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06 dicembre 2019

EMANUELA ORLANDI / APPELLO AL PAPA, BASTA SEGRETI


Ennesimo appello della famiglia di Emanuela Orlandi al Vaticano. Lo rivolge direttamente a papa Francesco il legale della famiglia, Laura Sgrò.
Ecco alcune sue frasi.
“Santità, Lei certamente segue con sguardo misericordioso la tragedia di Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno 1983, e di cui nulla è dato sapere alla madre e ai suoi fratelli, caricandoli di un dolore che non trova pace”.
“La famiglia mi ha incaricata di sostenere legalmente la loro ricerca della verità e per questo Le chiedo un atto di carità e di giustizia sovrana, non avendo trovato nei livelli ordinari la necessaria e aperta collaborazione che si auspicava”.

Laura Sgrò
“Testimonianze recenti e investigazioni difensive hanno fornito la certezza dell’esistenza di un fascicolo segreto sul sequestro di Emanuela, e riferiscono di attività precise e strutturate volte a ricostruire quanto è accaduto. Vi è documentazione su Emanuela, custodita nell’archivio segreto della Segreteria di Stato e mai condivisa”.
“L’accesso della famiglia a questi documenti mi viene ripetutamente negato da anni. Il silenzio ha prima avvolto la mia richiesta e poi l’ha inghiottita”.
“Santità, Lei di recente, non temendo la storia, con animo sereno e fiducioso, ha autorizzato l’apertura degli Archivi Vaticani per il Pontificato di Pio XII che, come Lei stesso ha detto, ‘si trovò a condurre la Barca di Pietro in un momento tra i più tristi e bui del secolo ventesimo’”.
“Anche la scomparsa di Emanuela rappresenta un momento triste e buio del secolo scorso. Adesso, però, sono le sue mani ferme e misericordiose a condurre la Barca di Pietro. La conduca verso quella Verità che, come ci ha insegnato Nostro Signore, rende liberi”.
Un anno e mezzo fa proprio la Voce (e poi l’Espresso) raccontarono la storia di documenti segreti custoditi nell’archivio altrettanto super segreto della Segreteria di Stato vaticana. In quelle carte, tra l’altro, erano contenuti prove relative ad un soggiorno di Emanuela per svariati mesi in un appartamento gestito da alcune suore a Londra. A quanto pare tra la documentazione c’erano messaggi, rendiconti e altri elementi importanti.
Come mai – ci siamo più volte domandati e abbiamo domandato – la Segreteria di Stato vaticana non fornisce spiegazioni in merito (o lo fa in modo del tutto rabberciato negando tout court l’esistenza di qualsivoglia documento)? Perché è calato, su quella vicenda fondamentale, un silenzio complice e omertoso?
Sarebbe il caso, una buona volta, di rompere il muro di gomma e tirar fuori le verità come implora la famiglia da anni e ora con particolare veemenza.
Ma sorge spontaneo un altro interrogativo. Un paio di mesi fa, alla notizia dell’insediamento dell’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone al vertice del tribunale vaticano, lo stesso avvocato Laura Sgrò ha manifestato la sua soddisfazione.
Forse non sono giunti segnali positivi dal tribunale vaticano? O può essere questo un cortese modo per mettere qualche pressione allo stesso ex procuratore numero uno della capitale?

23 agosto 2019

GIALLO EPSTEIN / COMINCIANO I “MESSAGGI”


L’affare Epstein si fa sempre più esplosivo. Il braccio destro del magnate americano “suicidato” nel super carcere di New York, infatti, ha appena cominciato a lanciare “messaggi”.
Ghislaine Maxwell si è fatta fotografare al tavolino di un bar nel cuore di Los Angeles mentre mancia un hamburger. Ma, soprattutto, mentre sfoglia le pagine di un libro dal titolo che è tutto un programma, “The Book of the Honor – The Secret Lives and Deaths of the CIA Operatives”, ossia “Il Libro dell’Onore – Le Vite e le Morti Segrete dei Vertici Operativi della CIA”. Autore del giallo politico è Ted Gup.
“Un messaggio che più chiaro non si può”, scrive il New York Post.
Nel volume vengono descritte non poche black stories che vedono come protagonisti agenti di grosso calibro griffati Cia, utilizzati per le più spericolate manovre politiche. La gran parte viene poi “scaricata” dall’establishment e, in particolare, dai big della Casa Bianca.
Osservano alcuni analisti americani: “Lancia messaggi perché teme di essere abbandonata. Lei era una sorta di super manovratore delle mosse di Epstein, una sorta di maxi organizzatrice, in qualche modo lo ‘aveva nelle sue mani’. Adesso ne porta tutti i segreti esplosivi. La sua morte può far comodo a molti, per questo ora lei lancia i suoi messaggi: se mi fate qualcosa, vi porto con me”.
Notano altri: “I circuiti che la Maxwell ha frequentato sono soprattutto quelli britannici e israeliani, nell’orbita dei Rotschield. Vengono subito alla mente i legami tra questi ambienti e quelli del ‘Deep State’ o, se volete, della ‘Quinta Colonna’. Un mondo di politica e affari che aveva scommesso molte carte sulla rielezione di Hillary Clinton”.
E il tandem Epstein-Maxwell ha “lavorato” all’ombra dei presidenti Usa. Tutti, nessuno escluso, a cominciare dai Bush, senior e junior…

Nella foto Ghislaine Maxwell a Los Angeles mentre legge il libro sugli affari sporchi della CIA

21 agosto 2019

L’elenco completo delle persone collegate ai Clinton morte in circostanze misteriose o ‘suicidatesi’ prima di testimoniare


Sabato scorso, il miliardario Jeffrey Epstein, il detenuto di più alto profilo in custodia negli Stati Uniti, è stato trovato morto nella sua cella di Manhattan.
Questo è avvenuto il giorno dopo che erano state rese pubbliche duemila pagine di documenti giudiziari, precedentemente secretati, riguardanti il procedimento contro Jeffrey Epstein per atti di violenza sessuale su minori.
I documenti descrivevano come Bill Clinton avesse partecipato a feste private sull’isola del pedofilo Jeffrey Epstein.
Clinton aveva volato almeno 27 volte sull’aereo privato di Jeffrey Epstein. Nella maggior parte di quei voli era stato accompagnato da ragazze minorenni.
Nonostante un precedente tentativo, appena tre settimane fa, di togliersi la vita, le guardie carcerarie, la notte di venerdi, avevano saltato i controlli previsti ogni 30 minuti alla cella di Epstein.
Nelle prime ore del mattino lo avevano trovato morto.
Jeffrey Epstein è l’ultimo di un lungo elenco di collaboratori e frequentatori della famiglia Clinton che sono morti misteriosamente o si sono suicidati prima della loro testimonianza pubblica.
Nel 2016 la CBS di Las Vegas aveva pubblicato un elenco degli associati Bill e Hillary Clinton che sarebbero morti in circostanze misteriose.
Ecco quella lista.
1- James McDougal – Il socio dei Clinton condannato per il caso Whitewater era morto per un apparente attacco cardiaco mentre si trovava in isolamento. Era un testimone chiave nelle indagini di Ken Starr.
2 – Mary Mahoney – Una ex stagista della Casa Bianca, era stata assassinata nel luglio 1997 in una caffetteria Starbucks a Georgetown. L’omicidio era avvenuto subito prima che rendesse di pubblico dominio il fatto di avere subito molestie sessuali alla Casa Bianca.
3 – Vince Foster – Ex consigliere della Casa Bianca e collega di Hillary Clinton presso lo studio legale Rose di Little Rock. Era morto per una ferita da arma da fuoco alla testa, risolta come suicidio.
4 – Ron Brown – Segretario al Commercio ed ex Presidente del DNC [Comitato Nazionale Democratico]. La causa ufficiale della morte era stata impatto da incidente aereo. Un patologo che aveva partecipato alle indagini aveva riferito che c’era un buco nella parte superiore del cranio di Brown molto simile ad un ferita da arma da fuoco. Al momento della sua morte, Brown era sotto indagine e non aveva fatto segreto della sua volontà di concludere un accordo con gli inquirenti. Erano morti anche tutti gli altri passeggeri dell’aereo. Pochi giorni dopo, il controllore del traffico aereo si era suicidato.
5 – C. Victor Raiser, II – Raiser, uno dei principali responsabili dell’organizzazione per la raccolta fondi dei Clinton, era morto nella caduta di un aereo privato, nel luglio 1992.
6 – Paul Tulley – Direttore politico del Comitato Nazionale Democratico era stato trovato morto in una stanza d’albergo a Little Rock, nel settembre 1992. Descritto dai Clinton come “caro amico e consigliere fidato.”
7 – Ed Willey – Responsabile della raccolta fondi per i Clinton, era stato trovato morto nel novembre 1993 in un bosco della Virginia, con una ferita da arma da fuoco alla testa. Risolto come suicidio. Ed Willey era morto lo stesso giorno in cui sua moglie, Kathleen Willey, aveva affermato che Bill Clinton l’aveva palpeggiata nello Studio Ovale della Casa Bianca. Ed Willey era stato coinvolto in numerosi eventi di raccolta fondi per i Clinton.
8 – Jerry Parks – Capo della squadra di sicurezza governativa di Clinton a Little Rock. Ucciso con un’arma da fuoco mentre era in macchina in un incrocio deserto fuori Little Rock. Il figlio di Parks aveva riferito che il padre stava allestendo un dossier su Clinton. Aveva presumibilmente minacciato di rendere pubbliche queste informazioni. Dopo la sua morte, i documenti erano misteriosamente spariti dalla sua abitazione.
9 – James Bunch – Deceduto per suicidio da arma da fuoco. Sembra possedesse un “libro nero” contenente i nomi di persone influenti che frequentavano prostitute in Texas ed Arkansas.
10 – James Wilson – Era stato trovato morto nel maggio 1993, apparentemente si era suicidato impiccandosi. Sembra avesse legami con il caso Whitewater.
11 – Kathy Ferguson – Ex moglie del poliziotto dell’Arkansas Danny Ferguson, era stata trovata morta nel maggio 1994 nel salotto di casa sua, uccisa con un colpo di pistola alla testa. Era stato considerato un suicidio, anche se c’erano diverse valigie piene, come se la donna fosse stata in procinto di recarsi altrove. Danny Ferguson era un co-imputato, insieme a Bill Clinton, nella causa intentata da Paula Jones. Kathy Ferguson era una possibile testimone a favore di Paula Jones.
12 – Bill Shelton – Agente della polizia di stato dell’Arkansas e fidanzato di Kathy Ferguson. Scettico sul suicidio della sua fidanzata, era stato trovato morto nel giugno 1994 per una ferita da arma da fuoco e si era stabilito che si era suicidato sulla tomba della sua fidanzata.
13 – Gandy Baugh – Avvocato dell’amico di Clinton, Dan Lassater, era morto nel gennaio 1994 lanciandosi da una finestra di un alto edificio. Il suo cliente era un distributore di droga già condannato.
14 – Florence Martin – Ragioniera e subappaltatrice per la CIA, era legata al caso Barry Seal, Mena, Arkansas, un caso di traffico di droga all’aeroporto. Era morta per tre ferite da arma da fuoco.
15 – Suzanne Coleman – Secondo quanto riferito, aveva avuto una relazione con Clinton quando quest’ultimo era procuratore generale dell’Arkansas. Era morta per una ferita da arma da fuoco alla nuca, risolta come suicidio. Al momento della morte era incinta.
16 – Paula Grober – Traduttrice simultanea di Clinton per i non udenti, dal 1978 fino alla sua morte, il 9 dicembre 1992. Era morta in un incidente automobilistico.
17 – Danny Casolaro – giornalista investigativo, indagava sull’aeroporto di Mena e sull’organo per il finanziamento dello sviluppo dell’Arkansas. Si era tagliato i polsi, apparentemente nel bel mezzo della sua indagine.
18 – Paul Wilcher – L’avvocato che indagava sulla corruzione all’aeroporto di Mena con Casolaro e sula “sorpresa di ottobre” del 1980, era stato trovato morto in bagno, il 22 giugno 1993, nel suo appartamento di Washington DC. Aveva consegnato un rapporto a Janet Reno tre settimane prima della sua morte.
19 – Jon Parnell Walker – Investigatore del caso Whitewater per la Resolution Trust Corporation. Era morto gettandosi dal balcone del suo appartamento di Arlington, in Virginia, il 15 agosto 1993. Stava indagando sullo scandalo Morgan Guaranty.
20 – Barbara Wise – Collaboratrice del Dipartimento del Commercio. Aveva lavorato a stretto contatto con Ron Brown e John Huang. Causa del decesso: sconosciuta. Era morta il 29 novembre 1996. Il suo corpo nudo e pieno di lividi era stato trovato chiuso a chiave nel suo ufficio, presso il Dipartimento del Commercio.
21 – Charles Meissner – Sottosegretario al Commercio, che aveva concesso a John Huang il nulla osta di sicurezza, era morto poco dopo in un incidente aereo.
22 – Dr. Stanley Heard – Presidente del Comitato Consultivo Nazionale per la Terapia Chiropratica era morto con il suo avvocato, Steve Dickson, in un incidente aereo. Il dottor Heard, oltre a prestare servizio nel consiglio consultivo dei Clinton, aveva curato personalmente la madre, il patrigno e il fratello di Clinton.
23 – Barry Seal – Un pilota della TWA che contrabbandava droga dall’aereoporto di Mena, Arkansas, la sua morte non è stata casuale [assassinato il 19 febbraio 1986].
24 – Johnny Lawhorn, Jr. – Meccanico, aveva trovato un assegno intestato a Bill Clinton nel bagagliaio di un’auto lasciata nella sua officina. Era stato trovato morto dopo che la sua macchina aveva colpito un palo della luce.
25 – Stanley Huggins – Indagava sulla Madison Guaranty Savings and Loan Association. La sua morte era stata dichiarata un presunto suicidio e il suo rapporto non era mai stato pubblicato.
26 – Hershell Friday – Avvocatessa e responsabile della raccolta fondi per Clinton, era morta il 1° marzo 1994, quando il suo aereo era esploso.
27 – Kevin Ives e Don Henry – Noto come il caso dei “ragazzi che avevano trovato una pista.” I rapporti dicono che due i ragazzi potrebbero essersi imbattuti nel traffico di droga dell’aeroporto di Mena, Arkansas. Un caso controverso, secondo il rapporto iniziale della morte, i due ragazzi si sarebbero addormentati sui binari della ferrovia. Rapporti successivi avevano stabilito che i due giovani erano stati uccisi prima di essere messi sulle rotaie. Molte persone legate al caso erano morte prima che la loro testimonianze potessero arrivare davanti al Gran Giurì.
QUESTE PERSONE AVEVANO INFORMAZIONI SUL CASO IVES/HENRY:
28 – Keith Coney – Era morto quando, con la sua moto, aveva tamponato un camion, luglio 1988.
29 – Keith McMaskle – Deceduto, pugnalato 113 volte, novembre 1988.
30 – Gregory Collins – Morto per una ferita da arma da fuoco nel gennaio 1989.
31 – Jeff Rhodes – Ucciso con un’arma da fuoco, mutilato e trovato bruciato in una discarica nell’aprile 1989.
32 – James Milan – Trovato decapitato. Tuttavia, il medico legale aveva stabilito che la sua morte era dovuta a “cause naturali.”
34 – Richard Winters – Uno dei sospettati nelle morti di Ives/Henry. Ucciso in una rapina organizzata nel luglio 1989.
ANCHE QUESTE GUARDIE DEL CORPO DI CLINTON SONO MORTE
35 – Maggiore William S. Barkley, Jr.
36 – Capitano Scott J. Reynolds
37 – Sergente Brian Hanley
38 – Sergente Tim Sabel
39 – Maggiore Generale William Robertson
40 – Colonnello William Densberger
41 – Colonnello Robert Kelly
42 – Specialista Gary Rhodes
43 – Steve Willis
44 – Robert Williams
45 – Conway LeBleu
46 – Todd McKeehan
E il più recente, Seth Rich, il collaboratore del Comitato Democratico, assassinato e “derubato” (di niente) il 10 luglio 2016. Il fondatore di Wikileaks, Assange, afferma che [Rich] era in possesso di informazioni sullo scandalo della posta elettronica del DNC.
In questa lista non sono inclusi i 4 eroi uccisi a Bengasi.
Ed ora potete aggiungere all’elenco il multimilionario Jeffrey Epstein

Jim Hoft
Fonte: www.thegatewaypundit.com

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

25 giugno 2019

Blog Emanuela Orlandi: Sit-in per Emanuela a 36 anni dalla sparizione

New article "Sit-in 2019"


Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 

Sit-in per ricordare Emanuela Orlandi nel giorno della scomparsa con foto e video dell'intervento di Pietro Orlandi.
Sit-in per Emanuela a 36 anni dalla sparizione



Buona lettura
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28 marzo 2019

Blog Emanuela Orlandi: “Emanuela Orlandi vittima di corruzione sessuale in Vaticano”. Intervista ad Alessandro Meluzzi




Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 

Il Vaticano ha raccolto l'istanza, sollevata dalla famiglia, dell'apertura di una tomba al Cimitero teutonico, che ha sede all'interno delle mura vaticane. «Ce ne stiamo occupando, troveremo il modo. Non posso dire di più», ha risposto il promotore di giustizia del Tribunale vaticano, Gian Piero Milano.
Intanto, Alessandro Meluzzi spiega il suo punto di vista di criminologo e psichiatra sul caso di Emanuela Orlandi, uno dei più fitti misteri della storia recente dell'Italia:



Buona lettura

12 marzo 2019

Pedofilia e abusi, come uscire dall’«11 settembre» ecclesiale?


Quel che è venuto alla luce in varie parti del mondo a partire dal 2002 ha determinato una serie di scosse telluriche in tante diocesi e conferenze episcopali. La necessitàdi una conversione profonda e di un cambiamento di rotta. Il summit in Vaticano dal 21 al 24 febbraio.


Abusi su bambini e ragazzi da parte di preti e religiosi. Abusi a centinaia, a migliaia. Praticamente sempre coperti, insabbiati, non denunciati. Permettendo così all’abusatore di continuare a delinquere. «L’11 settembre della Chiesa» l’ha definito chi certo non può essere considerato un catastrofista: l’arcivescovo Georg Gänswein, già segretario di Benedetto XVI. Lo scandalo della pedofilia paragonato al grande attacco terroristico del 2001 agli Stati Uniti. In altri termini, un evento spartiacque, dopo il quale nulla potrà essere come prima. Esagerato?
Nella prospettiva di un comune fedele italiano, forse sì. Quel che è venuto alla luce dal 2002, con l’inchiesta del quotidiano «Boston Globe» (raccontata nel film Spotlight, vincitore dell’Oscar), in poi ha determinato una serie di scosse telluriche in molte diocesi e conferenze episcopali. Ha abbattuto vescovi, arcivescovi e cardinali; ha mandato in bancarotta Chiese locali; Usa, Belgio, Austria, Australia, Irlanda, Cile… immaginate – è un incubo che non si concretizzerà, ma utile per provare a comprendere lo sconcerto di una comunità ecclesiale – che tutti i vescovi italiani vengano rimossi, com’è accaduto di recente in Cile, per il loro silenzio sui casi di pedofilia, coperti, insabbiati, silenziati. Una tragedia. Che non riguarda solo né principalmente i singoli protagonisti, ma la credibilità della Chiesa. Il suo annuncio. Il Vangelo.
Come uscire dall’11 settembre ecclesiale? Nessuna guerra, se non interiore alla ricerca del male da estirpare. Ma una conversione sì. Un esercizio di sincerità – persino «spietato» – sì. E la ricerca di un cambiamento di rotta. Perché alla diagnosi deve sempre seguire la terapia. E questa che colpisce la Chiesa non è una banale febbriciattola.
Per questo motivo nell’agosto scorso papa Francesco ha scritto una «Lettera al popolo di Dio» (a tutti i battezzati, nessuno escluso, perché un peccato grave di alcuni membri riguarda l’intero corpo e nessuno può chiamarsi fuori) e ha convocato dal 21 al 24 febbraio in Vaticano un summit, a cui parteciperanno i presidenti delle Conferenze episcopali nazionali e i capi dei dicasteri.
«La prima regola per guarire è accettare di essere malati». E la malattia che esplode oggi ha origini antiche. La prima denuncia formale risale addirittura al 1051 a opera di Pier Damiani. Senza conseguenze. I Papi dell’epoca, come Gregorio VII, intervengono per arginare la corruzione del clero, ma ignorano la pedofilia. Emblematica ma tristissima è la vicenda di Giuseppe Calasanzio, fondatore degli Scolopi. La Controriforma è fatta di ombre e luci. Calasanzio è una luce che forze oscure tentano di spegnere. Venuto a sapere senza ombra di dubbio che un suo confratello, Giuseppe Cherubini, abusa degli alunni («orchi in tonaca e saio»), lo rimuove. Ma Cherubini gode di potenti protezioni in Vaticano. Calasanzio viene a sua volta inquisito e imprigionato. Basta poco, a quel tempo, anche solo la frequentazione di Galileo… Chi prende il suo posto a capo degli Scolopi? Cherubini, l’orco. Calasanzio sarà riabilitato e canonizzato. Ma l’episodio rimane.
di Umberto Folena

09 marzo 2019

La scomparsa di Emanuela Orlandi e la tomba al cimitero teutonico. Il fratello Pietro: “Il Vaticano non ci risponde da mesi”

di SERGIO TRASATTI/ La famiglia di Emanuela Orlandi, tramite il suo legale Laura Sgrò, ha presentato formale istanza al segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, per riaprire una tomba nel cimitero teutonico, che si trova all’interno delle Mura vaticane. Secondo una lettera anonima, in quella tomba potrebbe esserci il corpo della ragazza scomparsa il 22 giugno del 1983. Alla luce di questi nuovi sviluppi, il giallo è stato nuovamente approfondito a “La Storia Oscura” su Radio Cusano Campus. Pietro Orlandi, al microfono di Fabio Camillacci, ha fatto alcune precisazioni e rivelazioni importanti: “In realtà -ha esordito il fratello di Emanuela Orlandi- questa lettera anonima che abbiamo ricevuto, non è altro che la conferma di altre segnalazioni che avevamo avuto nei mesi precedenti. Segnalazioni che ci sono arrivate da fonti interne al Vaticano e soprattutto non anonime; ecco perché abbiamo avanzato istanza scritta alla Segreteria di Stato vaticana. E non è la prima istanza che presentiamo bensì la terza e a oggi non abbiamo ancora ricevuto risposta a nessuna delle tre. Tutto ciò conferma che il Vaticano non intende assolutamente collaborare per la ricerca della verità. Noi sappiamo da tempo di questa tomba al cimitero teutonico dove potrebbe essere sepolta mia sorella, così abbiamo chiesto un’indagine interna, una piccola collaborazione, anche riservata, per capire perché queste persone ci hanno segnalato che Emanuela è sepolta in quel camposanto”.
La famiglia Orlandi chiede di aprire quella tomba. Pietro Orlandi a tal proposito ha ribadito: “Ovviamente chiediamo di aprire la tomba. A noi direttamente non ci hanno mai risposto, contrariamente a quanto detto ai giornalisti dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede Alessandro Gisotti, il quale ne ha parlato solo perchè sollecitato dai cronisti quando si è saputo della nostra istanza scritta. Ma ripeto, sono mesi che noi attraverso il nostro avvocato chiediamo al Vaticano di fare chiarezza su quella tomba e sulle segnalazioni che abbiamo ricevuto. Perché questo muro di gomma? Emanuela è una cittadina vaticana è iscritta all’anagrafe vaticana, forse l’unica cittadina vaticana rapita, possibile che non ci sia interesse da parte di quello Stato a cercare di scoprire cosa sia successo? Non fanno altro che dire ‘per noi il caso è chiuso, ci deve pensare lo Stato italiano perché è scomparsa in Italia’. E’ assurdo tutto questo -ha aggiunto Pietro Orlandi a Radio Cusano Campus- è come se nel caso Regeni lo Stato italiano dicesse alla famiglia ‘guardate è successo in Egitto quindi se ne deve occupare la magistratura egiziana per noi il caso è chiuso’.
Strane coincidenze. Orlandi ha poi sottolineato: “Nell’ultima istanza abbiamo anche ribadito la necessità di un’audizione per alcuni cardinali che sono ancora in vita e che sanno che fine ha fatto Emanuela. Tra loro c’è monsignor Piero Vergari, che da rettore della basilica di Sant’Apollinare si attivò per far avere all’ex boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis l’inusuale sepoltura nella cripta della stessa basilica. Ma tu guarda che strana coincidenza, in quel cimitero teutonico, tra le varie persone che possono essere seppellite lì, ci sono anche quelle della confraternita che ha sede in quel camposanto. E chi fa parte di quella confraternita? Proprio don Vergari che in passato fu anche indagato per il sequestro di Emanuela. E forse non è nemmeno un caso che la storia delle ossa venute alla luce nella Nunziatura Apostolica d’Italia, sia uscita dopo che l’avvocato Sgrò aveva annunciato al Vaticano la nostra intenzione di presentare istanza scritta per la tomba al cimitero teutonico. Di fatto la storia della Nunziatura ha rallentato tutto su quell’altro fronte. E’ chiaro che dietro la scomparsa di Emanuela c’è un forte intreccio tra Stato, Chiesa e criminalità. Questo ha portato a occultare la verità per oltre 35 anni. E’ come un vaso di Pandora: se lo apri escono fuori tante cose brutte. Ricordo che circa un mese dopo la scomparsa di mia sorella, ci fu un palese invito tra la Presidenza del Consiglio e il Vaticano in relazione alla scomparsa di Emanuela a ‘non aprire quella falla che difficilmente si potrà chiudere’. E’ chiaro -ha concluso Pietro Orlandi- che sapevano cosa era successo ed era qualcosa da proteggere, da tenere nascosta per sempre”.

06 marzo 2019

Bergoglio fa il globalista? Oscura il suo passato fascista

Papa FrancescoC’era una volta in Argentina un gesuita, Jorge Mario Bergoglio, che era schierato contro la teologia della liberazione, vicina al castrismo e negli anni ’70 aderì alla Guardia de Hierro, un’organizzazione peronista, di stampo nazionalista, cattolica, ferocemente anticomunista. In quegli anni a chi gli faceva notare che l’organizzazione a cui aderiva si richiamasse alla Guardia di Ferro, il movimento romeno del comandante Corneliu Zelea Codreanu, nazionalista e fascista, Bergoglio replicava: «Meglio così». Della sua vicinanza alla Guardia de Hierro ne parlò dopo la sua elezione il quotidiano argentino “Clarin”, mentre a Buenos Aires apparivano manifesti che ricordavano Bergoglio peronista. Per la cronaca, la Guardia di Ferro era un movimento di legionari, molto popolare in Romania negli anni trenta, ritenuto antisemita e filonazista, di cui si innamorarono in molti, non solo in Romania. Uno di questi fu Indro Montanelli che pubblicò sul “Corriere della Sera” una serie di entusiastici reportage pieni di ammirazione per Codreanu, nell’estate del 1940, a guerra inoltrata, smentendo la sua tesi postuma che dopo il ’38 si fosse già convertito all’antifascismo. Testi ripubblicati di recente, “Da inviato di guerra” (ed. Ar).
Evidentemente anche nell’Argentina dei Peron il mito di Codreanu, barbaramente assassinato, e del suo integralismo cristiano, aveva proseliti. Nel ’74, dopo la morte di Peron, il movimento legionario si sciolse. Era un gruppo di 3.500 militanti 15mila attivisti. Si opponevano ai guerriglieri di sinistra peronisti infiltrati dai castristi, seguaci di Che Guevara; loro erano, per così dire, l’ala di estrema destra del giustizialismo. Il gruppo della Guardia de Hierro era stato fondato da Alejandro Gallego Alvarez. Era un movimento che teneva molto alla formazione culturale dei suoi militanti e alla presenza tra i diseredati e gli ultimi. A Bergoglio fu poi affidata un’istituzione in difficoltà, l’Università del Salvador. Bergoglio la risanò e l’affidò a due ex-camerati della Guardia de Hierro, Francisco José Pinon e Walter Romero. In quegli anni Bergoglio era avversario dichiarato dei gesuiti di sinistra da posizioni nazionaliste e populiste. La sua avversione alla teologia della liberazione gli procurò l’accusa di omertà da parte del Premio Nobel Perez Esqivel e poi di collaborazionismo con la dittatura dei generali argentini, dal 1976 a 1983.
Lo storico Osvaldo Bayer dichiarò ai giornali: «Per noi è un’amara sconfitta che Bergoglio sia diventato Papa». E Orlando Yorio, uno dei gesuiti filocastristi catturato e torturato dai servizi segreti del regime militare, accuserà: «Bergoglio non ci Emidio Noviavvisò mai del pericolo che correvamo. Sono sicuro che egli stesso dette ai marinai la lista coi nostri nomi». Solo dopo la caduta della dittatura militare Bergoglio iniziò a prendere le distanze dal peronismo nazionalista. Ho tratto fedelmente questa ricostruzione dalle pagine del libro di Emidio Novi, “La riscossa populista”, appena uscito per le edizioni Controcorrente (pp.286, 20 euro). Novi sostiene che la deriva progressista e mondialista di Francesco nasca da questo passato rimosso. Secondo Novi, «Papa Bergoglio vuol farsi perdonare il suo passato “fascista” durato fino al 1980». Per questo non perde occasione di compiacere il politically correct, il partito progressista dell’accoglienza, l’antinazionalismo radicale.
Novi, giornalista di lungo corso e senatore di Forza Italia, è morto lo scorso 24 agosto investito da un camion della nettezza urbana in retromarcia mentre era al suo paese natale, S.Agata di Puglia. Il suo libro è uscito postumo, con una prefazione di Amedeo Laboccetta e a cura di suo figlio Vittorio Alfredo. Novi si definiva populista già decenni prima che sorgesse in Italia l’onda populista. Era populista al cubo, perché proveniva dall’ala più “movimentista” dell’Msi ispirata dal fascismo sociale: poi perché proveniva dal sud e da Napoli, ed era un interprete genuino dell’antico populismo meridionale, a cavallo tra la rivolta popolana e la nostalgia borbonica; e infine era populista perché consideravaIl giovane Bergogliol’oligarchia finanziaria, la dittatura dei banchieri e degli eurocrati, il nemico principale dei popoli nel presente. Perciò amava definirsi nazionalpopulista, e sovranista ante litteram.
In questo suo ultimo libro Novi si occupa in più pagine del «papulismo» di Bergoglio, della sua teologia «improvvisata e arruffona», della sua resa all’Islam, della sua ossessione migrazionista fino a definire Gesù, la Madonna e San Giuseppe come una famiglia di immigrati clandestini in fuga. Lo reputa «uno strumento dell’anticristo», funzionale sia al progressismo radical dell’accoglienza che al mondialismo laicista della finanza, mescolando il vecchio terzomondismo, l’internazionalismo socialista con il disegno global che ci vuole nomadi, senza radici, senza patria e senza frontiere. Ma del suo passato argentino, al tempo di Peron, del giustizialismo e poi della dittatura militare, Bergoglio preferisce non parlare. Anche gli estroversi a volte tacciono.
(Marcello Veneziani, “Camerata Bergoglio”, da “La Verità” del 31 gennaio 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).