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06 novembre 2018

Stati Uniti: in ascesa il fascismo finanziato dai miliardari

Fascisti miliardari vanno all’attacco della Previdenza Sociale e [dei programmi di assistenza sanitaria] Medicare e Medicaid. E se ne vantano apertamente.


Appena dopo l’elezione di Trump, a dicembre del 2016, Newt Gingrich ha apertamente vantato presso la Heritage Foundation che l’amministrazione Trump e i Repubblicani al Congresso avrebbero “dato un taglio al modello di Franklin Delano Roosevelt”. Quel “modello”, ovviamente, creò quella cui oggi ci riferiamo come alla “classe media”.
Questa settimana Mitch McConnell ha confermato la profezia di Gingrich, usando i deficit creati dai tagli delle tasse ai miliardari da parte di Trump come scusa per distruggere i programmi “assistenziali”.
“Penso di poter dire con sicurezza che la singola maggior delusione del mio periodo al Congresso è stata non aver affrontato il problema dell’assistenza ed è una vergogna, perché i Democratici stanno promettendo il Medicare per Tutti”, ha dichiarato McConnell a Bloomberg. Ha aggiunto: “Stiamo parlando di Medicare, Previdenza Sociale e Medicaid”.  
Questi programmi, assieme all’istruzione pubblica gratuita e alla tassazione progressiva, sono i motori e i mantenitori chiave della classe media statunitense. La storia mostra che senza una classe media forte, la stessa democrazia collassa e il fascismo è il passo successivo su una china lunga e terribile.
Fin dall’elezione di Ronald Reagan, i Repubblicani hanno fatto gli straordinari per gambizzare istituzioni che appoggiano la classe media statunitense. E, come può dirvi qualsiasi famiglia della classe lavoratrice, il GOP [Partito Repubblicano] ha conseguito concreti successi, particolarmente nel trasferire sia ricchezza sia potere politico dagli elettori ai miliardari e alle imprese transnazionali.
Nel luglio del 2015, discutendo del voto 5 contro 4 della Corte Suprema nella causa Citizen Unitedil presidente Jimmy Carter mi ha detto: “Viola l’essenza di ciò che ha fatto degli Stati Uniti un grande paese nel suo sistema politico. Ora sono semplicemente un’oligarchia con una corruzione politica illimitata…” Ha aggiunto: “Abbiamo appena assistito a una completa sovversione del nostro sistema politico come tangente a maggiori donatori…”
Come hanno dimostrato i ricercatori di Princeton, Martin Gilens e Benjamin Page, in un’esaustiva analisi della differenza tra quanto la maggior parte degli statunitensi vuole che i suoi politici facciano legislativamente e quanto i politici statunitensi concretamente fanno, è piuttosto chiaro che il presidente Carter aveva ragione.
Hanno riscontrato che mentre le priorità legislative del 10 per cento al vertice degli statunitensi sono regolarmente trasformate in legge, le cose che vuole il 90 per cento più in basso sono ignorate. In altri termini oggi negli Stati Uniti la democrazia “funziona” per il dieci per cento degli statunitensi.
Per migliaia di anni economisti e osservatori dell’economia da Aristotele a Adam Smith a Thomas Piketty ci hanno raccontato che una “classe media” non è un normale sottoprodotto di un capitalismo grezzo, indisciplinato, quello che gli ideologi di destra chiamano “il libero mercato”.
Al contrario, i mercati non regolati – particolarmente i mercati non regolati da una significativa tassazione dei redditi predatori – conducono invariabilmente all’opposti di una sana classe media: producono estremi di disuguaglianza, che sono tanto pericolosi per la democrazia quanto il cancro per un essere vivente.
Con i cosiddetti “liberi mercati non regolati”, i ricchi diventano ultraricchi, mentre una logorante povertà si diffonde tra i lavoratori come un’epidemia di eroina. Ciò polarizza ulteriormente la nazione, sia economicamente sia politicamente, il che, perversamente, cementa ancor di più il potere degli oligarchi.
Anche se in questo c’è una chiara dimensione morale – segnalata da Adam Smith nella sua classica Teoria dei sentimenti morali – c’è anche una vitale dimensione politica.
Smith, nel 1759, indicava che “Tutte le costituzioni di governo hanno valore solo in proporzione alla loro tendenza a promuovere la felicità di coloro che vivono sotto di esse. Questo è il loro solo uso e fine”.
Smith, tuttavia, aggiungeva una nota di avvertimento: “La disposizione ad ammirare, e quasi a venerare, i ricchi e i potenti e a disprezzare o, almeno, a trascurare persone di condizione povera e meschina… è una grande e più universale causa della corruzione dei nostri sentimenti morali”.
Jefferson fu acutamente consapevole di questo: la Dichiarazione d’Indipendenza fu il primo documento di fondazione di qualsiasi nazione nella storia del mondo che dichiarò esplicitamente la “felicità” un “diritto” che doveva essere protetto e promosso dal governo contro la predazione da parte dei molto ricchi.
Tuttavia ciò non è stato per nulla degno di considerazione per gli architetti dell’economia reganiana dell’offerta, anche se si sono appropriati della metafora di JFK che “la marea montante solleva tutte le barche” per spacciare la loro truffa ai lavoratori (senza barca).
Molto più fastidiosa (e ben nota sia a Smith sia virtualmente a tutti i fondatori della nostra nazione) era l’osservazione di Aristotele che quando una nazione persegue attività economiche/politiche che distruggono la sua classe media, essa inevitabilmente devolverà in un governo della folla o in un’oligarchia. Come indicò in La Politica:
“Ora in tutti gli stati ci sono tre elementi: una classe è molto ricca, un’altra è molto povera e una terza sta nel mezzo… Ma un governo dovrebbe essere composto, per quanto possibile, da uguali e simili; e questi sono generalmente le classi medie… Così è manifesto che la miglior comunità politica è formata da cittadini della classe media e saranno probabilmente bene amministrati quegli stati nei quali la classe media è più vasta e più forte, se possibile, di entrambe le altre classi o comunque di ciascuna di esse singolarmente; poiché l’aggiunta della classe media fa pendere la bilancia e impedisce all’uno o all’altro degli estremi di diventare dominante”.
E’ così che gli Stati Uniti erano per la generazione del boom delle nascite e fino a circa due decenni fa: un trentenne negli anni ’70 aveva il 90 per cento di possibilità di avere o ottenere uno standard di vita superiore a quello dei genitori. Ma dall’introduzione dell’economia reaganiana negli anni ’80 c’è stata una riduzione della “mobilità sociale” – la capacità di passare da una condizione economica a una migliore – superiore al 90 per cento.
Dunque se la nostra repubblica democratica deve tornare alla democrazia e deve sopravvivere (o anche aumentare) quanto è rimasto della nostra classe media, come possiamo farlo?
La storia mostra che i due principali regolatori in un sistema capitalista che provvede all’emergere di una classe media sono la tassazione progressiva e una sana rete di sicurezza sociale.
Come notò Jefferson in una lettera del 1785 a Madison: “Un altro mezzo per ridurre in silenzio la disuguaglianza di patrimonio consiste nell’esentare da ogni tassazione al di sotto di un certo punto e nel tassare i segmenti più alti di patrimonio in progressione geometrica rispetto alla loro crescita”.
In modo simile, Thomas Paine, proponendo in Agrarian Justice (1797) quella che oggi chiamiamo previdenza sociale, affermò che una democrazia può sopravvivere solo quando il suo popolo “vede davanti a sé la certezza di sottrarsi alle miserie che sotto altri governi accompagnano la vecchiaia…” Una tale forte rete di sicurezza sociale, sosteneva Paine, “avrà un avvocato e un alleato nel cuore di tutte le nazioni”.
Tragicamente, i Repubblicani stanno oggi pianificando di distruggere sia il sistema di tassazione progressiva della nostra nazione, sia la nostra rete di sicurezza sociale, nel servire ossequiosamente i loro stipendiatori miliardari.
Mandando a gambe all’aria Jefferson e FDR, i Repubblicani hanno approvato l’anno scorso un’agevolazione fiscale da trilioni di dollari per i ricchi, con un osso di poche centinaia di dollari gettato ai lavoratori.
Contemporaneamente i Repubblicani stanno già dandosi duramente da fare per smantellare gli ultimi residui del New Deal e della Grande Società.
Come segnala Ian Milhiser: “I Repubblicani alla Camera sperano di tagliare le prestazioni della previdenza sociale dal 20 al 50 per cento. Il piano del presidente della Camera, Paul Ryan, di trasformare in voucher [il programma di assistenza sanitaria] Medicare aumenterebbe di circa il 40 per cento i costi sostenuti dagli anziani. Poi taglierebbe [il programma di assistenza sanitaria] Medicare tra un terzo e la metà”.
Questa non è, naturalmente, la prima volta che i Repubblicani ci hanno provato. Cercano di smantellare la Previdenza Sociale sin dal 1936 e lo stesso Reagan persino registrò un LP definendo “socialista” la proposta di Lyndon Johnson di un programma chiamato “Medicare”, affermando che se fosse stata approvata, allora un giorno ci saremmo guardati indietro “ricordando il tempo in cui gli uomini erano liberi”.
Ed è stato sempre al servizio dello stesso programma: consegnare il potere politico ed economico ai morbosamente ricchi e alle imprese che li hanno portati al potere.
Un tempo avevamo un termine per questo impossessamento della democrazia da parte dei morbosamente ricchi e delle imprese: fascismo.
Come ho scritto in precedenza, agli inizi del 1944 il New York Times chiese al vicepresidente Henry Wallace, come segnalato dal medesimo, “di scrivere un articolo rispondendo alle seguenti domande: che cos’è un fascista? Quanti fascisti abbiamo? Quanto sono pericolosi?”
La risposta del vicepresidente Wallace a tali domande fu pubblicata sul New York Times il 9 aprile 1944, al culmine della guerra contro le potenze dell’Asse di Germania e Giappone.
“I fascisti statunitensi davvero pericolosi”, scrisse Wallace, “non sono quelli che sono direttamente o indirettamente collegati all’Asse. L’FBI li ha sotto controllo… Il fascista statunitense preferirebbe non usare la violenza. Il suo metodo consiste nell’avvelenare i canali dell’informazione pubblica”.
“Per un fascista il problema non è mai come meglio presentare la verità al pubblico”, continuò Wallece, “bensì come meglio usare le notizie per indurre il pubblico con l’inganno a dare più denaro e più potere al fascista e al suo gruppo”.
In questo, Wallace usava la definizione classica del termine “fascista”, la definizione che Mussolini aveva in mente quando affermò di aver inventato il termine.
Come indicava l’American Heritage Dictionary del 1983, il fascismo è: “Un sistema di governo che esercita una dittatura dell’estrema destra, solitamente mediante la fusione della dirigenza dello stato e dell’economia, assieme a un nazionalismo belligerante”.
Il vicepresidente Wallace espose senza giri di parole nel suo articolo del 1944 sul Times la sua preoccupazione che lo stesso avvenisse qui negli Stati Uniti: “Il fascismo statunitense non sarà realmente pericoloso sino a quando non ci sarà una coalizione determinata dei monopolisti e dei deliberati avvelenatori dell’informazione pubblica…”
Avrebbe potuto descrivere la Fox, la radio di destra promotrice dell’odio, e di miliardari che mantengono al potere l’odierno GOP.
Notando che “il fascismo è una patologia mondiale”, Wallace suggerì inoltre che la maggiore minaccia [del fascismo] agli Stati Uniti arriverà dopo la guerra” e sarà manifesta “all’interno degli stessi Stati Uniti”.
Vedendo i Repubblicani del suo tempo operare secondo lo stesso copione antioperaio di oggi, Wallace aggiunse:
Ancora un altro pericolo è rappresentato da quelli che, rendendo omaggio a parole alla democrazia e al benessere comune, nella loro insaziabile avidità di denaro del potere che il denaro fornisce, non esitano a evadere di nascosto le leggi ideate per salvaguardare il pubblico dall’estorsione monopolista”.
Come scrisse Wallace, alcuni nelle grandi aziende “sono disposti a mettere a repentaglio la libertà statunitense pur di conseguire qualche vantaggio temporaneo”.
In un commento preveggente delle accuse di Donald Trump agli “stupratori messicani” e alle “bande” di Chicago, Wallace scrisse:
“I sintomi del pensiero fascista sono influenzati dall’ambiente e adattati alle circostanze immediate. Ma sempre e dovunque possono essere identificati dal loro appello al pregiudizio e dal desiderio di approfittare delle paure e delle vanità di differenti gruppi al fine di guadagnare potere”.
“Non è una coincidenza che la crescita dei tiranni moderni sia stata in ogni caso annunciata dalla crescita del pregiudizio”.    
E tale pregiudizio sarebbe sfruttato per vincere le elezioni in modo che i fascisti possano derubare il popolo e accrescere il loro potere e la loro ricchezza.
Ma anche a questo punto, indicò Wallace, i fascisti statunitensi avrebbero dovuto comunque mentire al popolo al fine di guadagnare potere. E se fosse mai arrivato il giorno in cui un miliardario avesse aperto una rete “giornalistica” solo per promuovere il pensiero fascista, avrebbero potuto promuovere le loro menzogne con maggiore facilità.
“I fascisti statunitensi si riconoscono più facilmente per la loro deliberata perversione della verità e dei fatti”, scriveva Wallace. “I loro giornali e la loro propaganda coltivano attentamente ogni crepa di disunità, ogni fessura del fronte comune contro il fascismo. Usano ogni opportunità per mettere in discussione la democrazia”.
Nella sua più forte denuncia della marea che il vicepresidente degli Stati Uniti vedeva montare nel paese, egli aggiunse:
Affermano di essere super patrioti ma distruggerebbero ogni libertà garantita dalla costituzione. Pretendono la libera impresa ma sono i portavoce dei monopoli e dei tornaconti privati. Il loro obiettivo finale, verso il quale è diretta ogni loro menzogna, consiste nell’impossessarsi del potere politico in modo tale che usando contemporaneamente il potere dello stato e il potere del mercato possano mantenere in eterna soggezione l’uomo comune”.
Nelle elezioni del 2018 siamo a un bivio che Roosevelt e Wallace avevano solo immaginato.
Il fascismo finanziato dai miliardari è in ascesa negli Stati Uniti, definendosi “conservatorismo” e “trumpismo”.
Il comportamento odierno dei candidati Repubblicani e dei loro donatori miliardari è sinistramente parallelo al giorno del 1936 in cui Roosevelt disse: “Invano cercano di nascondersi dietro la bandiera e la Costituzione. Nella loro cecità dimenticano che cosa la bandiera e la Costituzione rappresentano.” Gli avvertimenti del presidente Roosevelt e del vicepresidente Wallace sono oggi più urgenti che mai.
Se Trump e i miliardari che stipendiano i Repubblicani riusciranno a distruggere gli ultimi sostegni dell’indebolita classe media statunitense, comprese Previdenza Sociale, Medicare e Medicaid – e riusciranno a bloccare qualsiasi possibilità di Medicare per Tutti o di università o istituti tecnici gratuiti – non soffrirà solo il 90 per cento degli statunitensi, ma svanirà quel poco di democrazia che è rimasto in questa repubblica. La storia, dai tempi dei greci e dei romani fino all’Europa della prima metà del ventesimo secolo, suggerisce che sarà probabilmente sostituita da un’oligarchia violenta, cleptocratica che non si sottrae più a termini come “fascista”.
I segnali d’allarme ci sono già e, di fronte alla frode elettorale nazionale basata sulle purghe Repubblicane degli elettori, dobbiamo presentarci in gran numero se dobbiamo preservare il ‘Sogno Americano’ e renderlo finalmente disponibile a tutti.



Per concessione di ZNet Italy
Fonte: https://www.alternet.org/news-amp-politics/they-are-coming-your-social-security-and-medicare
Data dell'articolo originale: 17/10/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=24438 

05 novembre 2018

Lo strano incendio delle auto di Savona

Più di 1000 auto, custodite in un parcheggio a cielo aperto di Savona, sono andate a fuoco durante il temporale che ha investito la Liguria nei giorni scorsi. Il video che le ritrae è allucinante, surreale. Sembra di vedere un parcheggio di auto in miniatura che è stato incenerito con un lanciafiamme.



La cosa curiosa è che tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo le spiegazioni più accreditate, per una serie di cortocircuiti causati dalle batterie delle Maserati, che a quanto pare hanno delle batterie particolari, capaci di produrre scariche elettriche molto più potenti di quelle normali. Ma davvero questo è sufficiente a spiegare quello che è accaduto?

luogocomune.net

I MOSTRI DEL RATING / DENTRO MOODY’S, CON UN SOROS NEL MOTORE


Aspettiamo il voto delle agenzie di rating come se dovessero parlare degli oracoli. Le definiscono "indipendenti". Una bugia alta come le Twin Towers. Invece sono degli organismi del tutto parziali, perchè controllati da precisi gruppi economici, finanziari e spesso speculativi. I quali, cioè, hanno tutto l'interesse a dare questo o quel voto, per poter quindi declassare un Paese e "mangiarlo meglio" o farne un gustoso spezzatino.
Si è pronunciata, affibbiandoci un pessimo voto (da Baa2 a Baa3), Moody's, in genere la più "perfida" delle tre sorelle.
Ma entriamo nelle sue segrete e ovattate stanze. Ecco a chi fa capo, non certo dei santi. Il primo tra i soci è Warren Buffet, l'arcimiliardario e super speculatore, attraverso il suo Fondo, of course, che si chiama Berkshire Hataway. Ha sponsorizzato le campagne presidenziali di Barack Obama e Hillary Clinton, tanto per darsi un tono 'democratico'.
Nell'azionariato, poi, spicca la stella (nera) di Blackrock, il principe di tutti i Fondi: pensate che come 'advisor' eccellente può contare su un calibro come George Soros, il magnate umanitario MangiaPaesi, il numero uno degli speculatori internazionali che vuol tanto bene ad ong e migranti…..
Non è certo finita, perchè tra i soci da novanta fanno capolino gli altri due colossi dei Fondi, come Vanguard Groupe e State Street. Dei veri mostri sacri, capaci di avere in pancia (Blackrock, Vanguard e State) quasi la metà delle azioni di tutte le aziende a stelle e strisce, anche concorrenti tra loro. Quindi capaci, da sole, di controllare economie e finanze di mezza America.
Lorsignori hanno in mano i destini di Paesi, come l'Italia, che cercano di crescere. Non c'è un qualche conflitto d'interessi, visto appunto che poi possono fare un sol boccone di pezzi interi di questo o quel paese, attraverso la miriade di aziende che a loro volta controllano?
Una autentica forma di gangsterismo finanziario, nella tanto democratica America. Altro che Al Capone. Val la pena di ricordare il titolo di un libro scritto da Elio Lannutti sul sistema creditizio: "Bankster – Peggio di Al Capone i vampiri di Wall Street e piazza Affari".
Meno complessi i contesti azionari delle altre due sorelle. Fitch fa capo al gruppo Hearst che controlla mezzo settore delle comunicazioni negli States (ricordate tanti anni fa il rapimento di una rampolla, Patricia?). Standard & Poor's è riconducibile ad un altro colosso, il gruppo Mc Graw Hill, controllato dalla Capital Word Investment.

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31 ottobre 2018

Cosa c’è veramente dietro la balla del riscaldamento globale


La recente conferenza ONU sul riscaldamento globale, sotto l’egida dell’International Panel on Climate Change (IPCC), ha concluso il proprio incontro in Corea del Sud discutendo su come limitare drasticamente l’aumento della temperatura globale. I media mainstream stanno spacciando vari scenari catastrofici causati delle emissioni di gas serra, specialmente CO₂, prodotte dall’uomo, se non vengono urgentemente intrapresi cambiamenti drastici nel nostro stile di vita. C’è solo una cosa che non va in tutto questo. La conclusione si basa su falsi studi e scienziati corrotti, che hanno raccolto miliardi di sovvenzioni per confermare la necessità di un cambiamento radicale nel nostro tenore di vita. Perché? La risposta è inquietante.
La riunione dell’IPCC ha discusso delle misure necessarie, a detta dei propri modelli informatici, per limitare l’aumento della temperatura globale ad 1,5 °C sopra quella dell’era preindustriale. Drew Shindell, dell’Università di Duke, uno dei membri del gruppo ed uno degli autori dell’ultimo Rapporto Speciale IPCC sul Riscaldamento Globale, ha detto alla stampa che per raggiungere l’obiettivo occorrerà diminuire le emissioni mondiali di CO₂ di un incredibile 40% per i prossimi 12 anni. L’IPCC richiede “zero emissioni nette” di CO₂ entro il 2050. Ciò significherebbe un divieto totale sui motori a gas o diesel per auto e camion, no centrali a carbone, trasformazione dell’agricoltura mondiale verso biocarburanti derivati da alimenti. Shindell ha ammesso: “Sono cambiamenti enormi”.
Il rapporto, denominato SR15, dichiara che il riscaldamento globale di 1,5 °C porterà “probabilmente” all’estinzione delle specie, a condizioni meteorologiche estreme, e a rischi a salute, crescita economica ed approvvigionamento di cibo. Per evitare tutto questo, le stime hanno richiesto che i soli investimenti energetici salgano di $2,4 trilioni l’anno. Il che potrebbe spiegare l’interesse delle principali banche globali, in particolare quelle della City di Londra, a spingere la carta del riscaldamento globale.
Lo scenario assume una dimensione ancor più incredibile, in quanto generato da dati fasulli, creati da un gruppetto internazionale di scienziati climatici, che etichetta i colleghi in disaccordo come “negazionisti del cambiamento climatico”. Vi ricorda qualcosa? Ecco come uccidere un legittimo dibattito scientifico. Il capo IPCC ha recentemente sentenziato: “Il dibattito sulla scienza dei cambiamenti climatici è già stato fatto, ora è chiuso”.
Il dibattito è tutt’altro che finito. Il Global Warming Petition Project, firmato da oltre 31.000 scienziati statunitensi, afferma: “Non ci sono convincenti prove scientifiche che il rilascio umano di anidride carbonica, metano od altri gas serra stia causando o causerà, nel prossimo futuro, un riscaldamento catastrofico dell’atmosfera terrestre ed un’interruzione del clima terrestre. Vi è anzi una sostanziale evidenza scientifica che l’aumento del biossido di carbonio nell’atmosfera produca molti effetti benèfici sugli ambienti naturali di animali e piante”.
Allarmisti
La cosa più interessante dei terribili avvertimenti di catastrofe globale è che si basano sempre su previsioni future. Quando il “punto di svolta” della cosiddetta irreversibilità è passato senza evidenti catastrofi, ci si inventa sempre un nuovo punto futuro.
Nel 1982 Mostafa Tolba, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), avvertì che “se i governi non agiscono ora, entro un paio di decenni il mondo affronterà un disastro ecologico”. Predisse che l’inazione avrebbe portato “una catastrofe ambientale verso l’inizio del secolo, che vedrà una devastazione totale, irreversibile come qualsiasi olocausto nucleare”. Nell’89 Noel Brown, sempre dell’UNEP, disse che intere nazioni sarebbero state spazzate via dalla faccia della terra, a causa dell’innalzamento del livello del mare, se la tendenza al riscaldamento globale non fosse stata invertita entro il 2000. James Hansen, figura onnipresente negli scenari apocalittici, ai tempi dichiarò che, “per preservare un pianeta simile a quello su cui la civiltà si è sviluppata sulla Terra ed alla quale è stata adattata la vita”, il limite massimo era di 350 ppm di CO₂. Rajendra Pachauri, allora capo IPCC, dichiarò che: “Se non si agisce prima del 2012, sarà troppo tardi”. Oggi il livello misurato è 414.
Come osserva lo scienziato britannico Philip Stott: “In sostanza, negli ultimi cinquanta anni, è stato regolarmente dato alla Terra un avviso di sopravvivenza di 10 anni… Il periodo postmoderno di ansia per i cambiamenti climatici può essere probabilmente fatto risalire a fine anni ’60… Nel ’73, quando lo spavento del “Raffreddamento Globale” era in pieno svolgimento, con previsioni dell’imminente collasso del mondo entro venti anni […] gli ambientalisti avvertivano che, entro il 2000, la popolazione americana sarebbe scesa a soli 22 milioni. Nell’87, il nuovo spavento improvvisamente divenne il “Riscaldamento Globale”, e venne quindi istituito l’IPCC (il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) (1988)…”.
Dati difettosi
I modelli IPCC sono puramente teorici, non reali. L’ipotesi dipende interamente da modelli informatici che generano scenari futuri, non corroborati da registrazioni empiriche che li verifichino. Come ha concluso uno studio scientifico, “I modelli climatici computerizzati, sui quali si basa il ‘riscaldamento globale causato dall’uomo’, hanno sostanziali incertezze e sono palesemente non attendibili. La cosa non sorprende, dal momento che il clima è un sistema dinamico non lineare ed accoppiato. È molto complesso”. Accoppiato vuol dire che gli oceani causano cambiamenti nell’atmosfera e viceversa. Entrambi sono legati in modo complesso ai cicli solari. Nessun modello che prevede il riscaldamento globale o mille “punti di svolta” è in grado di analizzare, e neanche cerca di farlo, le reciproche influenze tra l’attività del sole ed i cicli di eruzione solare che determinano le correnti oceaniche, correnti a getto, gli El Niños ed il tempo quotidiano.
John McLean, un australiano esperto di IT e ricercatore indipendente, ha recentemente effettuato un’analisi dettagliata del rapporto IPCC sul clima. Osserva che il set di dati usato è HadCRUT4, palesemente pieno di errori. Nota: “È molto amatoriale, ha lo standard di uno studente universitario del primo anno”. Tra gli errori, “le medie della temperatura sono state calcolate con pochissime informazioni. Per due anni, le temperature sulla Terra nell’emisfero meridionale sono state stimate da un solo sito in Indonesia”. Altrove, ha scoperto che per l’isola caraibica di Saint Kitts e Nevis la temperatura è stata registrata a 0 °C per un mese intero, in due occasioni. Il set di dati è una produzione congiunta del britannico Hadley Center e dell’Unità di Ricerca Climatica dell’University of East Anglia. Quest’ultimo è il gruppo implicato diversi anni fa nel famigerato scandalo Climategate, che riguardava dati errati e relativa cancellazione di mail compromettenti per nasconderlo. I media mainstream hanno prontamente sepolto la storia, rivolgendo invece l’attenzione su “chi ha illegalmente cancellato le mail dell’East Anglia”.
Abbastanza sorprendentemente, se si fa una piccola ricerca, si scopre che l’IPCC non ha mai condotto una vera inchiesta scientifica sui possibili casi di cambiamento del clima terrestre. Le fonti artificiali di cambiamento venivano asserite arbitrariamente.
Il malthusiano Maurice Strong
Pochi tuttavia sono a conoscenza delle origini politiche e persino geopolitiche delle teorie del riscaldamento globale. Com’è successo? Il cosiddetto Cambiamento Climatico, o Riscaldamento Globale, è un programma di deindustrializzazione neo-maltusiano, originariamente sviluppato nei primi anni ’70 da circoli attorno alla famiglia Rockefeller, per impedire l’ascesa di industriali indipendenti rivali. Nel mio libro, “Myths, Lies and Oil Wars”, descrivo dettagliatamente come l’autorevole gruppo Rockefeller abbia anche sostenuto la creazione del Club di Roma, dell’Aspen Institute, del Worldwatch Institute e del report del MIT “Limits to Growth”. Uno dei principali organizzatori del programma di crescita zero fu un amico di lunga data di David Rockefeller, un petroliere canadese di nome Maurice Strong. Strong fu uno dei primi divulgatori della balla per la quale le emissioni prodotte dai veicoli di trasporto, dalle centrali a carbone e dall’agricoltura avevano causato un drammatico aumento della temperatura globale, che minacciava la civiltà.
Come presidente della Conferenza ONU di Stoccolma del 1972 sulla Giornata della Terra, Strong promosse un’agenda di riduzione della popolazione ed abbassamento degli standard di vita in tutto il mondo, per “salvare l’ambiente”. Alcuni anni dopo lo stesso Strong ribadì la propria radicale posizione ecologista: “Il crollo delle civiltà industrializzate è l’unica speranza per il pianeta. Non è nostra responsabilità portarlo a termine?”. Il dott. Alexander King, co-fondatore del Club di Roma, gruppo legato ai Rockefeller, ha ammesso il progetto nel proprio libro, “The First Global Revolution”. Scrive: “Alla ricerca di un nuovo nemico che ci unisse, abbiamo avuto l’idea che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la carestia e simili sarebbero stati adatti… Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento umano… Il vero nemico, quindi, è l’umanità stessa”.
Per favore, andatevelo a rileggere. In pratica, dice lui, la colpa è dell’umanità, non delle 147 banche e multinazionali globali che de facto determinano l’ambiente odierno.
Dopo il Summit sulla Terra, Strong venne nominato Assistente Segretario Generale delle Nazioni Unite e Consulente Capo di Kofi Annan. Fu il principale artefice del Protocollo di Kyoto del 1997-2005, che dichiarò che il surriscaldamento globale era reale e che era “estremamente probabile” che le emissioni di CO₂ prodotte dall’uomo ne fossero la causa principale. Nell’88 Strong fu determinante nella creazione dell’IPCC ed in séguito della Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici al Summit sulla Terra a Rio, da lui presieduto e che approvò la sua Agenda 21.
L’IPCC ed il suo programma di riscaldamento globale è un progetto politico, non scientifico. Il suo ultimo rapporto, come i precedenti, si basa su una finta scienza. Il professor Richard S. Lindzen del MIT, in un recente discorso, ha criticato i politici e gli attivisti che affermano che “la scienza è risolta”, ed ha chiesto “cambiamenti senza precedenti in tutti gli aspetti della società”. Ha notato che è totalmente non plausibile che un così complesso “sistema multifattoriale” come il clima venga sintetizzato da una sola variabile, il cambiamento di temperatura medio globale, e controllato principalmente da una varianza dell’1-2% nel bilancio energetico dovuto alla CO₂. Lindzen ha denunciato come “un’improbabile congettura, sostenuta da false prove ripetute incessantemente, sia diventata ‘conoscenza’, usata per promuovere il capovolgimento della civiltà industriale”. Il nostro mondo ha sì bisogno di una “trasformazione radicale”, ma di una che promuova la salute e la stabilità della specie umana.
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG
Fonte: comedonchisciotte.org 

19 ottobre 2018

GLIFOSATO / UNA SENTENZA A SAN FRANCISCO DA BRIVIDI


Sembra il copione di uno dei migliori film interpretati da Julia Roberts, "Erich Borovich", l'avvocato in minigonna e tacchi a spillo animata da un coraggio leonino per vincere una causa contro un colosso che ha inquinato mezzo territorio e causato morti a catena per tumore.
Peccato che stavolta il giudice non sia di quella tempra e non abbia un grammo del coraggio di Erich. Per il giudice della Corte superiore di San Francisco, Suzanne Ramos Bolanos, infatti il glifosato non fa male, anzi è consigliabile in tutte le diete e produce effetti miracolosi.
Scherzi a parte, il giudice Bolanos ha rimesso in discussione il risarcimento che un ammalato di cancro era riuscito ad ottenere in un precedente giudizio (280 milioni di dollari) sostenendo che non c'è conessione tra glifosato e insorgenza della patologia tumorale. L'uomo, infatti, aveva fatto uso di erbicidi prodotti dalla Monsanto, il colosso a stelle e strisce appena inglobalo da un altro colosso, quello farmaceutico tedesco Bayer, i quali, evidentemente, adesso fanno salti di gioia e sparano i tric trac, dopo l'incredibile sentenza.
Ma non basta. In vena di prodigalità verso i due colossi, il giudice Ramos Bolanos cerca di fare ancora di più. E cioè intende chiedere la riapertura per "insufficienza di prove" per quanto riguarda la parte della sentenza che prevede una sanzione da 250 milioni per 'danni punitivi'. A quel punto il neogruppo che domina in modo monopolitico il mercato dei prodotti per l'agricoltura (compresi glifosati e pesticidi d'ogni sorta) si troverebbe la strada spianata nel futuro per l'uso più sfrenato del glifosato, sostanza che invece la gran parte degli studi scientifici "non di parte" considera altamente tossico.
E sempre a questo punto non resta, per il giudice Bolanos, che un'ultimo provvedimento: il Nobel  "per legge" a Monsanto e Bayer, così il quadro è completo.
Tornando con i piedi per terra, è possibile lasciar in mano a un toga che probabilmente non capisce neanche la differenza fra un seme e un fiore una sentenza di tale peso? Non andrebbe quanto meno affiancata da un collegio giudicante con tanto di team di esperti "super partes", cioè non "mazzettabili" dal colosso tedesco fresco di matrimonio? O non andrebbe affidato a un Corte Suprema? In ballo ci sono la salute dei cittadini, in primo luogo, ma anche miliardi di dollari per il commercio di glifosato.

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15 ottobre 2018

Magaldi: Draghi e Mattarella, il padrone e il maggiordomo

Come va letta, la visita di Draghi a Mattarella? «Be', come dire: il padrone è venuto a visitare il maggiordomo». Indovinato: è Gioele Magaldi a esprimersi in questi termini, per commentare l'insolita "capatina" al Quirinale, da parte del presidente della Bce, proprio mentre l'establishment finanziario, politico e mediatico spara sul governo Conte, che si è permesso di alzare il deficit al 2,4% del Pil – nella previsione 2019 del Def – sperando di cominciare a finanziare reddito di cittadinanza, taglio delle tasse e pensioni più decorose. La novità è che, dall'8 ottobre, Magaldi "esterna" – sempre di lunedì, alle 12 – sul canale YouTube di "Border Nights", dopo l'improvvisa chiusura di "Massoneria On Air" da parte di "Colors Radio", che ha licenziato il conduttore, David Gramiccioli. «L'editore, che in tre anni mi aveva lasciato la massima libertà – spiega lo stesso Gramiccioli, durante il collegamento con Fabio Frabetti – mi ha contestato il crollo del fatturato pubblicitario, legato anche a strutture sanitarie». Facile che a turbare gli sponsor sia stata l'offensiva giornalistica di Gramiccioli, che contro l'obbligo vaccinale introdotto dalla legge Lorenzin ha anche scritto e interpretato il fortunatissimo spettacolo teatrale "Il decreto".

Gramiccioli ha inoltre ospitato stabilmente Massimo Mazzucco, che smonta la versione ufficiale sull'11 Settembre. Ha dato spazio a Enrica Perucchietti, autrice di saggi su "fake news" e terrorismo "domestico" gestito da servizi segreti occidentali sotto Gioele Magaldifalsa bandiera. E "Colors Radio" ha fatto audience ogni lunedì con Magaldi, che non ha esitato a svelare la cifra massonica (occulta) di tanti uomini di potere. Gianfranco Carpeoro, ospite con Gramiccioli della prima puntata di "Gioele Magaldi Racconta", cita i "Promessi sposi": elegante, Gramiccioli, nel non infierire sulla proprietà di "Colors Radio" che l'ha lasciato a piedi senza preavviso, e senza alcun rispetto per i tantissimi, affezionati ascoltatori. Ma certo, dice Carpeoro, il comportamento dell'editore ricorda quello di Don Abbondio. "Il coraggio, uno non se lo può dare", scrive Manzoni. Specie se magari, come in questo caso, ha incontrato i "bravi", che gli hanno fatto il loro discorsetto: via Gramiccioli, o niente più contratti pubblicitari. Onore al conduttore, in ogni caso, «ottimo giornalista e uomo dalla schiena diritta», lo saluta Magaldi. Che promette: la storia non finisce qui, naturalmente. Tanto per cominciare, la voce di Magaldi il lunedì mattina trasloca su "Border Nights", grazie al tandem Carpeoro-Frabetti. E comunque, il progetto "Massoneria On Air" «riprenderà vita presto, vedremo come e dove».

Anche perché il Movimento Roosevelt, di cui Magaldi è presidente, annuncia un impegno a tutto campo, anche sulla comunicazione. La missione è chiara: intanto, difendere il governo Conte e aiutarlo di fare di più e meglio. E' vergognoso – dice Magaldi – che l'esecutivo gialloverde venga attaccato a reti unificate: per la prima volta, dopo l'orrenda stagione della Seconda Repubblica, un governo osa contestare la "teologia" del rigore, avanzando le prime proposte (ancora timide) per risollevare l'economia espandendo il deficit. «Le idee sono buone», riconosce lo stesso Carpeoro, nella speranza che poi «vengano effettivamente recepite nella finanziaria», vista la pericolosità dei super-poteri in azione, decisi a impedirlo con ogni mezzo. A fine novembre, annuncia Magaldi, lo stesso Movimento Roosevelt scenderà in campo – con un'assemblea generale a Roma – per presentare idee-forza da sottoporre poi al governo. In altre parole: siamo solo all'inizio della "primavera italiana". Superati i primi scogli, poi i gialloverdi dovranno osare di più. E i circuiti massonici progressisti, di cui lo stesso Magaldi è David Gramiccioliportavoce, «si impegneranno a livello europeo per far sì che l'operato del governo italiano sia percepito in modo corretto», nonostante il fuoco d'interdizione cui è sottoposto ogni giorno dai grandi media, asserviti ai poteri oligarchici.

Bei tempi, quando l'informazione italiana era affidata a professionisti come Stefano Andreani, prematuramente scomparso, cui Magaldi dedica un commosso ricordo. Stranissimo giornalista, Andreani, cattolico militante ma formatosi alla scuola di "Radio Radicale": un uomo onesto, capace sempre di impedire alle proprie idee di intorbidire la verità destinata ai lettori. Esattamente il contrario dell'attuale deriva del post-giornalismo italico (gridato, fazioso, omertoso e bugiardo) che "bombarda" ogni giorno Di Maio e Salvini, in ossequio a poteri che poi, magari, impongono il licenziamento di un reporter coraggioso come Gramiccioli. Poteri forti, si capisce, che – ai piani alti – hanno il volto di Mario Draghi, supermassone «ascrivibile alla peggiore contro-iniziazione, che non manca certo di spessore e capacità strategica». Non come Mattarella, che politicamente «è un "maggiordomo" paramassone, come Enrico Letta», sintetizza Magaldi. Letta e Mattarella? «Figure ancillari e servizievoli, con poca autonomia e spessore di pensiero». Draghi in visita al capo dello Stato? Ovvio: «Fu Draghi a proporre Mattarella a Renzi, per il Quirinale, e quindi oggi Mattarella "prende ordini" da Draghi, talvolta per mezzo di Ignazio Visco», il governatore di Bankitalia. Ecco dunque, chiosa Magaldi, a cosa è servito l'incontro fra Draghi è Mattarella: ha permesso «che il padrone il suo maggiordomo concertassero qualche azione comune contro le pur labili, flebili innovazioni che questo governo sta cercando di introdurre».

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07 ottobre 2018

Bayer-Monsanto: la malattia e la cura te le vendiamo noi


C'é molto fermento in questi ultimi mesi nelle grandi multinazionali farmaceutiche, quella ristretta casta di semidei impegnati nel vendere a tranci la nostra salute un tanto al chilo al mercato della speranza e della disperazione.
Dall'inizio del 2018 non si riesce a tenere conto delle acquisizioni e delle fusioni intervenute all'interno di Big Pharma, tanto è alto il loro numero. Nel mese di gennaio la francese Sanofi ha acquistato per 11,5 miliardi di dollari l'azienda statunitense Bioverativ, specializzata nell'emofilia e la Celgene ha acquisito Juno Therapeutics, specializzata nelle cure per il cancro, sborsando la cifra di 9 miliardi di dollari, mentre a lungo si è ventilata l'ipotesi di una colossale fusione fra Pfizer e Bristol Myers, finora non ancora andata in porto.
Ma ciò che più ha fatto scalpore è stata l'acquisizione intervenuta lo scorso giugno della tristemente nota Monsanto, da parte del colosso tedesco Bayer per la strabiliante cifra di 63 miliardi di dollari....


La multinazionale Monsanto è nota a tutti per la sua travagliata storia di azienda "killer" della salute umana, con alle spalle quasi un secolo di scandali e cause giudiziarie, giocati sulla pelle di milioni di consumatori e coltivatori in tutto il mondo. Sono stati suoi i brevetti del DDT, del PCB e del micidiale Agente Arancio usato dall'esercito statunitense nel corso della guerra del Vietnam. Sono suoi i brevetti delle sementi OGM che hanno stravolto l'agricoltura, così come è "suo" il cancerogeno glifosato, contenuto nel diserbante RoundUp che l'azienda commercializza dal 1974.

La multinazionale Bayer si considera "un'anima candida" e nel momento stesso dell'acquisizione ha espresso la volontà di cambiare immediatamente nome alla Monsanto, nel palese tentativo di fare dimenticare all'opinione pubblica i disastri compiuti finora dalla multinazionale statunitense.

Ma al di là delle buone intenzioni (di cui spesso è lastricato l'inferno) esistono almeno due ordini di problemi sui quali sarebbe bene riflettere.
In primo luogo la Bayer non è quell'anima candida che la sua dirigenza vorrebbe indurci a credere, dal momento che negli anni 80/90 fu coinvolta pesantemente nello scandalo concernente gli emoderivati con al centro migliaia di persone infettate in tutto il mondo. Risulta fra le multinazionali più invasive nell'ambito della pubblicità deviante, nella quale investe oltre 10 miliardi di euro l'anno, con un'operazione di lobbing che coinvolge pesantemente tutto l'ambiente della sanità, dai medici agli informatori scientifici, dai direttori delle riviste specializzate fino ai referenti politici del settore. E' rimasta coinvolta, sia pur indirettamente, nel finanziamento della guerra civile nella Repubblica Democratica del Congo. E' responsabile dello scandalo del Lipobay, il farmaco anti colesterolo ritirato dal commercio nel 2001 e responsabile della morte di centinaia di persone. E' attualmente sotto accusa (ed ha già pagato 2 miliardi di dollari d'indennizzo) per le pillole contraccettive Yaz/Yasmin che provocano un rischio di trombosi, infarti ed ictus doppio rispetto ai vecchi prodotti, anche se i medicinali incriminati non sono ancora stati ritirati dal mercato. Solo per citare gli scandali più eclatanti degli ultimi 40 anni.

In secondo luogo la concentrazione nelle mani di una delle più grandi multinazionali farmaceutiche mondiali, di un colosso della chimica specializzato nella produzione di sementi ogm e di pesticidi, responsabili questi ultimi non solo del cancro ma anche di molte altre malattie devastanti come il Parkinson, l'Alzheimer, la SLA, il diabete ed una sequela di patologie autoimmuni, non può che creare più di qualche perplessità e molta inquietudine.
La coesistenza nelle stesse mani dell'industria che ogni anno crea milioni di malati, con quella che costruisce miliardi di profitto proprio curando quelle stesse malattie, crea un circolo perverso dinanzi al quale non si può fare altro che restare inorriditi. Un circolo perverso al centro del quale purtroppo ci troviamo noi tutti, come tanti polli in batteria, impotenti ostaggi di quella mano alla quale serve che noi si sia ammalati, per renderci così consumatori di prodotti farmaceutici durante tutto il corso della nostra vita.

Marco Cedolin
Fonte: DolceVita online

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04 ottobre 2018

Strage di alberi, Camp Darby si potenzia, di Manlio Dinucci

Dopo la riorganizzazione del 2012, la base USA in Italia di Camp Darby non accoglie più gli ospedali da campo per il Medio Oriente. È diventata sia un vasto magazzino che rifornisce gli empori delle altre basi americane occidentali, sia un gigantesco arsenale. Lungi dall’essere ridimensionato come annunciato, il campo non smette d’ingrandirsi.
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I primi sono già stati tagliati, gli altri marchiati con la vernice: sono 937 gli alberi che vengono abbattuti nell’area naturale «protetta» del Parco Regionale di San Rossore tra Pisa e Livorno. È il primo «danno collaterale» della massiccia riorganizzazione, iniziata in questi giorni, delle infrastrutture di Camp Darby, il più grande arsenale Usa nel mondo fuori dalla madrepatria [1]. Anche se il comando Usa promette di ripiantare più alberi di quelli tagliati, la costruzione di una ferrovia e altre infrastrutture, frammentando gli habitat naturali, sconvolgerà un vasto ecosistema.
Il progetto prevede la costruzione di un nuovo tronco ferroviario che collegherà la stazione di Tombolo (sulla linea Pisa-Livorno) a un nuovo terminal di carico e scarico, attraversando il Canale dei Navicelli su un nuovo ponte metallico girevole. Il terminal di carico e scarico, alto quasi 20 metri, comprenderà quattro binari lunghi 175 metri capaci di accogliere ciascuno nove vagoni per un totale di 36.
Il terminal sarà collegato all’area di stoccaggio delle munizioni (Ammunition Storage Area) con grandi autocarri. Per mezzo di carrelli movimentatori di container, le armi in arrivo verranno trasferite dai carri ferroviari agli autocarri e quelle in partenza dagli autocarri ai carri ferroviari. Il terminal permetterà il transito di due convogli ferroviari al giorno, che collegheranno la base al porto attraverso le normali linee delle Ferrovie dello Stato.
Il piano di riorganizzazione delle infrastrutture, appena iniziato, è dovuto al fatto che, in seguito all’accresciuto transito di armi da Camp Darby, non basta più il collegamento via canale e via strada della base col porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Nei 125 bunker di Camp Darby, continuamente riforniti dagli Stati uniti, è stoccato (seondo stime approssimative) oltre un milione di proiettili di artiglieria, bombe per aerei e missili, cui si aggiungono migliaia di carrarmati, veicoli e altri materiali militari. Dal marzo 2017, enormi navi fanno mensilmente scalo a Livorno, scaricando e caricando armi che vengono trasportate in continuazione nei porti di Aqaba in Giordania, Gedda in Arabia Saudita e altri scali mediorientali per essere usate dalle forze statunitesi e alleate nelle guerre in Siria, Iraq e Yemen.
Per capire quali siano i pericoli per la popolazione toscana non occorre essere tecnici specializzati. Movimentare in continuazione migliaia di testate esplosive di enorme potenza in un territorio densamente abitato comporta evidenti rischi. Anche se i responsabili del progetto lo definiscono strategico per «la salute dell’uomo e la pubblica sicurezza», non si può escludere un incidente dalle conseguenze catastrofiche. Né si può escludere un sabotaggio o un attacco terroristico per provocare l’esplosione di un intero convoglio ferroviario carico di bombe. Lo conferma il fatto che nel piano è prevista la realizzazione di un secondo terminal che sarà adibito alle operazioni di verifica e ispezione dei «carri sospetti», ossia di quelli su cui potrebbe essere stata installata (ad esempio all’interno di un container) una bomba che, esplodendo a comando, provocherebbe una catastrofica reazione a catena.
Che cosa hanno fatto le istituzioni di fronte a tutto questo? Invece di svolgere le loro funzioni a tutela dei cittadini e del territorio, la Regione Toscana, i Comuni di Pisa e Livorno e l’Ente Parco hanno non solo approvato il potenziamento di Camp Darby, ma hanno contribuito alla sua realizzazione. Le opere civili realizzate negli ultimi anni per progetti di sviluppo economico veri o presunti (ad esempio la cantieristica di lusso) — in particolare i lavori per migliorare la navigabilità del Canale dei Navicelli e i collegamenti ferroviari del porto di Livorno — sono esattamente quelli richiesti da anni dal comando di Camp Darby. Il suo massimo rappresentante, il colonnello Berdy, è stato ricevuto negli ultimi mesi con tutti gli onori dal presidente del Consiglio regionale toscano Giani (Pd), che si è impegnato a promuovere «l’integrazione tra la base militare Usa di Camp Darby e la comunità circostante», dal sindaco di Livorno Nogarin (M5S) e da quello di Pisa Conti (Lega) che hanno espresso sostanzialmente la stessa posizione. Gli alberi del Parco possono essere tagliati e le bombe di Camp Darby possono circolare sul nostro territorio, grazie al consenso multipartisan.

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03 ottobre 2018

Se Foa viene eletto, Vietnam in Rai. Ma i 5 Stelle lo votano?

Nel caso venga eletto presidente della Rai, Marcello Foa dovrà affrontare una guerriglia interna permanente, un vero e proprio Vietnam. Parola di Gianfranco Carpeoro, protagonista all’inizio di agosto di una clamorosa rivelazione: il giornalista, candidato da Salvini, fu stoppato da Berlusconi, che pure aveva già dato il suo ok al leader della Lega. Cos’era accaduto? Un giro di telefonate, innescate da Parigi: il supermassone reazionario Jacques Attali, vicinissimo a Macron, aveva interpellato nientemeno che Giorgio Napolitano, il quale avrebbe consigliato ad Attali – per bloccare l’elezione di Foa – di chiamare il massone Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo e in grado di premere sul Cavaliere, poi chiamato direttamente dallo stesso Attali. Sia Attali che Napolitano, secondo Gioele Magaldi, militano nella stessa potentissima Ur-Lodge, la “Three Eyes”, a lungo dominata da oligarchi come Kissinger, Brzezinski e Rockefeller. In web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, Carpeoro – avvocato, nonché autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” – aveva sparato la “bomba” in tono semiserio, attribuendo la notizia a “un sogno”, provocato da una “peperonata indigesta”. «Mi risulta che l’effetto l’abbia avuto, quel “sogno”», dice ora Carpeoro, visto che si riparla di Foa come presidente della Rai.
La vera fonte del “sogno”? La prestigiosa loggia rosacrociana “Tre Globi” di Berlino, alla quale Carpeoro – a sua volta massone, già a capo del Rito Scozzese italiano – è rimasto legato. La sconcertante esternazione d’inizio estate, osserva Frabetti, è stataGianfranco Carpeoro taciuta dai media mainstream (con la sola eccezione del quotidiano “La Verità” diretto da Maurizio Belpietro), ma non è certo passata inosservata ai piani alti del potere. Ex caporedattore del “Giornale” e allievo di Indro Montanelli, Marcello Foa è l’autore del dirompente saggio “Gli stregoni della notizia”, che mette alla berlina il sistema-media, accusato di fabbricare “fake news”. Ora Foa potrebbe dunque salire finalmente sul gradino più alto della nomenklatura Rai? Nel caso, dice Carpeoro sempre in streaming web con Frabetti, non avrà vita facile: se la “Three Eyes”, foss’anche per colpa dell’imbarazzante “sogno della peperonata”, si vedesse costretta a non ostacolare più l’ascesa di Foa, il neo-presidente sarebbe comunque “assediato”, da subito, dall’ostilità accanita dello stesso establishment che sta “braccando” Salvini, tallonato da vasti settori della magistratura. Ma non è detto che Foa riesca davvero a diventare presidente: tecnicamente, secondo Carpeoro, potrebbe addirittura sbattere contro l’ipotetico veto dei 5 Stelle, in sede di commissione parlamentare di vigilanza.
«Chi ha ritenuto che il mio non fosse un sogno ma la verità – dice oggi Carpeoro – può aver pensato che forse, in quel momento, qualcuno lo stesse “sputtanando”». Insomma, la trama della “Three Eyes” era ormai venuta allo scoperto. «Bisogna capire però se l’effetto-sputtanamento è stato solo un modo per guadagnare tempo, per poi vedere di “vendere” in un altro modo il siluramento di Foa, o se invece abbiano proprio deciso di “mollare il colpo”, per poi gestire la faccenda diversamente». Oggi, aggiunge Carperoro, «l’unico modo per silurare ugualmente Foa è premere sui 5 Stelle affinché siano loro a farlo fuori: e quel tipo di potere, questa possibilità ce l’ha». Gli unici che possono affondare la candidatura di Foa, insiste Carpeoro, sono proprio i pentastellati: «Non può più farlo Forza Italia, perché sarebbe una conferma della “peperonata”. Non può farlo Salvini, perché sarebbe una sconfitta troppo grossa, per lui. E non hanno la forza di farlo i vari residui di opposizione». I 5Marcello Foa Stelle, dunque? «Sono gli unici che hanno la possibilità di silurare Foa, ma non so se ne abbiamo la motivazione». Tuttavia potrebbero piegarsi «di fronte a una coercizione grande, da parte di un soggetto come una Ur-Lodge».
Attenzione, precisa Carpeoro: «Non dico che lo vogliano fare o che lo faranno, dico solo che – ex ante – gli unici che hanno questa possibilità sono loro: una possibilità concreta, politica, non necessariamente una volontà o un’inclinazione». Morale, il destino di Foa sembra a un bivio: «O viene silurato dai 5 Stelle adesso, o viene eletto. Ma ovviamente, un secondo dopo l’eventuale elezione, entrerebbe in una specie di Vietnam, di Cambogia, dove qualcuno punterà la clessidra e preparerà un conto alla rovescia». Quanto all’affidabilità dei 5 Stelle, non da oggi lo stesso Carpeoro esprime perplessità – soprattutto sul conto di Luigi Di Maio, che considera esser stato ampiamente “sovragestito” proprio da quel genere di poteri forti evocati dal famoso “sogno della peperonata”. Prima ancora delle elezioni, Carpeoro dichiarò ripetutamente che Di Maio entrava e usciva dall’ambasciata Usa di via Veneto a Roma, e che ad accompagnarlo a Washington nei santuari delle Ur-Lodges neo-aristocratiche fosse il politologo Michael Ledeen. Esponente di vertice della supermassoneria sionista, Ledeen è citato da Giovanni TriaCarpeoro nel suo saggio sui legami fra massoneria e terrorismo islamico targato Isis: lo mette addirittura in relazione all’omicidio del premier svedese Olof Palme, nell’ambito di un opaco circuito di cui facevano parte Licio Gelli e l’allora parlamentare statunitense Philip Guarino.
A evocare nuovamente l’ombra delle Ur-Lodges è anche Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, di cui lo stesso Carpeoro è un autorevole esponente. Magaldi ha attaccato direttamente il ministro dell’economia, Giovanni Tria: «Un massone non dichiarato ma presentatosi come progressista, eppure oggi allineato al rigore europeo promosso dal supermassone neo-aristocratico Draghi, che infatti lo ha apertamente elogiato». Carpeoro invita a fare un passo indietro: «I 5 Stelle – ricorda – hanno subito il siluramento del precedente candidato al ministero dell’economia». Si tratta di Paolo Savona, bloccato dal “niet” di Mattarella. «Quindi – prosegue Carpeoro – Tria è la conseguenza di una scelta di campo che i 5 Stelle hanno condiviso, o sbaglio?». In altre parole: l’accettazione di una linea più morbida con Bruxelles, imposta tramite il Quirinale. «A questo punto – conclude Carpeoro – o cambiano idea, o si tengono Tria. Bisogna capire perché dovrebbero cambiare idea (perché si potrebbero tenere Tria, invece, lo sappiamo già)». Quello di Tria è ovviamente un ruolo di garante: tramite minacce, come l’impennarsi dello spread, «il potere che “sovragestisce” l’Europa ha fatto sapere ai 5 Stelle che, senza la presenza di un suo garante, sarebbe cominciata una specie di guerra totale, contro l’Italia, e quindi è passato Tria». Ora, bisogna vedere se è cambiata la situazione: «I 5 Stelle rivendicheranno una maggiore indipendenza? Io ne dubito». Sarebbe quindi possibile mettere sotto pressione Di Maio e soci, al punto da indurli a boicottare Foa?

02 ottobre 2018

Fermate la prima pagina. Mancano i reporter


La morte di Robert Parry ad inizio anno è parsa un addio all’era dei reporter. Parry è stato “un pioniere del giornalismo indipendente”, ha scritto Seymour Hersh, con cui condivideva molte cose.
Hersh ha svelato il massacro di My Lai in Vietnam e il bombardamento segreto della Cambogia, Parry ha denunciato Iran-Contra, una cospirazione di droga e armi che ha lambito la Casa Bianca. Nel 2016, i due hanno prodotto separatamente prove schiaccianti che il governo di Assad in Siria non aveva usato armi chimiche. Di questo non furono mai perdonati.
Allontanato dal “mainstream”, Hersh è costretto a pubblicare i suoi articoli al di fuori degli Stati Uniti. Parry ha creato un suo sito Web di notizie indipendenti, il Consortium News, in cui, nell’ultimo pezzo scritto dopo aver subito un infarto, fa riferimento a come il giornalismo veneri le “opinioni approvate” mentre “le opinioni non approvate vengono spazzate via o denigrate a prescindere dalla loro qualità”.
Benché il giornalismo sia sempre stato una specie di prolunga dell’ordine costituito, qualcosa è cambiato negli ultimi anni. Il dissenso tollerato quando entrai a far parte di un quotidiano nazionale britannico negli anni ’60 è regredito in una simbolica clandestinità mentre il capitalismo liberale si sta spostando verso una forma di dittatura aziendale. Questo è un cambiamento sismico, con i giornalisti che controllano il nuovo “pensiero di gruppo”, come lo chiamava Parry, divulgandone miti e distrazioni e perseguendone i nemici.
Basta vedere la caccia alle streghe contro rifugiati e immigrati, il volontario abbandono da parte dei fanatici “MeToo” della nostra più antica libertà, la presunzione di innocenza, il razzismo anti-russo, l’isteria anti-Brexit, la crescente campagna anti-Cina e l’insabbiamento di un preavviso di guerra mondiale.
Con molti se non la maggior parte dei giornalisti indipendenti esclusi o espulsi dal “mainstream”, un angolo di Internet è diventato una fonte vitale di divulgazione e analisi basata sulle prove: vero giornalismo. Siti come wikileaks.org, consortiumnews.com, ZNet zcomm.org, wsws.org, truthdig.com, globalresearch.org, counterpunch.org e informationclearinghouse.com sono fonti indispensabili di lettura per chi cerca di dare un senso a un mondo in cui scienza e tecnologia progrediscono splendidamente mentre la vita politica ed economica nelle preoccupanti “democrazie” regredisce dietro la facciata mediatica di uno spettacolo narcisistico.
Cè un solo sito in Gran Bretagna che propone costanti ed indipendenti critiche ai media. È l’eccezionale Media Lens, in parte perché i suoi fondatori, redattori, ed unici scrittori, David Edwards e David Cromwell, fin dal 2001 hanno concentrato lo sguardo non sui soliti sospetti, la stampa dei Conservatori, ma sul modello rispettabile di giornalismo liberale: la BBC, il Guardian, Channel 4 News.
Il loro metodo è semplice. Meticolosi nella ricerca, sono rispettosi ed educati quando chiedono perché un giornalista, lui o lei, ha scritto un articolo fazioso, o non ha svelato fatti essenziali o li ha distorti.
Le risposte che ricevono sono spesso sulla difensiva, e a volte brutali; alcuni (articolisti) diventano isterici, come se si fosse sollevato un coperchio su una specie protetta.
Si può dire che Media Lens abbia frantumato il silenzio riguardo al giornalismo aziendale. Come Noam Chomsky ed Edward Herman in Manufacturing Consent, rappresentano un Quinto Potere che smonta e smitizza il potere dei media.
Per quanto li riguarda, ciò che è particolarmente interessante è che nessuno dei due è giornalista. David Edwards è un ex insegnante e David Cromwell è un oceanografo. Eppure, la loro comprensione della moralità del giornalismo – un termine usato raramente; chiamiamola vera obiettività – è una qualità che esalta i comunicati di Media Lens online.
Penso che il loro lavoro sia eroico e metterei una copia del loro ultimo libro appena pubblicato, Propaganda Blitz, in ogni scuola di giornalismo che fornisce servizi al sistema aziendale, come fanno tutte.
Prendiamo il capitolo Smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale, in cui Edwards e Cromwell descrivono il ruolo essenziale dei giornalisti nella crisi che sta affrontando il pionieristico servizio sanitario britannico.
La crisi del NHS [National Health Service, o Servizio Sanitario Nazionale] è il prodotto di una fabbricazione politico-mediatica nota come “austerità”, con il suo linguaggio ingannevole e subdolo di “risparmi di efficienza” (il termine usato dalla BBC per tagliare la spesa pubblica) e “scelte difficili” (la distruzione intenzionale delle fondamenta della vita civile nella Gran Bretagna moderna).
L’ “Austerità” è un’invenzione. La Gran Bretagna è un paese ricco con un debito dovuto dalle sue banche disoneste, non dalla sua gente. Le risorse che avrebbero comodamente finanziato il Servizio Sanitario Nazionale sono state rubate sotto gli occhi di tutti dai pochi autorizzati ad eludere ed evadere miliardi di sterline in tasse.
Usando un vocabolario di eufemismi corporativi, il Servizio Sanitario, finanziato con denaro pubblico, viene volutamente abbattuto dai fanatici del libero mercato per giustificare la sua svendita. Il partito laburista di Jeremy Corbyn potrebbe sembrare contrario, ma lo è veramente? La risposta è, molto probabilmente, no. Poco di tutto ciò è accennato nei media, e tanto meno spiegato.
Edwards e Cromwell hanno esaminato minuziosamente la legge sull’assistenza sanitaria e sociale del 2012, il cui innocuo titolo nasconde le sue catastrofiche conseguenze. La legge, sconosciuta alla maggior parte della popolazione, mette fine all’obbligo legale dei governi britannici di fornire l’assistenza sanitaria universale gratuita: la base su cui il Servizio Sanitario Nazionale [NHS] è stato istituito dopo la seconda guerra mondiale. Le compagnie private ora possono insinuarsi nel NHS, pezzo dopo pezzo.
Dov’era la BBC mentre questo importante progetto di legge stava passando in Parlamento? Si chiedono Edwards e Cromwell. Con un impegno statutario a “fornire un ampio respiro” nell’informare adeguatamente i cittadini su “questioni di ordine pubblico”, la BBC non ha mai informato della minaccia posta a una delle istituzioni più care della nazione. Un titolo della BBC diceva: “La legge che dà potere ai GP [General Practitioners, o Dottori di Base] passa”. Questa è stata pura propaganda di stato.
C’è una sorprendente somiglianza con la copertura della BBC dell’illegale invasione dell’Iraq voluta dal primo ministro Tony Blair nel 2003, che ha prodotto un milione di morti e altrettanti diseredati. Uno studio dell’Università del Galles, a Cardiff, ha rilevato che la BBC rifletteva la linea del governo “in modo schiacciante” mentre sminuiva i resoconti sulla sofferenza dei civili. Uno studio di Media Tenor ha collocato la BBC in fondo ad una lista di emittenti occidentali nella copertura televisiva degli avversari dell’invasione. Il tanto decantato “principio” dell’imprenditoria della corporation non è mai stato preso in considerazione.
Uno dei capitoli più significativi di Propaganda Blitz descrive le campagne diffamatorie congegnate dai giornalisti contro dissidenti, politici anticonformisti e informatori. La campagna del Guardian contro il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, è la più inquietante.
Assange, le cui epiche rivelazioni su WikiLeaks hanno portato fama, premi di giornalismo e regalie al Guardian, è stato abbandonato quando non era più utile. Poi fu sottoposto ad un violento – e vigliacco – assalto mediatico di una specie che raramente ho visto.
Senza un soldo per WikiLeaks, un libro del Guardian ha portato ad un redditizio accordo cinematografico con Hollywood. Gli autori del libro, Luke Harding e David Leigh, descrivono arbitrariamente Assange come individuo dalla “personalità danneggiata” e “insensibile”. Hanno anche svelato la password segreta che lui aveva dato al giornale in confidenza, progettata per proteggere un file digitale contenente i cablogrammi dell’ambasciata americana.
Con Assange ora intrappolato nell’ambasciata ecuadoriana, Harding, fuori tra gli agenti di polizia, gongolava sul suo blog che “Scotland Yard potrebbe avere l’ultima risata”.
L’opinionista del Guardian, Suzanne Moore, ha scritto: “Scommetto che Assange si sta rimpinzando di porcellini d’india, è proprio un enorme stronzo”.
Moore, che si professa femminista, si è in seguito lamentata del fatto che, dopo aver attaccato Assange, avesse subito “ignobili abusi”. Edwards e Cromwell le hanno scritto: “È un vero peccato, ci spiace sentirlo, ma come descriverebbe il chiamare qualcuno ‘enorme stronzo’? Ignobile abuso?”.
Moore rispose di no, aggiungendo: “Vi consiglierei di smettere di essere così dannatamente paternalisti”.
Il suo ex collega del Guardian James Ball scrisse: “È difficile immaginare la puzza dell’ambasciata ecuadoregna a Londra più di cinque anni e mezzo dopo che Julian Assange si è trasferito lì”.
Tale ottusa malvagità appariva su di un giornale descritto dalla sua editrice, Katharine Viner, come “ponderato e progressista”. Qual è la radice di questa vendicatività? È la gelosia, un riconoscimento perverso che Assange ha ottenuto più primati giornalistici di quanti ne possano vantare i suoi cecchini in una vita? È lui che si rifiuta di essere “uno di noi” e svergogna chi ha da tempo venduto l’indipendenza del giornalismo?
Gli studenti di giornalismo dovrebbero analizzare tutto ciò per capire che la fonte delle “bufale” non è solo il trollismo, o il tipo di notizie alla Fox, o Donald Trump, ma un giornalismo auto-referenziale con una falsa rispettabilità: un giornalismo liberale che finge di sfidare il corrotto potere statale ma che, in realtà, lo corteggia, protegge e collude con esso. L’amoralità degli anni di Tony Blair, che il Guardian non è riuscito a riabilitare, ne è l’eco.
“[È] un’era in cui le persone desiderano nuove idee e nuove alternative”, ha scritto Katharine Viner. Il suo scrittore politico Jonathan Freedland ha bollato il desiderio dei giovani che hanno sostenuto le modeste politiche del leader laburista Jeremy Corbyn come “una forma di narcisismo”.
“Come ha fatto quest’uomo…”, ha ragliato Zoe Williams del Guardian, “ad ottenere il ballottaggio?” Un coro di precoci ciarlatani del giornale si unì a lei, dopo di che si accodò per cadere sulle proprie spade spuntate quando Corbyn per poco non vinceva le elezioni generali del 2017 nonostante i media.
Storie complicate sono riportate in una formula quasi settaria di pregiudizi, dicerie e omissioni: Brexit, Venezuela, Russia, Siria. In Siria, solo le indagini di un gruppo di giornalisti indipendenti sono andate contro corrente, rivelando la rete di sostegno anglo-americano ai jihadisti, compresi quelli collegati all’ISIS.
L’obiettivo, favorito da una campagna “psyops” finanziata dal Foreign Office britannico e dall’Agenzia statunitense per l’aiuto internazionale, è quello di ingannare il pubblico occidentale e accelerare il rovesciamento del governo di Damasco, a prescindere dall’alternativa medievale e dal rischio di guerra con la Russia.
La campagna di Siria, istituita da un’agenzia di Pubbliche Relazioni di New York chiamata Purpose, finanzia un gruppo noto come i Caschi Bianchi, che falsamente afferma di essere “la Difesa Civile della Siria” e che viene visto acriticamente sui notiziari televisivi e sui social media mentre sta in apparenza salvando vittime di bombardamenti, che filmano e modificano essi stessi, anche se è improbabile che ciò sia detto agli spettatori. George Clooney è un loro fan.
I Caschi Bianchi sono appendici dei jihadisti con cui condividono i recapiti. Le loro belle uniformi e attrezzature sono fornite dai loro finanziatori occidentali. Che le loro “imprese” non siano messe in discussione dalle principali agenzie di stampa è un’indicazione di quanto sia profonda l’influenza nei media del PR di stato. Come Robert Fisk ha notato di recente, nessun reporter “mainstream” riferisce sulla Siria, dalla Siria.
In ciò che pare come una severa critica, una reporter del Guardian con sede a San Francisco, Olivia Solon, che non ha mai visitato la Siria, è stata autorizzata a diffondere il lavoro investigativo sostenuto dai giornalisti Vanessa Beeley e Eva Bartlett sui Caschi Bianchi come “diffuso online da una rete di attivisti anti-imperialisti, teorici della cospirazione e troll con il sostegno del governo russo”.
Questo abuso è stato pubblicato senza consentire una singola correzione, per non parlare del diritto di risposta. La pagina dei commenti del Guardian è stata bloccata, come documentato da Edwards e Cromwell. Ho visto la lista di domande che Solon ha mandato a Beeley, che si legge come un foglio di denuncia alla McCarthy: “Sei mai stata invitata in Corea del Nord?”.
Gran parte del [giornalismo] mainstream è sceso a questo livello. Il soggettivismo è tutto; slogan e indignazione sono una prova sufficiente. Ciò che conta è la “percezione”.
Il generale David Petraeus, quando era comandante dell’esercito USA in Afghanistan, dichiarò quella che chiamava “una guerra di percezione … condotta continuamente usando i mezzi di informazione”. Ciò che veramente importava non erano i fatti, ma il modo in cui venivano raccontati negli Stati Uniti. Il nemico non dichiarato era, come sempre, un pubblico informato e critico a casa.
Nulla è cambiato. Negli anni ’70 incontrai Leni Riefenstahl, la regista di Hitler, la cui propaganda incantò il pubblico tedesco.
Mi disse che i “messaggi” dei suoi film non dipendevano da “ordini dall’alto”, ma dal “vuoto sottomesso” di un pubblico disinformato.
“Questo includeva la borghesia liberale e istruita?” Chiesi.
“Tutti” disse lei. “La propaganda vince sempre, se glielo permetti.”
John Pilger
Fonte: comedonchisciotte.org