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30 ottobre 2018

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 30 ott 2018


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
L'Oman invita gli Stati arabi a riconoscere Israele
 

 
L'Assemblea Generale dell'ONU non potrà discutere del Trattato INF
 

 
Pubblicato in italiano «Sous nos Yeux»
 

 
La Macedonia diventa una "democrazia" in stile statunitense
 

 
Apertura della sessione 2018 della Future Investment Initiative di Riad
 

 
La disinvoltura di Laurent Fabius
 
Controversie

 
abbonamento    Reclami


29 ottobre 2018

LRV: Réédition du livre L’Effroyable Imposture 2 de Thierry MEYSSAN



Réédition de L'Effroyable Imposture 2, le livre essentiel du géopolitologue français le plus lucide et courageux...
Avec L'Effroyable Imposture & Le Pentagate et Sous nos yeux, la trilogie MEYSSAN est maintenant complète aux éditions Demi-Lune !

L'AUTEUR


Thierry MEYSSAN est le président du Réseau Voltaire (www.voltairenet.org). Il est l’auteur de la trilogie L’Effroyable Imposture, dont le premier tome, traduit en 26 langues, a ouvert un débat mondial sur les événements du 11-Septembre et sur la fiabilité des médias dominants. Ce second volume narre la guerre israélo-libanaise de 2006. Sous nos yeux, le troisième volet, expose en détail les stratégies des Printemps arabes et les guerres djihadistes actuelles.

DISSONANT


Depuis 2001, sous couvert de la « guerre contre la Terreur » ou des « Printemps arabes », Washington mène de manière incessante, directement ou par procuration, de nouvelles guerres au Proche-Orient élargi (Afghanistan, Irak, Libye, Syrie, Yémen). De fait, nous assistons en réalité à l’élargissement d’un seul et unique théâtre d’opérations sans fin. Dans ce paysage dévasté, le conflit israélo-libanais de 2006 fait figure d’exception : c’est le seul qui se soit terminé.
S’appuyant sur des centaines de sources indiscutables et indiscutées, Thierry Meyssan révèle les plans et les arrière-pensées qui ont conduit à cette guerre, mensongèrement présentée comme la réaction à l’enlèvement de deux soldats israéliens. Il expose les responsabilités de chacun, à la fois en Israël, au Liban et dans la communauté internationale.
Revenant sur la nature de l’État d’Israël et sa fonction dans la région, l’auteur remet en cause le rôle attribué au mouvement sioniste de Theodor Herzl ; il dévoile également la théopolitique qui motive l’action déterminante des leaders politiques évangéliques, en Angleterre et aux États-Unis, pour la création d’un État juif en Palestine.
Cette analyse très documentée s’oppose de plein fouet à la narration faite à l’époque par les grands médias, laquelle s’apparente à ce que ces derniers dénoncent aujourd’hui comme des « fake news ». Elle permet non seulement de comprendre ce qui s’est vraiment passé au Liban, mais aussi ce qui se déroule aujourd’hui en Syrie et au Proche-Orient.
Cet ouvrage a été unanimement salué par toutes les composantes de l’Axe de la Résistance.
***
Nouvelle introduction de l'auteur.
Nouveau chapitre sur l'assassinat de Rafic Hariri.
Nouvelle mise en page plus confortable et nouvelles cartes, pour un prix réduit par rapport à la version originale (quasiment épuisée).
***
UN LIVRE MAJEUR… À L’ÉPREUVE DU TEMPS !

Parution du livre
L’Effroyable Imposture 2

de Thierry MEYSSAN
Caractéristiques techniques
Livre à la française
Format 15 x 23 cm
Couverture brochée, pelliculage mat,
dos carré collé
352 pages

N° ISBN : 978-2-917112-35-9

Prix indicatif : 20,00 €

Pour plus d'informations, cliquez ici.


Du même auteur, dans la collection Résistances:

« Les faits et analyses présentés ici vont vous donner le vertige : pratiquement tout ce que vous croyez savoir sur les "Printemps arabes" et le terrorisme jihadiste relève de la propagande de guerre. Apprêtez-vous à vivre un choc. »
Ce témoignage est tellement différent de ce que les lecteurs ont pu lire ou entendre sur le sujet que certains prendront peur des conséquences. D’autres au contraire s’interrogeront sur cette gigantesque manipulation et la manière d’y mettre fin.


La réédition, réactualisée et annotée, des 2 ouvrages parmi les plus controversés au monde !
Contient les fac-similés de l'Opération Northwoods reproduits (en anglais et dans leur traduction française) pour la première fois dans un livre publié en France.
« Le terrorisme international n’existe pas » affirme, dans sa préface, le général Leonid IVASHOV qui était le chef d’état-major des armées russes au moment des attentats du 11 Septembre 2001. Ayant vécu les événements de l’intérieur, il nous en donne une analyse très différente de celle de ses homologues états-uniens. « Ce que nous voyons n’est qu’un terrorisme instrumentalisé par les grandes puissances et qui n’existerait pas sans elles

16 ottobre 2018

Relazioni internazionali: la quiete prima di quale tempesta?, di Thierry Meyssan


Tutte le questioni internazionali sono in sospeso in attesa delle elezioni statunitensi. I partigiani del vecchio ordine internazionale puntano su un cambiamento di maggioranza al Congresso e su una destituzione rapida del presidente Trump. Se l'ospite della Casa Bianca rimarrà al suo posto, i protagonisti della guerra contro la Siria dovranno ammettere la sconfitta e trovare nuovi campi di battaglia. Viceversa, se Trump perderà le elezioni il Regno Unito rilancerà immediatamente il conflitto in Siria.

La fase attuale, che è iniziata con la reazione della Russia alla distruzione del suo Ilyushin-20 e che si protrarrà fino alle elezioni legislative statunitensi del 6 novembre prossimo, è incerta. Tutti i protagonisti della guerra in Siria aspettano di sapere se la Casa Bianca potrà continuare la politica di rottura con l’attuale ordine internazionale o se il Congresso passerà nelle mani dell’opposizione e darà immediatamente inizio alla procedura di destituzione del presidente Trump.

Le origini della guerra

È ormai chiaro che il progetto iniziale di Stati Uniti, Regno Unito, Israele, Arabia Saudita e Qatar non si realizzerà, così come non si realizzeranno i progetti di Francia e Turchia, due potenze entrate in un secondo tempo nella guerra contro la Siria.
Dobbiamo avere presente non in che modo abbiamo appreso l’inizio degli avvenimenti, bensì ciò che abbiamo scoperto in seguito. Le manifestazioni di Deraa ci furono presentate come una «rivolta spontanea» contro la «repressione di una dittatura»; oggi sappiamo che invece furono a lungo preparate [1].
Dobbiamo anche smettere di credere che i membri di una Coalizione, benché uniti per conseguire il medesimo obiettivo, condividano anche la stessa strategia. Quale che sia l’influenza dell’uno o dell’altro, ogni Stato custodisce la propria storia, persegue i propri interessi e i propri scopi di guerra.
Gli Stati Uniti miravano alla distruzione delle strutture statali del Medio Oriente Allargato, secondo la strategia dell’ammiraglio Arthur Cebrowski [2]. Si appoggiavano al Regno Unito che, da parte sua, metteva in atto la strategia di Tony Blair, finalizzata a insediare nella regione i Fratelli Mussulmani [3]; nonché su Israele, che s’ispirava alla strategia di egemonia regionale d’Oded Yinon [4] e di David Wurmser [5].
Le armi furono depositate anticipatamente dall’Arabia Saudita nella moschea Omar di Deraa [6] e il Qatar inventò la storia dei bambini cui erano state strappate le unghie.
All’epoca, l’Arabia Saudita non cercava né d’imporre una nuova politica alla Siria né di rovesciare il governo siriano. Riad voleva esclusivamente impedire che alla presidenza ci fosse un non-sunnita. Per una strana evoluzione storica, i wahabiti, che due secoli prima consideravano sunniti e sciiti entrambi eretici e incitavano a sterminarli se non si fossero pentiti, si atteggiano ora a difensori dei sunniti e persecutori degli sciiti.
Quanto al piccolo emirato del Qatar, voleva rivalersi per l’interruzione del progetto di gasdotto in Siria [7].
La Francia, che avrebbe dovuto partecipare alla congiura in virtù degli accordi di Lancaster House, fu tenuta in disparte per le inaspettate iniziative prese in Libia. Il ministro degli Esteri, Alain Juppé, tentò di spingere la Francia a unirsi ai complottisti, ma l’ambasciatore francese a Damasco, Eric Chevallier, che essendo sul posto poteva constatare la distorsione dei fatti, tirava il freno [8].
Quando fu riaccettata nel complotto, la Francia si prefisse lo stesso obiettivo di colonizzazione della Siria del 1915, sulla scia degli accordi Sykes-Picot-Sazonov. Così come all’epoca fu considerato transitorio, rispetto alla colonizzazione permanente dell’Algeria [9], il mandato francese sulla Siria nel XXI secolo è considerato di secondo piano rispetto al controllo del Sahel. Inoltre, nel tentativo di realizzare la vecchia mira, Parigi cominciò a spingere per la creazione di un nucleo statale curdo, sul modello di quel che nel l917 i britannici fecero in Palestina con gli ebrei. La Francia si alleò così con la Turchia [10] che, in nome del «giuramento nazionale» di Atatürk [11], invase il nord della Siria per creare uno Stato dove espellere i kurdi di Turchia.
Se gli obiettivi dei primi quattro aggressori, Stati Uniti, Regno Unito, Israele e Arabia Saudita, sono tra loro compatibili, quelli di Francia e Turchia non lo sono con gli altri.
Del resto, Francia, Regno Unito e Turchia sono ex potenze coloniali. Tutte tre cercano d’insediarsi sullo stesso trono. La guerra contro la Siria ha così riacceso le rivalità del passato.

L’episodio Daesh all’interno della guerra contro la Siria e l’Iraq

A fine 2013 il Pentagono rivide i propri piani nel quadro della strategia Cebrowski. Modificò i piani iniziali, quelli rivelati da Ralph Peters [12], sostituendoli con il disegno di Robin Wright di creare un «Sunnistan» a cavallo di Siria e Iraq [13].
Tuttavia il dispiegamento in Siria, a settembre 2015, delle forze armate russe per ostacolare la creazione del «Sunnistan» da parte di Daesh rovinò gl’intenti dei sei principali partner della guerra.
I successivi tre anni di conflitto risposero a un altro obiettivo: da un lato, creare un nuovo Stato a cavallo tra Iraq e Siria, nel quadro della strategia Cebrowski, dall’altro, utilizzare Daesh per tagliare la via della seta che la Cina di Xi Jinping desiderava riattivare, mantenendo così il dominio continentale da parte del partito «occidentale».

La vittoria siriano-russa e il voltafaccia degli Stati Uniti

La vicenda della distruzione, il 17 settembre 2018, dell’Ilyuscin-20 ha fornito alla Russia l’occasione di mettere fine a questa guerra infinita e di accordarsi con la Casa Bianca, in contrasto con gli altri aggressori. È la riedizione, su scala minore, della reazione URSS-USA alla crisi del Canale di Suez del 1956 [14].
Mosca non solo ha appena consegnato all’Esercito Arabo Siriano dei missili antiaerei (gli S-300), ma ha anche dispiegato in Siria un intero sistema di integrato sorveglianza. Quando questo sistema sarà operativo e gli ufficiali siriani saranno stati addestrati a manovrarlo, ossia entro tre mesi al più tardi, sarà impossibile agli eserciti occidentali sorvolare la Siria senza il consenso di Damasco [15].
Il presidente Trump aveva annunciato in anticipo l’intenzione di ritirare le truppe statunitensi dalla Siria. Era stato poi costretto a fare marcia indietro per l’insistenza del Pentagono. Trump, di comune accordo con i generali, aveva perciò deciso di mantenere la pressione su Damasco fino tanto che gli Stati Uniti sarebbero stati esclusi dai negoziati di pace di Sochi. Il dispiegamento delle armi russe — probabilmente con il consenso della Casa Bianca — fornisce al presidente Trump l’occasione di far arretrare il Pentagono, che dovrebbe così ritirare le proprie truppe e mantenervi invece i mercenari (in questo caso i kurdi e gli arabi delle Forze Democratiche) [16].
Nel suo discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il ministro degli Esteri siriano, Walid el-Mouallem, ha preteso il ritiro immediato e senza condizioni delle forze d’occupazione straniere USA, francesi e turche [17].
Se gli Stati Uniti se ne vanno, i francesi e i turchi non potranno restare. Gli israeliani non potranno sorvolare e bombardare il Paese. I britannici si sono già ritirati.
Tel Aviv, Parigi e Ankara sperano però che il presidente Trump perda le elezioni legislative del 6 novembre e che venga destituito. Attendono perciò l’esito dello scrutinio prima di prendere decisioni.
Nell’ipotesi che Trump vinca le elezioni di mid-term al Congresso, si porrà un altro problema: se gli Occidentali devono rinunciare alla Siria, dove proseguiranno la loro guerra senza fine? Su una cosa tutti gli esperti concordano: la classe dirigente occidentale è talmente presuntuosa e desiderosa di rivincita che non può accettare di essere retrocessa alle spalle delle nuove potenze asiatiche.
Saggezza vorrebbe che, perduta la guerra, gli aggressori si ritirassero. Ma l’atteggiamento intellettuale degli Occidentali glielo impedisce. La guerra finirà in Siria quando avranno trovato altrove un nuovo osso da rosicchiare.
Solo il Regno Unito ha già pensato a quale sarà la propria risposta. È già da ora evidente che, sebbene Londra mantenga la pressione diplomatica sulla Siria attraverso il Piccolo Gruppo (Small Group), le sue intenzioni sono già rivolte a una ripresa del «Grande Gioco», lo scontro che oppose la corona allo Zar per tutto il XIX secolo. Dopo essersi inventati l’affare Skripal, sul modello del «Telegramma Sinoniev» [18], Londra ha appena sorpreso in flagrante delitto i servizi dell’intelligence russa che stavano tentando di scoprire quel che si stava tramando contro di loro all’interno dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC, OPWC in inglese).
Questa dottrina geopolitica è indipendente dagli avvenimenti che le servono da pretesto. Il «Grande Gioco» era la strategia dell’Impero britannico. La sua riattivazione da parte dell’attuale Regno Unito è conseguenza della Brexit e della politica di «Global Britain». Come nel XIX secolo, questa configurazione antirussa si accompagnerà, a termine, a una rivalità esacerbata tra Londa e Parigi. Al contrario, in caso di sconfitta di Theresa May, di rimessa in discussione della Brexit e di rientro del Regno Unito nell’Unione Europea, queste proiezioni saranno annullate.
Se la Francia pensa sin da ora di lasciare il Medio Oriente per concentrarsi sul Sahel, la posizione degli Stati Uniti è molto più problematica. Dall’11 settembre 2001 il Pentagono gode di una certa autonomia. I dieci Comandanti delle Forze Armate non possono ricevere ordini dal presidente del Comitato di stato-maggiore congiunto, bensì unicamente dal segretario della Difesa. Col tempo sono diventati dei veri e propri “viceré” dell’”Impero americano”; una funzione che non hanno intenzione di lasciare ridimensionare dal presidente Trump. Alcuni di loro, come il comandante per l’America del Sud (SouthCom) [19], vogliono proseguire nella strategia dell’ammiraglio Cebrowski, nonostante le obiurgazioni della Casa Bianca.
Molte sono perciò le incertezze. Il solo passo compiuto riguarda Daesh; per tre anni gli occidentali hanno affermato di combattere l’organizzazione terrorista, sebbene continuassero a rifornirla di armi. Adesso Trump ha ordinato di far finire l’esperimento di uno Stato apertamente terrorista, il Califfato, e gli eserciti siriano e russo hanno respinto gli jihadisti. Gli Occidentali non vogliono vedere i loro amici, i “ribelli moderati”, ora chiamati “terroristi”, riversarsi a casa loro. Di conseguenza, che lo confessino o no, auspicano la loro morte in Siria.
Saranno le elezioni di mid-term negli Stati Uniti che determineranno la prosecuzione della guerra in Siria o il suo spostamento su un altro campo di battaglia.


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12 ottobre 2018

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 11 10 2018

Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Washington corrompt des parlementaires macédoniens pour obtenir l'adhésion à l'Otan et à l'UE
 

 
Les expériences du Pentagone en Géorgie provoquent une épidémie de peste porcine en Belgique
 

 
Le Pentagone entend transformer des champs de céréales en OGM
 

 
Qui viole le Traité INF : Washington, Moscou ou les deux ?
 

 
Les crimes de Gilead Sciences masquent-ils des tests du Pentagone ?
 

 
Des États arabes s'apprêtent à renouer avec la Syrie
 

 
La CIJ suspend certaines sanctions US contre l'Iran
 

 
France-Iran : le représentant de l'ayatollah Khamenei relâché
 

 
Interpellation du représentant de l'ayatollah Khamenei en France
 

 
Les accusations de Netanyahu contre le Liban démenties par les faits
 

 
Le Pentagone pourrait retirer ses forces d'occupation de Syrie
 

 
Les Macédoniens se prononcent contre l'adhésion à l'Otan et à l'UE
 

 
La communication de Benjamin Netanyahu
 

 
CIJ : l'État de Palestine contre les États-Unis
 
Controverses
Fil diplomatique

 
La France dénonce le terrorisme iranien
 

 
Déclaration de l'Otan et de l'UE sur le référendum en Macédoine
 

 
« L'Otan, indispensable rempart de paix et de sécurité »
 

 
Déclaration du Petit Groupe sur la Syrie
 

 
Discours de Miguel Díaz-Canel devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours de Michel Aoun devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours d'Alain Berset devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours d'Emmanuel Macron devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours de Donald Trump devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Ouverture de la 73ème session de l'Assemblée générale des Nations Unies
 

 
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