30 ottobre 2006

The Vatican connection

Le tre fiereLe tre fiere Tutti conoscono le tre fiere che sbarrano il cammino a Dante nel I canto dell’Inferno. Il significato allegorico della lonza, del leone e della lupa è stato variamente interpretato: secondo la maggior parte dei commentatori, i tre animali adombrano tre disposizioni peccaminose, ossia l’incontinenza (l'incapacità di dominare le pulsioni), la matta bestialità (la violenza) e la frode. Per il sommo poeta, i peccati che originano dal pervertimento dell’intelligenza sono più gravi di quelli dovuti all’incapacità di dominare le passioni. Per questo motivo l’Alighieri esecra l’ipocrisia, il ladrocinio, il tradimento… tutte colpe gravissime. Per il Nostro un omicidio è meno grave di una menzogna: ciò può apparire paradossale, ma Dante aveva compreso che l’assassino spesso è un violento, che non sa controllare i suoi istinti, mentre un ipocrita è un simulatore-dissimulatore. Costui mentendo, usando parole melliflue, inganna gli altri. Orbene, qualche lettore si è quasi risentito a causa della mia opinione circa la Chiesa di Roma, i cui vertici sono, a mio parere, una setta luciferina coinvolta in tutte le operazioni più nefande dall’assassinio della filosofa e scienziata alessandrina Ipazia, in poi. Ipazia, colpevole di aver promosso una libera coesistenza tra pagani, ebrei e “cristiani” nella città di Alessandria, fu scorticata viva per mezzo di conchiglie da alcuni fanatici istigati dal vescovo Cirillo. Qualcuno obietterà: una volta i “cristiani” erano intolleranti, oggi non più. Beata ingenuità! Bisognerebbe guardarsi da questi lupi travestiti da agnelli: l’altro giorno Benedetto XVI ha tenuto un discorso a Verona. Avete notato la scenografia? Il drappo rosso della tribuna abbinato al nero del fondo su cui aleggia un grottesco crocifisso-ectoplasma alle spalle del pontefice. Coincidenze? Può darsi. In ogni caso, ammettiamo pure per assurdo che la Chiesa di Roma sia solo un’istituzione decrepita di poltroni e di tedeschi lurchi: non merita una condanna dantesca? Cardinali e vescovi hanno mai speso una parola per stigmatizzare le leggi liberticide statunitensi, britanniche ed italiane o l’uso di armi ad energia diretta in Iraq o la dissennata politica dei governi che creano disoccupazione od il signoraggio bancario? No. Mai. I prelati si occupano solo di coppie di fatto, di scuole cattoliche, di aborto e di eutanasia. Nel migliore dei casi, sono sepolcri imbiancati. Ammettiamo pure che costoro siano degli ignavi, dei pusillanimi, timorosi di contrastare i poteri forti: meritano di essere disapprovati, poiché “a Dio spiacenti ed a’ nemici sui”. Hanno mai levato la voce contro le ingiustizie e le soperchierie dei potenti? Il vescovo Romero, un’eccezione che conferma la regola, fu ucciso per essersi pronunciato contro i soprusi delle corrotte classi dirigenti e dei loro “bravi”: quando il futuro santo, Giovanni Paolo II, si recò in El Salvador in visita pastorale, alcuni fedeli gli chiesero che cosa pensasse dell’uccisione del porporato. Il papa, con la sensibilità di un agente della Gestapo, rispose: “Che cosa si aspettava, dopo aver pronunciato quelle parole?” Che cosa ci possiamo aspettare noi da gente che santifica carnefici come Pavlevic, il croato distintosi nei massacri di ebrei, ortodossi e musulmani, canonizzato da lui, sì da lui, da Giovanni Paolo II, il papa più amato dagli Italiani (non solo), credenti ed atei. Le ipotesi sono due: o il papa polacco era completamente babbeo ed all’oscuro dei trascorsi un po’ discutibili di Pavelic o sapeva che presto un demone sarebbe, motu proprio, di sua iniziativa, stato elevato agli onori degli altari. Quale ipotesi vi sembra più plausibile? S.GiovanniBabilonia Di fronte a questa diabolica impudenza, perché dubitare delle ricostruzioni e delle inchieste di giornalisti come David A. Yallop, Greg Szymanski, Eric Phelps ed altri che hanno evidenziato gli stretti, inestricabili legami tra i Gesuiti e la cricca al potere nell’Impero di USAtana ed altrove? La Confraternita degli “Illuminati” fu fondata da un ex (?) gesuita. Pat Buchanan, Allen Dulles, Edward Egan, Heinrich Himmler, solo per citarne alcuni, sono o sono stati affiliati al Sovrano ordine militare di Malta, un’altra longa manus della Chiesa di Roma. Pat Buchanan è un ultrafanatico baciapile, fautore di un cattolicesimo intransigente. Uomo “politico” e “giornalista” molto influente, Buchanan è legato a doppio filo alla gerarchia vaticana. Allen Dulles è il famigerato ex direttore della Criminal Infamous Agency. Suo nipote – guarda che caso! – è Avery Dulles, cardinale e gesuita. Edward Egan è il potentissimo arcivescovo di New York. Heinrich Himmler… occorre ricordare chi fu? Perché dunque dubitare che dietro gli attentati del 911 e la folle deriva della politica internazionale con una guerra di tutti contro tutti, non si debba intravedere la mefistofelica mente dei Gesuiti, non a caso espulsi da quasi tutti i paesi nei secoli passati, poiché implicati nelle trame più losche ed impensabili? Se guardiamo oltre le apparenze, ci accorgiamo che l’Ordine dei Gesuiti e l’Opus Dei sono quasi sempre dietro le operazioni bancarie più disinvolte, dietro omicidi eccellenti (da Lincoln, a Kennedy, a Giovanni Paolo I, a Rabin…), dietro la promozione dell’energia nucleare, dietro l’indottrinamento delle nuove generazioni ottenuto con le case editrici cattoliche, dietro l’inebetimento dei fedeli grazie a Radio Maria ed a Radio Vaticana, dietro la pedofilia, dietro la costruzione di giganteschi osservatori astronomici per controllare quel che accade là fuori… Chi decide nei Promessi sposi di rapire Lucia? Don Rodrigo o il Griso? Perché allora ci accaniamo contro i pur scellerati esecutori ed ignoriamo, di fatto assolvendoli, i mandanti? È chiara l’antifona? Questi farisei sono dei mentitori impenitenti: il cardinal Ruini ha affermato che bisogna confrontarsi con il risveglio dell’Islam. In Iraq (l’antica Mesopotamia, dove sorgeva Babilonia) le forze della coalizione, gli squadroni della morte e gli attentatori suicidi hanno causato in questi anni 650.000 morti! In Afghanistan l’uranio impoverito causa malformazioni, malattie, decessi tra la popolazione! Purtroppo spesso i soldati, che sono stati mandati in quelle martoriate regioni, rientrati in patria, si ammalano a causa della prolungata esposizione all’uranio impoverito. Secondo il rovinoso Ruini i popoli mediorientali avrebbero il tempo, la salute, le risorse e le energie per promuovere la religione musulmana. Che impudenza! È già difficile tentare di sopravvivere ai quotidiani massacri degli squadroni della morte, in un ambiente inquinato, con le più elementari infrastrutture distrutte o gravemente danneggiate: come è possibile che l’Islam si rinvigorisca? Fonte: ::. Zret blog .::

12 ottobre 2006

Un film italiano fa luce sui misteri dell'11 settembre

IL GIORNO DI DIONISO (nome provvisorio) In anteprima al Milano Film Festival alcune sequenze del docufilm in corso di realizzazione, frutto della collaborazione tra Megachip, l'associazione dell'europarlamentare e giornalista Giulietto Chiesa, e da Telemaco, una casa di produzione indipendente romana, con la partecipazione di Dario Fo. Supportato da una rigorosa documentazione il film fa risaltare le incongruenze delle ricostruzioni ufficiali degli attentati che 5 anni fa sconvolsero il mondo. All'incontro, al Teatro delle Erbe di Milano, hanno partecipato Giulietto Chiesa, Claudio Fracassi e Dario Fo.

08 ottobre 2006

The Cutting Edge: US Army Contemplates Redrawing Middle East Map to Stave-off Looming Global Meltdown

L'esercito USA ridisegna il Medio Oriente per la prossima crisi globale. In un articolo poco noto pubblicato agli inizi di agosto nell' Armed Forces Journal, un mensile per ufficiali e dirigenti della comunità degli Stati Uniti, il maggiore in congedo anticipato Ralph Peters presenta le ultime idee nell'attuale linea di pensiero strategico degli USA. Esse sono estremamente inquietanti. Pulizia etnica in tutto il Medio Oriente Il maggiore Peters, assegnato all' Ufficio del Vice Capo degli Affari per l'Intelligence, dove era responsabile delle guerre del futuro, delinea apertamente come la mappa del Medio Oriente dovrebbe essere ridisegnata in un nuovo e imperiale tentativo, progettato per correggere gli errori del passato. "Senza un'importante revisione dei confini non potremo mai vedere un Medio Oriente più pacifico", osserva, ma dopo, ironicamente, aggiunge: "Oh, è un altro sporco piccolo segreto, vecchio 5000 anni di storia: La pulizia etnica funziona". Pertanto, cosciente che la radicale configurazione delle frontiere proposte coinvolgerebbe necessariamente un'enorme pulizia etnica con il conseguente spargimento di sangue in scala probabilmente genocida, insiste: "Noi dovremmo considerare come un dato di fatto che una parte dello spargimento di sangue in quella regione continuerà ad essere nostra". Tra i suoi propositi c'è la necessità di creare "uno stato curdo indipendente" per garantire il diritto dei Curdi, a lungo negato, all'autodeterminazione. Ma dietro ai falsi sentimenti umanitari, il maggiore Peters dichiara che: "Un Kurdistan libero, esteso da Diyarbakir fino a Tabriz, sarebbe lo stato più pro-occidentale tra Bulgaria e Giappone". Peters rimprovera gli Stati Uniti e alla sua coalizione di perdere "una gloriosa opportunità" per frammentare l'Iraq, il quale, secondo lui, "andrebbe diviso immediatamente in 3 stati più piccoli". Ciò lascerebbe "le tre province irachene a maggioranza sunnita come uno stato troncato, che potrebbe alla fine scegliere di unirsi con la Siria la quale perderebbe il suo litorale in favore di un Gran Libano orientato verso il Mediterraneo: civiltà fenicia rinata". Nel frattempo, il sud sciita del vecchio Iraq "formerebbe le basi per uno stato arabo sciita che confinerebbe con gran parte del Golfo Persico". Giordania, stato amico di Usa e Israele nella zona, "manterrebbe il suo attuale territorio con una espansione verso sud a spese dell'Arabia Saudita. Da parte sua, l'innaturale stato dell' Arabia Saudita sopporterebbe uno smantellamento grande quanto quello del Pakistan". "L'Iran perderebbe un vasto territorio in favore dell'Azerbaijan Unificato, del Kurdistan Libero, dello Stato Arabo Shiita e del Baluchistan Libero, ma guadagnerebbe le province intorno a Herat, nell'odierno Afganistan. Nonostante sia impossibile implementare adesso questo vasto ed imperiale programma, con il tempo," sorgeranno nuovi e spontanei confini", indotti da "un inevitabile e concomitante spargimento di sangue". Per quanto riguarda gli obiettivi di tale piano, il maggiore Peters è altrettanto franco. Includendo i rischi necessari del combattimento " per la sicurezza contro il terrorismo e per la prospettiva di una democrazia", egli menziona anche il terzo aspetto importante,"e per accedere alle riserve di petrolio di una regione che è destinata a combattersi da sola". Tutta la questione suona inquietantemente familiare, specialmente per coloro che hanno letto le divagazioni dell'allora funzionario del Ministero degli Esteri israeliano, Oded Yinon. Mantenendo il mondo al sicuro …per la nostra economia. Malgrado provi a presentare la sua visione come un tentativo altruistico di democratizzare il Medio Oriente, in una collaborazione di un decennio fa alla rivista Parameters dello US Army War College, egli ha ammesso con un certo tripudio che: " Quelli di noi che possono selezionare, assimilare, sintetizzare e applicare una rilevante conoscenza riescono professionalmente, finanziariamente, politicamente, militarmente e socialmente. Noi, i vincitori, siamo una minoranza". Questa minoranza sarà inevitabilmente in conflitto con la vasta maggioranza della popolazione mondiale: " Per le masse del mondo devastate da informazioni che non riescono a gestire od a interpretare efficacemente, la vita è ‘sgradevole, brutale…e frustante'. "In "ogni paese e regione", queste masse incapaci di "comprendere il nuovo mondo" e di "approfittare delle sue incertezze…diventeranno i nemici violenti dei loro inadeguati governi, dei loro più fortunati vicini ed infine degli Stati Uniti". Lo scontro seguente, quindi, non ha niente a che vedere con il sangue, la fede o l'etnia. Riguarda semplicemente la distanza tra i ricchi e i poveri. "Stiamo entrando in un nuovo secolo dell'America", dice, in un velato riferimento al Project del governo Bush dello stesso nome e fondato nello stesso anno in cui egli scriveva. Nel nuovo secolo, "diventeremo sempre più ricchi, più letali dal punto di vista culturale e sempre più potenti. Provocheremo odi senza precenti". Predicendo il futuro dell'esercito degli USA, il maggiore Peters sostiene: "Vedremo paesi e continenti divisi tra ricchi e poveri in una inversione di tendenza economica del 20-esimo secolo". In questo contesto, dice, "Noi negli Stati Untiti continueremo ad essere percepiti come i ricchi più grandi", e quindi, "il terrorismo sarà la forma più comune di violenza", insieme con "la criminalità transnazionale, lo scontro civile, le secessioni, i conflitti di frontiera e le guerre convenzionali". Nel frattempo, "in difesa dei suoi interessi", gli Stati Uniti "interverranno in alcuni di questi contesti". E poi riassume il tutto in un paragrafo compatto: "Non ci sarà pace. In qualsiasi momento, per il resto delle nostre vite, sul globo ci saranno conflitti multipli in varie forme. Il conflitto violento dominerà le testate giornalistiche, ma le lotte culturali ed economiche saranno più costanti e alla fine più decisive. Il ruolo di fatto delle forze armate statunitensi sarà quello di mantenere la sicurezza del mondo per la nostra economia e per favorire il nostro assalto culturale. Con questi obiettivi uccideremo una quantità considerevole di gente". Cosa ha spinto il maggiore Peters a rivelare la sua visione sul Medio Oriente nell' Armed Forces Journal sulla scia dell'ultima crisi in Medio Oriente? Di seguito una serie di sviluppi critici al riguardo. La fonte: convergono le imminenti crisi globali Secondo una fonte americana, con accesso ad alto livello alla classe dirigente militare, politica e di intelligence degli USA, coloro che prendono le decisioni in Occidente non hanno dubbi che il mondo sta affrontando l'imminente convergenza di varie crisi globali. Queste crisi minacciano non solo di minare le basi del potere dell'Occidente nella sua attuale configurazione militare e politica, ma anche di destabilizzare tutte le fondamenta della civiltà industriale. La fonte ha rivelato che gli ultimi dati sul petrolio indicano che "la produzione globale del petrolio molto probabilmente ha raggiunto il massimo due anni fa". Ciò è coerente con le scoperte di geologi rispettabili come il dott. Colin Campbell, principale esperto nell'esaurimento del petrolio, che ha predetto alla fine degli anni ‘90 che la produzione mondiale di petrolio avrebbe raggiunto il suo massimo agli inizi del 21-esimo secolo. "Siamo arrivati alla fine della prima metà dell'era del petrolio", ha detto il dottor Campbell, che ha un dottorato in geologia all'Università di Oxford e possiede più di quaranta anni di esperienza nell'industria del petrolio. Analogamente, Kenneth Deffeyes, un geologo ed emerito professore dell'Università di Princeton, stima che tale picco si è verificato alla fine dell'anno scorso. La stessa fonte ha detto che influenti analisti finanziari degli Stati Uniti credono che "un collasso del sistema bancario globale è imminente per il 2008". Anche se l'avvertimento è coerente con risultati pubblici ottenuti da altri esperti, questa è la prima volta che è stimata una data più precisa. In un'analisi predittiva basata su fonti finanziarie ad alti livelli, lo storico statunitense Gabriel Kolko, emerito professore della Università di York, ha concluso alla fine di luglio che: "Tutti i fattori che provocano i crash, quali le eccessive inversioni nella borsa del denaro in prestito, la crescita dei tassi di interesse,ecc, esistono… Le contraddizioni distruggono ora il sistema finanziario mondiale ed un crescente consenso esiste tra chi lo appoggia e chi, come me, credono che lo status quo sia tendente alla crisi e immorale. Se dobbiamo credere alle istituzioni e alle personalità che sono state all'avanguardia della difesa del capitalismo, e dovremmo farlo, è assolutamente possibile che siamo sull'orlo di crisi molto serie". La fonte ha spiegato anche il pericolo rappresentato dal rapido cambiamento climatico. Anche se i calcoli più convenzionali suggeriscono che la catastrofe climatica globale non verrà prima di 30 anni, la fonte commenta che la moltiplicazione di vari "punti cruciali" indica che una serie di devastanti avvenimenti climatici potrebbe "verificarsi entro 10 o 15 anni". Ancora una volta, ciò è coerente con i risultati di altri esperti, il più recente dei quali è un rapporto di un gruppo di lavoro dell'Istitute for Public Research del Regno Unito, del Center for American Progress in USA e dell'Australia Institute, che nel gennaio dello scorso anno ha affermato che, se la temperatura media mondiale aumenta di "due gradi centigradi sopra la media della temperatura mondiale esistente nel 1750 prima della rivoluzione industriale", si verificherà una catena irreversibile di disastri climatici. Nel suo rapporto, il gruppo di lavoro dice: "Le possibilità includono che si arrivi a punti cruciali climatici che portino, per esempio, alla perdita dei ghiacciai continentali dell'Ovest Antartico e della Groenlandia (che, nell'insieme, potrebbero innalzare il livello del mare di 10 metri in pochi secoli), alla chiusura della circolazione termoalina dell'oceano (e, insieme, con la corrente del golfo) e alla trasformazione dei boschi e dei territori del pianeta da scarico di carbonio a fonte di carbonio". La fonte ha anche rivelato che i generali degli USA hanno ripetutamente simulato un eventuale conflitto in Iraq, e coerentemente hanno trovato che le simulazioni hanno predetto "un assoluto disastro nucleare", dal quale non è possibile stabilire un vincitore con chiarezza. Lo scenario simulato era talmente funesto che i generali hanno informato i funzionari del governo di evitare a tutti i costi una guerra di qule tipo. Comunque, la fonte ha detto che il governo Bush sta ignorando i timori dei militari statunitensi. In questo contesto sembrerebbe che le divagazioni del maggiore Peters provengano meno da una fiducia combinata nel potere degli USA e più da un senso di crescente disperazione e di inquietudine visto che l'architettura politica, economica ed energetica del sistema globale è sempre più frammentata sotto il peso della sua stessa instabilità. Nonostante l'apparente oscurità della situazione, comunque, esiste chiaramente un essenziale dissenso sull'attuale traiettoria della politica statunitense e occidentale ai più alti livelli del potere. La fonte ha evidenziato che "l'umanità è sull'orlo di un precipizio, quindi semplicemente o cadiamo oppure ci evolviamo. Io non sono sicuro come potrà essere il nuovo essere umano, ma sicuramente dovrà esserci un completo rinnovamento delle idee e dei valori, un nuovo modo di pensare al mondo che rispetti la vita e la natura". Nafeez Mosaddeq Ahmed Fonte: The Cutting Edge: US Army Contemplates Redrawing Middle East Map to Stave-off Looming Global Meltdown Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PEPE JUDSON

05 ottobre 2006

Faremondo fa il punto della sitiuazione

DOPOLAVORO FERROVIARIO BOLOGNAEmanuele Montagna del gruppo Faremondo (organizzatori del Convegno Internazionale di Bologna) ci propone Alcune riflessioni sul movimento di inchiesta italiano per l'11 settembre Dopo queste ultime settimane particolarmente febbrili è forse giunto il momento che il movimento italiano di inchiesta sull'11 settembre si prenda il tempo per qualche riflessione meno immediata sullo stato dell'arte. Voglio iniziare a farlo riprendendo quanto scritto da Massimo Mazzucco l'indomani della giornata-evento 11-9 Menzogna globale organizzata da noi di Faremondo il 17 settembre scorso. Dopo questo incontro, notava Mazzucco, si può considerare concluso nel migliore dei modi un intero ciclo di attività del movimento di inchiesta, un ciclo che per alcuni di noi era iniziato sin dai mesi successivi l'11 settembre nel più completo isolamento e fidandoci soltanto delle nostre prime intuizioni critiche. Indubbiamente, considerando come eravamo messi ancora tre anni fa all'epoca dei primi scambi fra ricercatori in rete, nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare che a settembre 2006 saremmo riusciti ad organizzare a Bologna una conferenza internazionale con ospiti di quel calibro, con l'Arena del Sole praticamente piena (700 presenze) e una pièce teatrale inedita che sta ricevendo apprezzamenti convinti da tantissime parti. Allo stesso modo, anche solo un anno fa nessuno di noi si sarebbe mai sognato di poter vedere in televisione la sequenza di trasmissioni che è culminata con la cruciale testimonianza di Jimmy Walter a Report e con l'indubbia dimostrazione di autorevolezza del duo Fracassi-Mazzucco durante l'ultima apparizione a Matrix. Per chi ha vissuto sin dall'inizio le cose dall'interno, è ben chiaro che tutto quanto è successo è stato possibile perché in questi anni il movimento di inchiesta è venuto formandosi nei dialoghi in rete mantenendo un carattere di accentuata orizzontalità. Va tuttavia specificato come questo carattere sia divenuto col tempo così importante in quanto ha finito col trovare pieno riscontro in un altro punto di forza che distingue nettamente il movimento: la sua completa estraneità rispetto alle vecchie logiche novecentesche di aggregazione e di egemonia gestite da personaggi legati al ceto politico (e mediatico) in senso lato, da quelli cosiddetti "di movimento" a quelli più vicini ai partiti. Occorre essere chiari e insistere su questo punto: l'originalità vera e profonda di questo movimento sta proprio nel fatto di riuscire a tenere insieme intorno ad una base di conoscenze comuni gente con storie diversissime come le migliaia di cani sciolti nella rete, come un Blondet, un Chiesa, un Mazzucco, noi di Faremondo e tanti altri. Quando scrivo "base di conoscenze comuni" mi riferisco non solo a quella costruita a partire dalla confutazione della versione ufficiale. Intendo anche – ed è su questo punto che vorrei chiamare tutti a riflettere – un sentimento più profondo che poco o nulla ha a che fare con le pozze di acciaio incandescente e la termite, con il PNAC e l'ideologia neo-cons: il sentimento che l'11 settembre contenga in sé un sinistro messaggio di verità del Potere globalizzato in quanto tale alle masse planetarie in quanto tali. Si tratta di una verità di sintesi per così dire universale, che per la sua natura non fattuale è impossibile da provare, ma che "si sente" agire in molte delle nostre discussioni fino a formare da dietro le quinte tanti nostri comportamenti razionali. Ed è una verità che in qualche modo è arrivata a tutti attraverso le immagini televisive di quel giorno, ben prima del formarsi di una qualsiasi considerazione critica sulla plausibilità della versione ufficiale. Un messaggio del tipo "vedete, siamo in rovina e senza scampo ma siamo capaci di inventare questa ed altre terrificanti realtà pur di far durare questo tipo di mondo, costi quel che costi...". Un messaggio insopportabilmente nichilista che ha prodotto un trauma psicologico a cui le masse planetarie mediatizzate non riescono a far fronte nemmeno mediante le comprensibili operazioni di rimozione e rifiuto a parlarne che abbiamo visto agire in questi anni. Il punto è che in questo messaggio c'è qualcosa che non si può assolutamente rimuovere e che rimane fermo sulla scena-madre del crimine, perché è qualcosa che tocca davvero le nostre possibilità di sopravvivenza come specie e ci spinge a fare e a pensare, a prendere posizione al di fuori degli schemi di azione politico-sociale ereditati e noti. Ovviamente, fra di noi i modi per declinare quella che sembra una rivolta di intelligenze per la sopravvivenza sono nei fatti assai diversi, ma tutti ci muoviamo a partire dal denominatore comune del rifiuto di quel nichilismo e della ricerca di una via d'uscita da una catastrofe di mondo che sappiamo essere in corso. Accade così ai tanti che si muovono in rete postando su Luogocomune, Megachip, Effedieffe o Comedonchisciotte; accade così a Blondet quando ad esempio prova a spiegarci "perché l'Occidente merita di morire"; così è per Chiesa quando ci fa capire che il tempo a nostra disposizione "prima della tempesta" sarà breve e che conviene da subito farsi un'altra forma di politica; e così è anche per noi di Faremondo quando nei nostri libri scriviamo che per questo mondo il rimedio non c'è, per cui finché c'è ancora tempo tanto vale provare a farne un altro, con una scienza diversa e una differente consapevolezza di specie... Ora, penso che queste osservazioni solo in apparenza sopra le righe rispetto al tema 11 settembre ci aiutino a capire come e perché la ricerca della verità su questi eventi stia diventatando per tutti una questione così dirimente, una cartina di tornasole inaggirabile di fronte alla quale è anche giusto che si formino e si decidano nuovi schieramenti ed inedite alleanze. Questo ovviamente non significa che dobbiamo in qualche modo sottrarre energie al dibattito sugli aspetti fattuali e alla continuazione dell'inchiesta. Tutt'altro. Su questo piano a me pare che moltisimo ci sia ancora da fare. Dico solo che da adesso in poi questo compito potrà essere affrontato al meglio se sapremo portarlo avanti insieme alla riflessione sulla natura del movimento e sulle motivazioni profonde che lo tengono unito. Anche perché adesso, sul piano operativo, alcune cose che ci riguardano si possono vedere con una chiarezza molto maggiore rispetto a prima. Il movimento sta crescendo ed è ormai sufficientemente maturo per riuscire a muoversi ad un tempo in rete e fuori della rete. La rete rimane il brodo di coltura di tutto quanto, questo è ovvio, ma si comincia ad avvertire che essa potrà stare all'altezza di questo suo ruolo solo se in futuro saremo capaci di organizzare un po' dappertutto incontri, proiezioni, piccoli e grandi convegni. Continuando ad andare in radio e in televisone a nostro modo, portando in giro spettacoli teatrali e prendendo contatti per arrivare a formare una commissione d'inchiesta o un tribunale internazionale. A questo punto, non credo che possiamo evitare di praticare questa complessità. Questa è la cifra che ormai caratterizza la nuova fase del movimento. La contrapposizione molto accademica tra chi privilegia uno "strumento" o un "canale" rispetto agli altri ha poco senso e crolla completamente da sola davanti all'esperienza di quest'ultimo mese. Lo si è visto: un convegno internazionale con uno spettacolo teatrale, diverse proiezioni e ripetuti interventi in radio e in televisione si sono incastrati molto felicemente fra loro sulla base del tam tam continuo presente in rete. Giocare su tutti questi livelli sarà sempre più indispensabile di fronte alle strategie di insabbiamento ad oltranza che i mainstream media adotteranno. Non illudiamoci e soprattutto non dimentichiamo mai una delle poche verità di cui in Italia, per esperienza ormai "storica", possiamo essere ragionevolmente certi: che la verità sull'11 settembre sta nel ristretto gruppo di quelle verità che il Potere globalizzato e tutti i suoi media non possono far venir fuori come noi vorremmo. Dunque prepariamoci a confutare qualche altro migliaio di puntate della telenovela "Insabbio e depisto per principio". Per il momento, per quanto possa a volte apparire diversamente, siamo ancora alle schermaglie iniziali. Diversi segnali indicano che dopo la fine della congiura del silenzio gli apparati del cover up, finora fattisi cogliere relativamente impreparati davanti alle nostre domande, si stanno riorganizzando per scaricare su di noi e sui nostri argomenti una serie di nubi media-tossiche dall'elevato potenziale ammorbante. Una di queste, per quanto confezionata in modo rudimentale, sembra proprio il posizionamento a difesa della versione ufficiale di un personaggio come Deaglio. Non si dimentichi che Deaglio, al di là di quanto poco riesca a vendere con la sua rivista, rappresenta emblematicamente un certo modo di fare giornalismo insieme a un certo modo di ragionare di tutta la sinistra italiana "colta" rispetto alla questione-11 settembre. Il fatto che se ne sia uscito con un numero di quel tipo non sta solo ad indicare l'apposizione di un sigillo forse definitivo all'impresentabile puzzle di desertificazione morale ed intellettuale cui è pervenuto il personaggio in sé, ma significa anche l'avvio di un'operazione estrema di "recupero credibilità" all'interno dei settori che rappresenta, specialmente fra quanti cominciano ad inclinare verso il senso delle nostre domande. Nei prossimi mesi, possiamo esserne certi, dopo il caso Deaglio assisteremo alla discesa in campo di altri personaggi e all'apertura di altre similari operazioni di "recupero credibilità". Anche per questo sarà indispensabile muoversi con intelligenza su tutti i terreni sopra indicati. Noi di Faremondo stiamo cercando di organizzare una tournée per portare in giro il più possibile il nostro spettacolo unDC/9 insieme alla riproposizione di alcuni spezzoni video e temi toccati durante la giornata all'Arena del Sole. Siamo come al solito disponibili a dare una mano a quanti in giro per l'Italia vorranno organizzare proiezioni e dibattiti. Resta da vedere come riusciremo a muoverci per arrivare a formare qualcosa di simile ad una commissione di inchiesta o ad un tribunale internazionale. Su questa questione finora non vi è stato un diibattito approfondito dentro il movimento. A Bologna ci siamo confrontati principalmente con le ipotesi di Tarpley (che propende per una commissione internazionale molto larga, coinvolgendo Chavez, Walter, Meyssan e personalità di tutte le aree del pianeta) e di Griffin (che partirebbe invece da una commissione composta da europei con l'appoggio dei principali studiosi ed attivisti statunitensi). Secondo me non esiste una formula di commissione d'inchiesta giusta a prescindere dal dibattito che può svilupparsi su questa questione. In questa fase occorre soprattutto che vengano fuori le opinioni dei molti che girano in rete. Nell'attesa, realisticamente si possono fare tutti i passaggi preliminari proposti da Giulietto Chiesa, dal tentativo di informare e coinvolgere i rappresentanti italiani del Tribunale Russell ad una serie di incontri con alcuni parlamentari italiani ed europei. Emanuele Montagna - Faremondo