a Roccaraso”. Il pm Scarsella, inoltre, non avrebbe “sempre ottemperato a tale obbligo di astenersi nei procedimenti che riguardano anche il Comune di Roccaraso, con l’evidente concretarsi di un’ipotesi di mancanza di imparzialità”.
Il gup di Campobasso, Libera Maria Rosaria Rinaldi, il 12 gennaio 2012 assolve Carlo Rienzi dall’accusa di aver calunniato i magistrati che si erano occupati del caso Valentini. Durissime le parole del gup, che scrive di “una vicenda oscura e viziata”; di “assoluta inconsistenza delle indagini” e accusa i colleghi sulmonesi di essere entrati in totale confusione, avendo addirittura scambiato Italia Nostra per Cosa Nostra!
Camillo Valentini – ricostruisce il gup di Campobasso – è stato “ingiustamente perseguitato” e “dopo ora trascorse senza dormire, da solo, in un carcere di massima sicurezza, all’alba del 16 agosto 2004 infilava la testa in una busta di plastica chiudendola con i lacci della scarpe da ginnastica, lasciando dietro di sé il dolore dei figli, dei genitori, del fratello, degli amici e i dubbi ancora irrisolti sugli eventi che lo determinarono al compimento del gesto estremo”.

QUELLA VOCE DEVE MORIRE

Un comizio Idv a Sulmona. Al centro Antonio Di Pietro e, sull’estrema destra, Annita Zinni.
Il nome di Aura Scarsella rimbalza anche tra le pagine del processo di Sulmona contro la Voce, in seguito alla citazione civile di Annita Zinni, storica amica di Antonio Di Pietro. Scarsella in questo caso è il teste chiave, l’asso nella manica sfoderato dai legali della Zinni per ottenere la condanna della Voce, costretta a chiudere la sua edizione cartacea dopo 30 anni di presenza nelle edicole.
Ecco per sommi capi i fatti. Zinni cita in giudizio la Voce e chiede 40 mila euro per i il profondo turbamento (“patema d’animo transeunte”) morale e corporale che avrebbe subito in seguito alla pubblicazione di un articolo firmato dal giornalista Rai Alberico Giostra e dedicato alla tribolata maturità di Cristiano Di Pietro, figlio dell’ex pm.

Come fondamento delle sue accuse, Zinni produce il parere di una psicologa e, soprattutto, indica Aura Scarsella come teste. A lei, subito, ha confidato quel profondo turbamento, a lei ha aperto il suo cuore lacerato. E il 26 ottobre del 2011 Scarsella andrà a testimoniare per l’amica del cuore.
E davanti a chi? Al giudice Massimo Marasca, altro suo collega, impegnato con la Scarsella in tante inchieste portate avanti alla procura, lui in veste di gip, o di giudice, lei di pm.
E portano avanti insieme altre battaglie, Scarsella e Marasca, ad esempio nel caso di un ricorso al Tar – insieme ad altre toghe – per via di alcune decurtazioni di stipendio avviate a livello nazionale.
A questo punto – senza alcun problema – la Voce viene condannata. Non a quanto chiede l’insegnante sulmonese Zinni, ma per il doppio: la bellezza di 90 mila euro e passa. Un vero e proprio record nei risarcimenti danni chiesti a giornali ed editori: basti pensare alle medie dell’Espresso (fresca la condanna per un articolo di Lirio Abbate a 40 mila euro) o di Mondadori (appena 20 mila per Gomorradi Saviano e uno scambio di persona).
Siamo costretti cinque anni fa a cessare le pubblicazioni, non avendo più la possibilità economica di stampare la Voce, con i conti correnti bloccati (anche quelli personali). Per inciso, anche Primadanoi è costretto, un anno fa, a chiudere, sempre per una assurda maxi condanna civile di risarcimento danni, la vera mannaia che sta decapitando tante testate storiche di piccola e media dimensione, ammazzando quel poco che resta della libertà d’informazione.
Nel frattempo il giudice Massimo Marasca ha trovato il tempo per denunciare la Voce, colpevole di aver descritto la Zinni story: chiede a sua volta 80 mila euro per la lesa maestà.
E si è trasferito, da qualche anno, al tribunale di Civitavecchia. Nel recente pedigree spicca una chicca: in occasione del processo per il caso Vannini che ha destato scalpore e stupore in tutta Italia, non ha accolto la richiesta della parte civile di citare in giudizio il ministero della Difesa, che dovrebbe di tutta evidenza occuparsi del risarcimento danni: una dimenticanza o cosa?


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